Il caso

Djokovic ha lasciato l’Australia

Il tennista serbo ha perso la sua battaglia legale per contrastare l’espulsione – In serata «Nole» è partito con un volo Emirates per Dubai: «Sono estremamente deluso, ma accetto la sentenza»
© EPA/JAMES ROSS
Red. Online
16.01.2022 07:44

È stata, indubbiamente, una lunga domenica quella vissuta a Melbourne. L’udienza, svoltasi online alla presenza di tre giudici, James Allsop, Anthony Besanko e David O’Callaghan, è cominciata alle 9.30 (le 23.30 di sabato in Svizzera) e si è conclusa a fine giornata.

L’esito? Novak Djokovic ha perso. Il suo appello per contrastare l’espulsione, ha spiegato la Corte Federale nel leggere la sentenza, è stato respinto. Dopo essersi visto annullare per due volte il visto d’ingresso, il campione della racchetta verrà quindi espulso dall’Australia. Addio, dunque, Australian Open. In precedenza il suo nome era comparso nel «match schedule» della prima giornata del torneo, in programma domani. L’organizzazione aveva deciso di confermare la presenza del serbo che domani avrebbe dovuto debuttare contro il connazionale Miomir Kecmanovic nella sessione serale della Rod Laver Arena.

«La decisione del tribunale è che la richiesta sia respinta con le spese legali a carico del tennista» recita la sentenza, giunta alla vigilia dell’inizio del torneo durante il quale il serbo avrebbe tentato il record del 21.mo titolo del Grande Slam.

Attraverso un comunicato stampa, Djokovic si è detto «estremamente deluso» dalla sentenza. Preso atto che non potrà «rimanere in Australia e partecipare agli Australian Open», il serbo ha proseguito affermando di rispettare la decisione e di voler collaborare con le autorità competenti in relazione «alla mia partenza dal Paese». Quindi, una speranza: che l’attenzione, ora, si sposti «sul gioco e sul torneo che amo». E ancora: «Vorrei augurare ai giocatori, ai funzionari del torneo, allo staff, ai volontari e ai fan tutto il meglio per il torneo».

Le motivazioni dei tre giudici, la cui decisione è stata unanime, saranno rese note solo tra un paio di giorni. Durante l’udienza, la difesa di Djokovic ha sostenuto senza successo che i motivi addotti dal governo erano «non validi e illogici». Il presidente della Corte, James Allsop, ha affermato che «la sentenza è stata basata sulla legittimità e legalità della decisione del ministro», non sui «meriti o saggezza di tale decisione».

Una sentenza del genere, usualmente, porta con sé un divieto di ingresso in Australia per tre anni.

L’ultima battaglia
L’avvocato di Djokovic, Nick Wood, ha cercato di smontare la tesi del governo. In particolare, il ragionamento secondo cui le opinioni anti-vax del serbo sono una minaccia pubblica e potrebbero causare «disordini civili». Secondo Wood, anche se non è vaccinato «Nole» non ha mai dato sostegno alla causa no-vax e non è mai stato associato al movimento. Il governo «non sa quali siano le attuali opinioni del signor Djokovic», ha insistito Wood.

L’avvocato del governo Stephen Lloyd, dal canto suo, ha contrattaccato a testa bassa: il fatto che Djokovic non sia vaccinato a due anni dallo scoppio della pandemia e, ancora, che abbia ripetutamente ignorato le misure di sicurezza – leggi il mancato isolamento dopo la positività in dicembre – è una prova sufficiente delle sue opinioni.

La lunga, lunghissima controversia legale non ha riguardato soltanto la mancata vaccinazione di Djokovic ma anche gli errori e le omissioni sui suoi documenti di viaggio.

Il campione è partito
Dopo l’udienza di stamane, Novak Djokovic è rientrato al Park Hotel di Melbourne, il centro di detenzione per immigrati clandestini ormai famoso in tutto il mondo, quindi si è diretto all’aeroporto dove ad attenderlo c’era il volo Emirates 409 per Dubai, secondo quanto indicato da The Age e Sydney Morning Herald.

