Tennis

«Berrettini a Wimbledon ha tutte le carte in regola»

Stefano Semeraro parla delle ambizioni del numero uno degli italiani, che si presenta a Church Road carico di fiducia – Il numero otto del tabellone raggiunse la finale nel 2021 e poi si arrese a Novak Djokovic
Raffaele Soldati
25.06.2022 10:03

Trionfo a Stoccarda e nuovo successo, dopo quello del 2021, al Queen’s. Matteo Berrettini, come il polacco Hubert Hurkacz, vincitore a Halle, si presenta a Wimbledon con un grande sogno. Conquistare il suo primo titolo del Grande Slam. Ne abbiamo parlato con il giornalista e scrittore Stefano Semeraro, direttore di «Il tennis italiano».

Berrettini ha inanellato otto vittorie consecutive dal suo rientro alle competizioni dopo lo stop per l’operazione alla mano. La sua marcia sembra davvero inarrestabile.

«Il suo rendimento a Stoccarda e al Queen’s è stato impressionante. Siamo tutti curiosi di rivederlo in campo a Church Road, dove lo scorso anno raggiunse la finale prima di cedere il passo Novak Djokovic. Sappiamo che sogna il successo e ha tutte le carte in regola per puntare in alto».

L’erba sembra dargli una carica supplementare.

«È vero. Si trova particolarmente a suo agio sui prati. Ha soprattutto un servizio particolarmente efficace, un’arma con la quale può mettere sotto pressione qualsiasi avversario. Eppure Matteo può essere considerato un giocatore universale. Se non dovrà ancora fare i conti con guai fisici, lo vedremo primeggiare anche sulla terra battuta e sul duro».

Qual è l’obiettivo minimo del miglior giocatore azzurro?

«Un po’ come diceva a suo tempo Roger Federer, arrivare alla seconda settimana. Superare insomma i primi ostacoli, che sulla carta sembrano i più facili. A Wimbledon, lo sappiamo, l’esperienza conta moltissimo. Berrettini, in questo senso, ne ha abbastanza. Ma non è certo paragonabile a quella che possono avere Novak Djokovic e Rafael Nadal, che ovviamente sono i due grandi favoriti. Il serbo, che è il detentore del titolo, ha firmato a Wimbledon 6 dei suoi 20 successi nelle prove dello Slam; il maiorchino ha all’attivo due titoli (2008 e 2010) e diverse finali. Dopo aver conquistato l’Open d’Australia e il Roland Garros mira al terzo grande sigillo e al 23.esimo successo nelle prove maggiori».

A Parigi lo spagnolo ha impressionato tutti. Anche se stesso.

«La sindrome Müller-Weiss con la quale deve convivere lo tiene naturalmente con il fiato sospeso. Sappiamo che si è sottoposto a nuovi trattamenti. La progressiva degenerazione dell’osso del suo piede sinistro è un dato di fatto. È una patologia piuttosto rara, lui stesso non sa fino a che punto le nuove cure potranno essere efficaci. Se i dolori sono sopportabili, o sono tenuti sotto controllo, lui darà il massimo. Come d’altra parte ha sempre fatto. Rafa è un grande combattente».

Parliamo degli outsider. Chi vede in prima fila?

«In primo luogo il polacco Hubert Hurkacz. Ha un gioco che si adatta ai prati. È in un buon periodo. E, non dimentichiamolo, è stato lui a fermare Roger Federer lo scorso anno. Tutto questo lo ha sicuramente stimolato. Si è insomma caricato di fiducia. E poi, dobbiamo dirlo, a questa edizione del torneo ci saranno un paio di grandi assenti. A incominciare dal russo Daniil Medvedev (privato del torneo per ragioni che potremmo definire politiche, non certo sportive) e il tedesco Alexander Zverev, infortunatosi alla caviglia durante la sfida con Carlos Alcaraz a Parigi e ora fuori dal circuito per diversi mesi».

A proposito di Alcaraz, al Roland Garros si è un po’ fermata la sua marcia. L’erba, per giunta, non è la sua superficie.

«È quello che si diceva anche di Nadal a suo tempo. Poi abbiamo visto cosa ha comunque saputo realizzare. Carlos ha appena 19 anni. È un ragazzo intelligente ed è guidato da un coach, Ferrero, che sa il fatto suo. Bisogna dargli tempo, non pretendere tutto subito».

Cosa pensa di Stan Wawrinka e di Andy Murray? Possono ancora essere considerati nel novero dei nomi importanti del circuito?

«Ad entrambi dobbiamo rispetto. Delle prove maggiori, Wimbledon è quella zoppa per il romando. L’unica che non è riuscito a firmare. L’erba non è certo la sua superficie preferita. Poi, con tutto quello che gli è capitato, è già eccezionale che ci sia grazie a una wild card. Sta lottando coraggiosamente e con orgoglio per restare nel mondo che ama e che vorrebbe magari lasciare con un exploit. Un discorso quasi analogo potremmo farlo per lo scozzese, che però a Church Road ha già vinto. Mi auguro che il recente infortunio non comprometta la sua partecipazione. Andy meriterebbe tanti applausi dal suo pubblico».

Due parole infine sul grande assente, Roger Federer.

«Ma questa non è certo una novità. Se lo rivedremo in campo, sarà in occasione della Laver Cup in settembre, magari in doppio con Nadal. E poi nella sua Basilea agli Swiss Indoors. Lui ha lasciato intendere che questi due appuntamenti dovrebbero servirgli in vista di un’ipotetica nuova stagione. Non guardiamo troppo lontano. L’8 agosto festeggerà 41 anni. Non sono pochi anche per un fenomeno come lui».

Sappiamo che Semeraro era collega e molto amico di Gianni Clerici, scomparso lo scorso 6 giugno, un giorno dopo la finale del Roland Garros.

«È vero. Per noi tutti era un maestro. L’unico italiano, con Pietrangeli, ad essere stato inserito nella Hall of Fame del tennis. Partirò lunedì per Londra e lo farò con un sentimento di nostalgia. Fino a un paio di anni fa, fino a quando la salute glielo ha concesso, Gianni era una figura emblematica in sala stampa a Church Road. Ma anche fuori. Sentiremo la sua mancanza. Sul numero di luglio di “Il tennis italiano” abbiamo dedicato una decina di pagine alla sua figura. Nella sua autobiografia si era definito ‘‘Quello del tennis’’. Noi sappiamo che era molto di più».