Il cambiamento

Alcaraz, Sinner e una pallina che corre sempre più veloce

La finale degli US Open ha confermato come il numero 1 al mondo e l'altoatesino abbiano reinterpretato il gioco del tennis – I colpi messi a segno dai due campioni risultano più rapidi
© KEYSTONE (EPA/BRIAN HIRSCHFELD)
Maddalena Buila
09.09.2025 06:00

Sul cemento dell’Arthur Ashe Stadium, Carlos Alcaraz e Jannik Sinner hanno giocato l’ennesima finale di altissimo livello. In palio non c’era solo la corona di re di New York, ma pure il primo posto nella classifica ATP. Scettro che alla fine l’italiano, detentore del titolo, ha dovuto cedere allo spagnolo. Iberico che, da ieri, è pure tornato sul tetto del mondo. Carlitos è stato semplicemente più forte dell’altoatesino, a cui ha concesso un solo set. Nonostante la relativa brevità del match, che si è concluso in appena - si fa per dire - due ore e quarantadue minuti, l’incontro a Flushing Meadows è stato incredibile. Le due strapotenze del tennis mondiale hanno deliziato i palati più fini con colpi da maestro ricercando la perfezione e la pulizia estrema a ogni colpo. Abbiamo avuto diverse conferme da ormai mesi a questa parte. Ma nel corso dello spettacolare incontro di domenica sera a New York, è come se fosse giunta la sentenza finale. Il tennis è definitivamente cambiato. L’era dei Big Three, o dei Fab Four se preferite, è ormai tramontata. La sua ombra è andata via via sfumando, lasciando completamente la scena a qualcosa di nuovo.

Avversari in difficoltà

E non parliamo solo in termini di protagonisti, ma di un gioco rivoluzionato nel suo insieme. Lo dimostra il fatto che Alcaraz e Sinner hanno raggiunto traguardi che nemmeno Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic avevano ottenuto alla loro età. «Sono sicuro che i giovani della nuova generazione combatteranno per superarci», aveva d’altronde sentenziato Rafa lo scorso marzo a mo’ di profezia. Vincendo in America, per dire, lo spagnolo (22 anni e 125 giorni) si è piazzato in seconda posizione nella speciale graduatoria dei più giovani giocatori ad aver conquistato il sesto trofeo di un Grande Slam nell’era Open. Davanti a lui solo Björn Borg (22 anni e 32 giorni).

Ma più che le statistiche, è forse ancor più emblematico ciò che ci racconta il campo. E chi in campo ci scende, per sconfiggere il duo in vetta alla classifica mondiale. «Alcaraz e Sinner sono quelli che sono riusciti a replicare meglio i colpi potenti e angolati dalla linea di fondo che ci avevano fatto conoscere Nadal, Federer e Djokovic. Ma la differenza rispetto a chi li ha preceduti è che riescono a colpire la palla dandole almeno 15 km/h in più - diceva un anno fa Taylor Fritz -. Per questo affrontarli è un problema per qualunque avversario». In luglio gli ha fatto eco Alexander Zverev, accendendo il dibattito: «Il tennis è cambiato negli ultimi anni. E non sto dicendo che Alcaraz e Sinner siano migliori o peggiori dei Big Three, ma semplicemente colpiscono la palla più forte e il gioco è diventato più veloce», ha dichiarato durante un’intervista. «Ciò che è cambiato molto in questi anni è la preparazione degli atleti. E non penso all’intensità degli allenamenti, ma piuttosto al modo di approcciarli, lavorando sul cosa fare e come farlo in determinati tempi. Al contempo la nutrizione degli atleti è stata rivoluzionata. C’è estrema attenzione nell’integrazione dei supplementi. Ogni tennista ha il proprio programma: a che ora prenderli, cosa mangiare e come mangiare. Questi aspetti si sono evoluti tantissimo per aiutare il corpo a performare al massimo», spiega invece il commentatore della RSI Claudio Mezzadri, nonché ex giocatore e già capitano di Davis, sentito dal CdT. Pure Marc Rosset ha sottolineato la tendenza: «Giocare così forte, così veloce e per così tanto tempo è pazzesco. Alcaraz e Sinner hanno raggiunto una velocità di esecuzione che non era mai stata toccata prima, nemmeno da Federer, Nadal o Djokovic. Non avevo mai visto nulla del genere in tutta la mia vita».

