Svizzera, la resa dei conti non è così scontata: e se a rischiare fosse Pierluigi Tami?

«Guardiamo avanti» propone Ricardo Rodriguez. D’accordo, facciamolo. Ma mantenendo uno sguardo attento sullo specchietto retrovisore. E, di riflesso, sull’involuzione che ha segnato l’annus horribilis della Nazionale svizzera. Dovevamo essere i primi della classe e invece, mentre osserviamo l’invito all’Europeo del 2024, arrossiamo. Un po’ per l’affanno. Un po’, o forse soprattutto, per la vergogna. Al netto della sconfitta in Romania, del secondo posto in classifica e della quarta fascia al sorteggio d’inizio dicembre, è la visione d’insieme a destabilizzare. Sì, perché nel quadro del girone più abbordabile abbiamo vinto solo 4 partite su 10. Come Israele e - tolti i simpaticissimi amici andorrani - offrendo punti a ogni avversario. Di più: delle selezioni che hanno staccato il ticket per la Germania, quella elvetica ha subito il maggior numero di reti. Undici, e tutte nei secondi tempi.
Al sorteggio con «Muri»
«Guardiamo avanti» insiste uno dei leader rossocrociati, cercando di scrollarsi quanto prima di dosso l’amaro finale della campagna. Murat Yakin, vorrebbe fare lo stesso. E persino ci prova, rallegrandosi «di preparare l’Europeo tedesco». A differenza di Ricardo Rodriguez, il commissario tecnico della Svizzera non può tuttavia permettersi di abbracciare l’orizzonte senza particolari turbamenti. La resa dei conti è vicina. Anche se - parole di Pierluigi Tami - «al sorteggio d’Amburgo la selezione sarà rappresentata dall’attuale ct». L'incontro decisivo tra allenatore, direttore delle squadre nazionali e vertici dell’ASF si terrà in seguito. Ma a oggi, nonostante il quadro di mediocrità appena tratteggiato, dare per certo uno o l’altro scenario costituisce puro azzardo. Già, per quanto precaria, la posizione di Yakin potrebbe reggere all’urto. Alle polemiche e alle controindicazioni. Il motivo? Ve n’è più di uno.
Fischer, Favre e Geiger
Alla base delle discussioni c’è il contratto del selezionatore, prolungato sino all’Euro grazie alla qualificazione. Al raggiungimento dell’obiettivo primordiale, dunque. Sullo sfondo, poi, si staglia una Federazione che da oramai un ventennio non ha operato alcuno strappo. A Muri, detto altrimenti, la parola d’ordine è «continuità». A maggior ragione se non si naviga nell’oro. Già, perché separarsi anzitempo da Yakin significherebbe accettare di pagare due stipendi. E con quali disponibilità per l’eventuale successore? Stando ai ben informati, e con il sostegno di Credit Suisse/UBS da ridefinire, i margini di manovra sarebbero esigui. I profili di grido alla Ottmar Hitzfeld, quindi, andrebbero automaticamente accantonati. I nomi che circolano sono essenzialmente tre: Urs Fischer, Lucien Favre e Alain Geiger. Il primo è appena stato licenziato dall’Union Berlin, club che il 57.enne lucernese ha fatto brillare sia in Bundesliga, sia in Europa, prima di finire in un buco nero fatto di sole sconfitte. Non il miglior biglietto da visita, insomma, per un tecnico che però accetterebbe probabilmente l’incarico senza grandi pretese. Realizzando un piccolo, grande sogno. A Favre, al contrario, la funzione - con i suoi addentellati pratici - parrebbe non interessare. E non basta sottolineare come il vodese sia stato uno dei mentori di Granit Xhaka, ai tempi del Borussia Mönchengladbach. Geiger? Una figura potenzialmente interessante, soprattutto qualora si volesse spingere verso un concreto rinnovamento della squadra. L’esperienza internazionale dell’ex Ginevra, tuttavia, solleva qualche dubbio. Ecco perché lasciarsi alle spalle Yakin non è così semplice. Davvero le alternative offrirebbero garanzie inequivocabili?
La posizione di Pier
E a proposito di garanzie. Dopo la sconfitta di Bucarest e alla luce delle molteplici delusioni autunnali, Tami non ne ha volute e potute fornire all’attuale ct. Ci mancherebbe. «La squadra è regredita» ha riconosciuto il dirigente ticinese. «Per la prima volta eravamo i chiari favoriti del gruppo. Uno statuto, questo, che non abbiamo però meritato sul campo. Abbiamo smarrito sicurezza, sia in difesa, sia in attacco. Non siamo più solidi. E dobbiamo comprenderne le ragioni». Tami, in tal senso, aveva spiegato come lo sviluppo della Svizzera avrebbe pesato sul giudizio dell’operato di Yakin. «La scelta che faremo - ha però aggiunto Pier - dovrà essere razionale, non dettata dalle emozioni. Non dimentichiamo che Murat ha svolto anche un eccellente lavoro.E bisogna rispettarlo». Di nuovo: l’analisi di Tami si presta a una duplice interpretazione. Quasi il direttore delle squadre nazionali fosse il più propenso a svoltare. «Ho la mia opinione. Ora tocca a Yakin presentarci la sua.Dopodiché decideremo come procedere».Ma Tami, si badi bene, non sarà il solo a determinare il futuro della guida tecnica. Anzi. A uscire indebolito dalla situazione potrebbe proprio essere «Pier». In che misura? Beh, al direttore delle squadre nazionali potrebbero essere tolte alcune competenze decisionali, delegate a un direttore sportivo puro. Una figura, questa, più decisionista soprattuto allo scoppiare di «casi» come quello di Xhaka a Pristina.
Insieme prima di dirsi addio
Non bisogna infine sottovalutare l’ascendente di Yakin. Che, okay, parrebbe fare acqua da tutte le parti a livello di spogliatoio, ma che in Federazione - e pure con le tanto influenti agenzie che gestiscono i giocatori - potrebbe non aver accusato cedimenti di sorta. Tradotto: se il credito del tecnico della Nazionale non si esaurisse prima di Euro 2024 la sorpresa sarebbe solo parziale. Dovrà farsene una ragione Manuel Akanji, il leader forse più indisponente nei confronti di Yakin. Più di Xhaka, sì, che martedì sera si è addirittura lasciato andare, schierandosi dalla parte del ct. «Speriamo che sia con noi all’Europeo» ha affermato il capitano. E cioè colui che appena due mesi fa aveva messo in dubbio la qualità degli allenamenti (e quindi il lavoro stesso) del selezionatore. Amarezza, preoccupazione, giochi di parte e di potere. Tutto si aggroviglia. Tanto da non rendere inverosimile una Svizzera con Yakin in Germania. Prima di dirsi addio.