Davis, tra fascino sbiadito e rilancio delle polemiche

Il sogno della Svizzera di partecipare alle finali delle migliori otto nazioni di Coppa Davis si è infranto a Manchester. Non ci saremo a Malaga dal 21 al 26 novembre. Tanta amarezza per la squadra capitanata da Severin Lüthi. Anche perché, sulla carta, l’obiettivo di chiudere tra le prime due compagini del gruppo era francamente fattibile. I risultati sono però stati inequivocabili. Tre partite e tre sconfitte: contro la Francia, la Gran Bretagna e l’Australia. Nessuna gloria per Wawrinka, Stricker, Riedi, Hüsler e Ritschard. Il più deluso in campo elvetico, come era prevedibile, è stato Stan. In parte per l’eliminazione dei rossocrociati, ma soprattutto per la «nuova versione» dell’evento che, a guardar bene, è in vigore dal 2019. Il 38.enne di San Barthélemy ha lanciato frecciate nei confronti di Gerard Piqué, ideatore e promotore della Davis con la nuova formula. E poi ha mandato feroci e ironici messaggi anche all’ITF, tornata a riproporre il torneo inizialmente ceduto al gruppo presieduto dall’ex campione del Barcellona.
All’attacco
In sintesi cosa non è piaciuto al vecchio Stan? In primis gli spalti vuoti quando non c’era in campo la nazione ospitante. Nel caso specifico la Gran Bretagna. Poi il fatto che la federazione internazionale abbia addirittura «pagato» delle persone per sostenere le varie squadre. Insomma, uno stratagemma per coinvolgere il pubblico. Un pubblico che, inevitabilmente, si è rivelato distratto e disinteressato. Soprattutto quando non giocava la propria nazione. Così è successo a Manchester. E così è accaduto nelle altre sedi di questa fase della Davis. A Stan va il merito di avere contribuito, quando integro sul piano fisico, a sostenere la Svizzera anche in un più o meno recente passato. Lo ha fatto spesso, soprattutto nei momenti più difficili e delicati. Pensiamo in particolare ai tempi in cui Roger Federer aveva iniziato ad allontanarsi dal team Suisse preferendo concentrarsi sui tornei del circuito ATP e sulle prove del Grande Slam. Dopo tante assenze (rinunce?), il fenomeno basilese era però tornato ad offrire il suo apporto almeno nel momento in cui aveva intuito che la Svizzera aveva le qualità per puntare concretamente all’Insalatiera.
E fu proprio così. Storia del novembre 2014: il primo ed unico successo in Davis degli elvetici conquistato a Lilla contro la Francia. Altri tempi, si dirà. Roger è andato in pensione – tennisticamente parlando – Stan invece c’è ancora. E quando ha qualcosa da dire lo fa senza peli sulla lingua. A detta sua, ma non è certo il solo a pensarla così, questa «nuova Davis» ha perso gran parte del suo fascino. Le nazioni che hanno la fortuna di poter ospitare le partite sorridono, anche se poi di fatto non raggiungono la fase finale. E poi però ci sono anche altre nazioni che passano con disinvoltura dalla polemica all’apoteosi. È il caso dell’Italia. Che questa volta ha messo sotto processo il suo gioiellino Jannik Sinner, colpevole di aver rinunciato alla convocazione della «poule» degli azzurri a Bologna. Matteo Berrettini, nonostante fosse infortunato, ha invece voluto seguire le partite dal vivo mostrandosi vicino alla squadra.
Santiago del Cile, 1976
Alla rinuncia volontaria dell’altoatesino ha fatto da contraltare l’esclusione di Fabio Fognini. Facile quindi immaginare quale fosse il clima nel team guidato da Filippo Volandri per l’occasione affidatosi ad Arnaldi, Sonego, Musetti e Bolelli. Capitano azzurro dal 2021, Volandri sogna ora di andare a Malaga (dove non ci sarà la Spagna, eliminata) e di conquistare il trofeo che manca all’Italia dal lontano 1976. Chi non ricorda lo storico successo ottenuto in Cile dalla squadra del capitano non giocatore Nicola Pietrangeli con Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli? Fu, quella, una finale sentitissima anche per ragioni extrasportive. «Un match che aveva trasformato nell’opinione pubblica la visione del tennis da sport d’élite a passione popolare» hanno scritto gli storici del tennis italiano. Insomma, mai come in quella occasione la Davis aveva avvicinato i protagonisti alla gente. E lo aveva fatto dopo tante polemiche che avevano avvelenato quella trasferta a Santiago del Cile. In Italia c’era chi non riteneva che fosse giusto partecipare ad una manifestazione ospitata da un Paese governato da tre anni da una dittatura capeggiata da un generale sanguinario come Augusto Pinochet. Quest’ultimo, lo ricordiamo, nel settembre del 1973 aveva deposto il presidente Salvador Allende, democraticamente eletto.
Le polemiche azzurre degli scorsi giorni sono svanite in fretta. La qualificazione dell’Italia ottenuta a Bologna ha riportato ottimismo nel gruppo. Adesso si parla di «famiglia che lotterà per conquistare il trofeo». E si dice che a Malaga ci saranno anche Berrettini e Sinner.