Che cosa è cambiato

Il mondo del tennis, è risaputo, va costantemente alla ricerca dei paragoni all’interno delle sue varie grandi epoche. Accostamenti che non troveranno in realtà mai una risposta definitiva e che continueranno perciò ad aleggiare nell’aria in eterno. D’altronde come si fa a decretare se un periodo tennistico è migliore o peggiore di quelli che lo hanno preceduto? Con quale criterio si può stabilire chi sia il G.O.A.T, ovvero il migliore di tutti i tempi? Certo, ci sono le statistiche che possono dare il loro verdetto. Ma è una sentenza che risulta incompleta. Niente e nessuno può decretare se un grande campione ha regalato più o meno emozioni ai tifosi rispetto a un altro. Anche perché questa nuova generazione è appena agli albori. Tutto è ancora da dimostrare. Ma una cosa pare ormai decretata. Il tennis che giocano Carlos Alcaraz e Jannik Sinner è di altra fattura rispetto a quello che abbiamo ammirato nel recente passato. Le sensazioni e le vibrazioni che trasmette sono, di riflesso, altresì differenti. E le caratteristiche di questo nuovo modo di giocare si riscontrano nella velocità della pallina e del gioco. Il cambiamento a cui stiamo assistendo è racchiuso tutto lì, nelle 2 ore e 42 minuti della finale di New York.

Un mix di più fattori

Per quasi due decenni, i Big Three hanno rappresentato un paradigma quasi inarrivabile, dominando i grandi palcoscenici con un talento e un modo di giocare che sembravano semplicemente irripetibili. E infatti è andata così. Nessuno dopo di loro è riuscito a copiarne le gesta nelle loro modalità. Ma sul cemento di Flushing Meadows, Alcaraz e Sinner hanno mostrato come quel tipo di tennis sia cambiato. Non solo per la loro giovane età o per i record di precocità. In campo ora vince chi è in grado di trovare la fusione perfetta tra una tecnica raffinata e una potenza controllata. Un nuovo capitolo del tennis che insomma è caratterizzato da un’ossessione per la perfezione e dall’aiuto delle nuove tecnologie per spingere la pallina e il proprio corpo al limite. Per sorprendere l’avversario con il servizio più veloce dell’incontro. Con un contropiede così rapido da non lasciare scampo. E allora sì che 15 km/h in più al proprio turno di battuta rivoluzionano un incontro. E ti permettono di vincerlo. Così come è stato il caso durante l’ultimo atto degli US Open, in cui, secondo set a parte, Carlos Alcaraz ha martellato un servizio potentissimo dietro l’altro, regalandosi un 83% di punti vinti sul primo turno di battuta e 10 ace, contro gli appena due dell’altoatesino. Pure le attrezzature hanno fatto i loro passi avanti, arrivando a dotare gli atleti di mezzi sempre più performanti. Come le moderne racchette, che permettono di imprimere più velocità alla pallina.

E il terzo incomodo?

Ciò su cui sono tutti d’accordo, ad ogni modo, è che serva un terzo incomodo che dia fastidio al duo in vetta alla classifica. Altrimenti il rischio è che ne risenta lo spettacolo. Ad oggi tutti gli altri fanno estremamente fatica a inserirsi. Ci hanno provato in molti, ma senza successo. Il più temuto dal duo di punta rimane dunque ancora lui, Novak Djokovic. L’ultimo colpo di coda dell’epoca dei Big Three. Sempre speranzoso di raggiungere il 25. titolo del Grande Slam e per questo costantemente un avversario coriaceo. Un traguardo che lo consacrerebbe come il più grande di tutti i tempi in quanto a trionfi Major in bacheca, superando anche la leggenda Margaret Court. Il che, dicevamo, lo rende un contendente agguerrito per tutti. Meno che per lo spagnolo e l’altoatesino, capaci di leggere il suo gioco e di contrastarlo. Da qui l’estrema difficoltà del serbo nel raggiungere il tanto agognato traguardo.

Per Alcaraz e Sinner, i traguardi da raggiungere sembrano invece appena cominciati.