Calcio

Spalletti, l’Italia e la PlayStation: «Ma non sempre è un nemico»

Il ct degli Azzurri ha stilato alcune «regole» in vista di Euro 2024, compreso il divieto in ritiro della famosa console - Mauro Lustrinelli, già nazionale elvetico e poi ct della U21: «Il passatempo è relativo, ma deve favorire l’energia del gruppo»
Il 64.enne di Certaldo ha illustrato le sue misure in una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. © REUTERS/Jennifer Lorenzini
Nicola Martinetti
27.02.2024 06:00

«Da qui in avanti le PlayStation le lasciano a casa e non le portano più». Luciano Spalletti, ct della nazionale italiana, ha tracciato una linea. Un confine, inevitabilmente discusso e chiacchierato, a meno di quattro mesi dal calcio d’inizio di Euro 2024. Per farlo, il tecnico toscano ha scelto le pagine della Gazzetta dello Sport, dove - attraverso una lunga intervista - ha gettato le basi in vista della manifestazione tedesca, illustrando le «regole» a cui d’ora in poi saranno sottoposti i convocati della selezione azzurra. Il primo punto in agenda, suggerivamo, è una - per certi versi clamorosa - guerra aperta nei confronti dei videogiochi: «Ai giocatori do i compiti da fare la sera se non sono bastati quelli di giorno - ha proseguito il 64.enne di Certaldo sulle pagine della “Rosa” - perché in Nazionale si sta sul pezzo, concentrati, non si cazzeggia. Ripeto lo slogan degli All Blacks: “Niente teste di ca... qui”. Gli italiani chiedono una Nazionale cazzuta e responsabile, solida e spavalda. Si viene in Nazionale per vincere l’Europeo non per vincere a Call of Duty. Se la modernità è giocare alla PlayStation fino alle 4 di mattina quando c’è la partita il giorno dopo, allora questa modernità non va bene».

«È una questione di coesione»

Le dichiarazioni del ct azzurro, va da sé, hanno immediatamente suscitato una pioggia di reazioni. Il cui spettro si estende da chi applaude sentitamente la decisione presa, a chi invece la critica aspramente. «Ma determinare oggi il grado di successo dell’operazione, è cosa complicata» ci dice Mauro Lustrinelli, da noi interpellato nel tentativo di comprendere se e in che misura la «rivoluzione spallettiana» potrebbe sortire un effetto benefico sulle prestazioni dell’Italia. L’attuale tecnico del Thun ha anche guidato le selezioni rossocrociate U16 e U21, e - da giocatore - ha vestito la maglia della Nazionale. Sull’argomento, insomma, è più che ferrato. «Un po’ di esperienza l’ho accumulata - conferma sorridendo -. E quello che posso dirvi, al netto dei vari provvedimenti, è che per ogni ct la cosa fondamentale è trovare la strada giusta per sviluppare il gruppo. Non bisogna mai dimenticare che quando sono in ritiro con la Nazionale, i giocatori stanno insieme 24 ore su 24. In qualche modo il tempo al di fuori degli allenamenti va dunque occupato (ride, ndr). Preferibilmente in maniera costruttiva, al fine appunto di cementare le dinamiche di squadra». Già. Ma i videogiochi, all’interno di questo contesto, sono davvero così nocivi? In fondo più di un campione del mondo con la stessa Italia ai Mondiali del 2006, ad esempio l’ex difensore dell’Inter Marco Materazzi, ha ammesso che in Germania diversi azzurri avevano trascorso ore e ore davanti alla PlayStation. Persino il giorno prima della finale - poi vinta - contro la Francia. «Beh, noi rossocrociati invece, durante lo stesso torneo, ci eravamo “ammazzati” di ping pong - ci confida sorridendo “Lustrigol” -. E non disputando delle tranquille partite uno contro uno, bensì correndo tutti insieme attorno al tavolo come dei pazzi, giocando all’americana. Dopo la vittoria contro il Togo non so fino a che ora siamo stati svegli a darci battaglia, spinti dall’euforia. Con il Thun invece, durante la storica cavalcata in Champions League, i ritiri erano caratterizzati da epici duelli al gioco di carte “Uno”. Cito questi esempi per sottolineare come in fondo la scelta del passatempo sia tutto sommato relativa, benché subordinata agli obiettivi che uno si pone. Al proposito, capisco il pensiero di Spalletti e cosa vi è dietro. È la strada che lui ritiene più corretta per ottenere i risultati auspicati. Per quanto mi riguarda, ho sempre sostenuto che la cosa più importante è che l’attività scelta favorisca la coesione del gruppo e il suo affiatamento. La sua energia. E per far sì che ciò accada, è fondamentale che tra lo staff e i giocatori vi sia un dialogo sincero e costruttivo, perché ogni gruppo e ogni generazione ha gusti diversi».

«Se pure il calcio-tennis...»

Ai tempi della Nazionale U21, al proposito, Lustrinelli aveva adottato una strategia semplice ma efficace. «Fin da subito, all’interno dei nostri ritiri, avevamo introdotto una “play-room”, una stanza dei giochi concepita proprio per cercare di spingere i ragazzi a svagare senza restare tutto il tempo rinchiusi in camera. E all’interno di questo quadro, la PlayStation non era per forza un nemico. Anzi, a volte i ragazzi giocavano volentieri tra di loro, sfidandosi in gare di Formula 1 o match di calcio sull’allora “FIFA” (oggi EA Sports FC 24, ndr). Questo andava a stimolare delle dinamiche interessanti. Poi certo, non so se alternative più violente come lo sparatutto “Call of Duty” citato da Spalletti siano altrettanto positive. È difficile stabilirlo con certezza, tracciando dei confini. Ma d’altronde, credetemi, è complicato farlo persino con le attività più convenzionali. Vi faccio un esempio: una volta in ritiro, la mezzanotte prima di una partita, mi è stato segnalato che due giocatori - e di quelli importanti - erano ancora nella “play-room” a giocare a calcio-tennis. Quando sono sceso li ho trovati in pantaloncini, sudati fradici, che si stavano dando battaglia alla morte scommettendo qualche soldo. Ho detto loro che in caso di pessima prestazione il giorno successivo, le avrebbero sentite. E invece disputarono una grande partita. Non posso fare a meno di pensare che forse, nonostante lo sforzo profuso, quel momento di coesione nella stanza dei giochi abbia avuto degli effetti benefici sul loro affiatamento in campo. Anche se, ovviamente, non si avrà mai la controprova. L’unica cosa certa è che da lì in poi, il giorno prima di un match, ho sempre chiuso a chiave la porta della stanza svago dopo una certa ora (ride, ndr)». Anche questo esempio, ad ogni buon conto, mette in evidenza una regola che per «Lustrigol» è fondamentale: «Se qualcosa può aiutare te e la squadra dandole energia, allora fallo. Se invece al contrario va a detrimento del focus e delle prestazioni, allora evitalo. Questo vale per le scelte dei calciatori, ma anche dell’allenatore. Sono stato giocatore pure io e a volte mi sono infastidito di fronte a dei tecnici che si impuntavano su delle inutili piccolezze, invece di investire le loro energie su questioni più serie e importanti». L’Italia, ovviamente, si augura che Spalletti non rientri in questa categoria. E che, al contrario, abbia preso la decisione giusta. La risposta in tal senso arriverà fra meno di quattro mesi. In quella Germania che - anche grazie alla PlayStation - nel 2006 incoronò gli Azzurri, celebrando il loro ritorno sul tetto del mondo.