Il Boeing 777 ha lasciato la pista alle 22.51 locali, una ventina di minuti dopo l’orario di partenza indicato.

Hanno maltrattato un tennista per dieci giorni per poi prendere una decisione che conoscevano dal primo giorno

Vucic: «Djokovic può ritornare in Serbia a testa alta»
Per il presidente serbo Aleksandar Vucic, Novak Djokovic può tornare a testa alta nel suo Paese. In dichiarazioni alla stampa dopo il decreto di espulsione del campione dall’Australia, Vucic ha detto di aver parlato con il tennista e di avergli detto che tutti lo aspettano in Serbia, tutti attendono che torni nel suo Paese dove è sempre il benvenuto.

«Quelli che pensano di aver affermato dei principi hanno dimostrato di non avere principi. Hanno maltrattato un tennista per dieci giorni per poi prendere una decisione che conoscevano dal primo giorno», ha detto il presidente serbo.

Vucic ha attaccato le autorità australiane affermando che se avessero detto sin dall’inizio che in Australia possono entrare solo i vaccinati, non vi sarebbero stati problemi, mentre hanno consentito la possibilità di eccezioni mediche in base alle quali Djokovic è arrivato nel Paese facendo tutto quello che era richiesto. «Poi ha preso il via una vessazione, una caccia alle streghe contro una persona e contro un Paese», ha detto il presidente parlando ai giornalisti dopo aver votato stamane nel referendum sulla riforma della giustizia. A suo avviso si è trattato di un assurdo processo giudiziario, nel quale i giudici hanno mentito.

«È stato detto che in Serbia la percentuale di vaccinati è al di sotto del 50%, mentre ufficialmente gli immunizzati sono il 58%, e oltre il 62% se si considera il numero reale di persone che vivono in Serbia, dove il tasso di vaccinazione è più alto di tanti Paesi UE, in particolare in Paesi vicini quali Bulgaria, Romania, Slovacchia e perfino Estonia. Si è trattato di un’argomentazione assurda, ma in rappresentazioni alla Orwell tutto è possibile», ha affermato Vucic.

Ai Mondiali di atletica indoor in programma in marzo a Belgrado - ha aggiunto - gli sportivi australiani saranno accolti in Serbia in modo molto migliore. «Mostreremo che siamo migliori delle autorità australiane. Grazie al popolo dell’Australia che, sono sicuro, ama il popolo serbo tanto quanto noi amiamo loro».

L’Australia è soddisfatta
Il governo australiano si è detto soddisfatto della decisione della Corte federale che ha respinto il ricorso di Novak Djokovic confermando l’espulsione del campione dal Paese.

«Accolgo con favore la decisione di mantenere forti i nostri confini e proteggere gli australiani», ha detto il premier Scott Morrison.

«Questa decisione è stata presa per motivi di salute, sicurezza e buon ordine, in quanto ciò era nell’interesse pubblico. Gli australiani hanno fatto molti sacrifici durante questa pandemia e giustamente si aspettano che il risultato di quei sacrifici venga protetto», ha aggiunto.

«I confini forti sono fondamentali per lo stile di vita australiano, così come lo stato di diritto», ha proseguito Morrison che ha quindi ringraziato la Corte per aver gestito rapidamente la questione. «Ora è il momento di andare avanti con gli Australian Open e tornare a godersi il tennis durante l’estate», ha concluso.

Accolgo con favore la sentenza unanime della Corte Federale che conferma la mia decisione di annullare il visto di Novak Djokovic nell’interesse pubblico

Hawke: «Ne andava della sicurezza pubblica»
Il ministro dell’Immigrazione australiano, Alex Hawke, ha elogiato la decisione della Corte di confermare la cancellazione del visto di Novak Djokovic, definendola una questione di sicurezza pubblica durante la pandemia.

Era stato proprio Hawke a revocare il visto del campione serbo, che non è vaccinato, per la seconda volta (dopo essere stato sconfitto in prima battuta in tribunale, per motivi procedurali).

«Accolgo con favore la sentenza unanime della Corte Federale che conferma la mia decisione di annullare il visto di Novak Djokovic nell’interesse pubblico», si legge in un comunicato.

