Dalle faide con Federer alla Vergine Maria: ecco i genitori di Djokovic

Com’era l’adagio? Ah, sì: la mela non cade mai lontano dall’albero. Ovvero, se Novak Djokovic vive e ragiona in un certo modo, beh, è perché alle spalle ha due genitori (eufemismo) scalmanati. Parliamo di Dijana e Srdjan, ritrovatisi all’improvviso sul palcoscenico internazionale. Con ruoli centrali, centralissimi nella diatriba che oppone il figlio all’Australia.
L’universo dei Djokovic è ampio e variegato. Comprende polemiche, visioni fermissime, una buona dose di vittimismo e perfino un accostamento con la Vergine Maria. Avvisate Netflix e affini: c’è materiale per uno show ai confini della realtà, fra esagerazioni, iperboli e levate di scudi. «Novak è lo Spartaco del nuovo mondo» ha tuonato, nei giorni scorsi, papà Srdjan, megafono in mano e sguardo truce. «Si è convertito nel leader del mondo libero, delle persone povere e con necessità. Lotta per l’uguaglianza delle persone». Della serie: ecco come mischiare il burro con la ferrovia.
Le parole hanno un peso
Se Novak fatica a contenere la sua indole reazionaria e capricciosa, i suoi genitori sono, se possibile, ancora più diretti. L’Australia – il cui primo ministro è stato definito un «dittatore» – è soltanto l’ultima vittima. Chi frequenta il mondo del tennis, leggiamo, da tempo si era abituato alle sparate a mezzo stampa, finanche alle intimidazioni. Perfino Roger Federer è rimasto intrappolato nella narrazione alternativa di mamma e papà Djokovic. Il basilese, nel 2006, aveva criticato il serbo durante una partita di Coppa Davis. Due anni più tardi, si era invece rivolto direttamente a Srdjan al Masters di Monte Carlo, invitandolo a stare zitto. Apriti cielo. In un’intervista con Newsweek, a distanza di dieci anni, Srdjan aveva ripescato quegli episodi. Memoria da elefante. «Novak aveva soltanto 19 anni all’epoca. Aveva un problema ai seni nasali e non poteva respirare. Ma Federer ha cercato in tutti i modi di mancargli di rispetto». E ancora: lo svizzero aveva dimostrato di essere il miglior giocatore al mondo, ma non si poteva dire altrettanto della persona. Ahia.
Djokovic, leggendo quelle righe, espresse un certo imbarazzo. Ciononostante, il padre l’anno scorso ha rincarato la dose davanti ai microfoni della televisione serba. «Una quindicina di anni fa Federer attaccò mio figlio quando era ancora giovane. Aveva 18 o 19 anni». Di nuovo, l’elvetico agli occhi di Srdjan «era un grande campione, il migliore in quel momento. Ma per quanto sia un grande campione, Federer non è un uomo così buono». Non pago, il capofamiglia ha pure preteso il ritiro di re Roger. «Vai uomo, cresci figli, fai qualcosa d’altro, vai a sciare, fai qualcosa».

Dall’hobby al lavoro
Srdjan ha sempre definito il tennis come «l’hobby di mio figlio». Un hobby nato in montagna, quando Novak aveva sette anni. Suo papà, ex sciatore professionista e istruttore, gestiva una creperia, una pizzeria e un negozio di articoli sportivi. Ma un talento come quello del piccolo Djokovic andava seguito, sostenuto, accompagnato. E così, Nole si ritrovò presto in viaggio con il padre. America, Germania, Italia. Tutto per far emergere quel «bambino d’oro», volendo usare l’espressione dell’allenatrice Jelena Gencic.
La fama, un sentimento generale di onnipotenza, come detto il vittimismo. Con il passare degli anni mamma e papà Djokovic hanno attirato attenzioni e provocato faide. Prendendosela con tutto e tutti, Rafael Nadal compreso. «Era il migliore amico di Novak quando vinceva, quando le cose sono cambiate non erano più amici» la sentenza di Srdjan.
Anche la Serbia, che ha sempre sostenuto il giocatore e l’uomo, si è presa una buona dose di rimbrotti. Ma è stato proprio il Paese balcanico a rinforzare la narrazione di Djokovic-più-grande-di-Gesù. Non ci credete? Il Daily Telegraph ha ricordato un mosaico, appeso in un museo di Belgrado, firmato dal montenegrino Jovan Kentera. La madre Dijana è raffigurata come la Vergine Maria. «Dijana è la madre della nuova era e una delle persone più importanti in Serbia» ha spiegato l’artista. «Ha creato e cresciuto un uomo così, che è l’orgoglio di tutti noi, ma anche delle persone nel mondo. Dijana è una santa».
Normale, viste simili premesse, che la retorica abbia raggiunto livelli siderali durante le varie manifestazioni pro-Novak a Belgrado e dintorni.