«Le forti politiche di protezione delle frontiere dell’Australia ci hanno tenuto al sicuro durante la pandemia, determinando uno dei tassi di mortalità più bassi, il più forte recupero economico e un tasso di vaccinazione più alto al mondo. Anche forti politiche di protezione delle frontiere sono fondamentali per salvaguardare la coesione sociale dell’Australia, che continua a rafforzarsi nonostante la pandemia», ha proseguito Hawke.

«Gli australiani hanno fatto grandi sacrifici per arrivare a questo punto e il governo Morrison è fermamente impegnato a proteggere questa posizione.

Ad oggi in Australia sono state somministrate circa 43 milioni di dosi di vaccini e oltre il 91,6% degli australiani di età pari o superiore a 16 anni è completamente vaccinato. Di conseguenza, l’Australia è stata in grado di avviare una riapertura graduale e sicura del suo confine internazionale grazie a questo programma di vaccinazione di successo», ha concluso.

L’espulsione di Djokovic dall’Australia mette fine a una serie di eventi profondamente deplorevoli

La posizione dell’ATP
«L’espulsione di Djokovic dall’Australia «mette fine a una serie di eventi profondamente deplorevoli». È quanto si legge in un comunicato dell’ATP, l’associazione che riunisce i giocatori professionisti del tennis maschile di tutto il mondo dopo che la Corte federale ha respinto il ricorso del tennista serbo contro l’annullamento del visto.

L’ATP sottolinea che «le decisioni dei tribunali in materia di salute pubblica devono essere rispettate» ma che «l’assenza di Djokovic agli Australian Open è una sconfitta per il tennis».

La parola al padre: «L’attentato è finito»
Srdjan Djokovic, il padre di Novak, nel frattempo è uscito con una sparata delle sue su Instagram: «L’attentato al miglior sportivo del mondo è finito, 50 proiettili al petto di Novak». E ancora: «Dopotutto, dà supporto a un giovane giocatore di 17 anni, quindi quello è Nole, un uomo, un fratello, ci vediamo a Parigi».

Brnabic: «Decisione scandalosa»
L’espulsione di Novak Djokovic dall’Australia è una decisione scandalosa che mostra come funziona o non funziona lo stato di diritto in alcuni altri Paesi. Lo ha detto la premier serba Ana Brnabic commentando la decisione delle autorità australiane nei confronti del campione serbo numero uno del tennis mondiale.

Il riferimento allo stato di diritto è polemico dal momento che è un argomento questo per il quale la Serbia è sotto stretta osservazione nella UE con la quale il Paese balcanico è impegnato nel negoziato di adesione.

«È incredibile - ha osservato la premier - come vi siano state due decisioni dei giudici totalmente opposte nello spazio di pochi giorni e nel corso di 11 giorni di maltrattamento fisico e psichico».

Brnabic ha aggiunto di attendere con ansia il ritorno di Novak Djokovic nel suo Paese, in Serbia, per dargli tutto il sostegno in questo difficile momento. La premier, al pari del presidente Aleksandar Vucic, ha poi attaccato anch’essa le autorità australiane, responsabili a suo dire di «evidenti menzogne» sul processo vaccinale anticovid in Serbia, che non è al di sotto del 50% ma al 58% di immunizzati, con il 37% che ha assunto la terza dose, una percentuale a suo dire molto migliore di quella di diversi Paesi UE. E grazie al referendum di oggi sulla riforma della giustizia, Brnabic ha detto di sperare che una tale espulsione di persone in Serbia non sarà mai possibile.

Pieno sostegno a Djokovic è venuto dal ministro dello sport serbo Vanja Udovicic. «Ha conquistato 20 titoli del Grande Slam, è il più grande al mondo di sempre, uno che scrive la storia dello sport. Questo è e sarà sempre Novak Djokovic. Tutto il resto sono assurdità, vergogna e ipocrisia. Sei una leggenda, orgoglio della Serbia, siamo con te!», ha detto il ministro Udovicic. Grande delusione ha espresso la Federazione tennis della Serbia (Tss). «La farsa è finita. In tal modo la politica ha prevalso sullo sport», ha detto la Tss in un comunicato.

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