Tennis

«Dovrà imparare di nuovo a scivolare»

Claudio Mezzadri, commentatore RSI, ci illustra la sua analisi sul ritorno di Federer alla terra rossa
Roger Federer saluta raggiante il pubblico di Miami, dove ha vinto il suo titolo numero 101 in carriera. (Foto Keystone)
Raffaele Soldati
02.04.2019 06:00

Da tre anni Roger Federer non gioca sulla terra rossa. Nel 2016 rinunciò per forze maggiori (il problema al ginocchio che lo costrinse a saltare mezza stagione di tornei). Nel 2017 e nel 2018 fu una scelta tattica, un po’ per non caricarsi di impegni agonistici, un po’ per preservarsi in vista degli appuntamenti ai quali teneva di più, quelli sull’erba e, naturalmente, Wimbledon. Perché, in questo anno di grazia 2019, Roger ha deciso di cambiare strategia? A risponderci è Claudio Mezzadri, che conosce il basilese da una vita e che nel 1999, quale capitano di Davis, lo lanciò nella sfida tra Svizzera e Italia giocata a Neuchâtel.

«L’annuncio del ritorno alla terra rossa, Roger lo ha dato in un momento particolare di questa stagione, subito dopo l’eliminazione negli ottavi di finale all’Open d’Australia ad opera del greco Tsitsipas. Era deluso, anche perché si era fissato come obiettivo minimo il raggiungimento delle semifinali. Ma quella amarezza è stata subito trasformata in una sfida a se stesso. Un cambiamento di rotta. La voglia di dimostrare a se stesso di essere capace di andare oltre».

Federer, insomma, ha in pratica deciso di rivedere il suo calendario.

«Una scelta difficile, ma coraggiosa. Tornare a giocare sulla superficie che gli ha regalato meno soddisfazioni in carriera, non è scontato. Ci sono dei rischi ed è inoltre richiesta una preparazione specifica. In primo luogo dovrà di nuovo imparare a scivolare, una tecnica che può anche logorarti fisicamente».

La decisione di tornare a giocare sulla terra rossa non è comunque stata una semplice sparata per richiamare l’attenzione su se stesso in un momento delicato della sua carriera?

«Questo non lo credo. E non penso neppure che sia un azzardo. Un atto di coraggio o di fiducia di sicuro lo è stato, perché Federer dopo Melbourne non poteva prevedere cosa avrebbe raccolto successivamente. Alludo al centesimo titolo in carriera conquistato a Dubai e all’ottima tournée americana con il raggiungimento della finale a Indian Wells e poi il successo a Miami».

La decisione di tornare a giocare sul rosso può essere considerata un’arma a doppio taglio?

«Questo lo vedremo più avanti. Intanto mi sento di poter affermare che si tratta di una decisione comunque meditata, il frutto di un desiderio che in cuor suo aveva da tempo. Di questo il basilese ha sicuramente parlato con i suoi più stretti collaboratori, dal preparatore fisico Pierre Paganini ai coach, Severin Lüthi e Ivan Ljubicic, persone che hanno avuto un ruolo importante nella sua rinascita dopo l’infortunio».

Dei suoi venti titoli del Grande Slam, Federer ne ha conquistato uno solo a Parigi, nel 2009. Da allora sono trascorsi dieci anni. Per noi sembrano tanti. Per lui, che corre ancora come un ragazzino, forse un po’ meno.

«È importante sottolineare che Roger, per quanto artista della racchetta, non è un incosciente. Studia e valuta bene come procedere. E, soprattutto, come scegliere i suoi impegni agonistici. Ha innanzitutto parlato di Parigi, del Roland Garros (27 maggio - 9 giugno). Ma poi, in un secondo tempo, ha deciso di inserire un torneo di preparazione per questo evento. Non ha optato per Montecarlo (15-21 aprile) e neppure per Roma (13-19 maggio), bensì per Madrid (6-12 maggio). Questo significa che fa molta attenzione ai tempi di recupero».

Conclusa la tournée americana si prenderà una settimana di vacanza.

«Questo sicuramente. Poi inizierà una meticolosa preparazione. Che non sarà un caricarsi di ore di fatica e stress. Sarà, con tutta probabilità, un serio lavoro di avvicinamento ai due prossimi impegni sulla terra rossa, che ha inserito nel suo calendario con una certa logica».

Perché Madrid e non Roma?

«Io penso che lo abbia fatto pensando proprio ai tempi di recupero. Non dimentichiamo che ha quasi 38 anni e circa 1500 partite nelle gambe. Tra Madrid e il Roland Garros c’è più tempo per ricaricarsi di energia. E questo malgrado il fatto che al Foro Italico le condizioni di gioco siano più simili a Parigi rispetto a quelle che si trovano nella capitale della Spagna. Quella di Madrid è una terra più veloce e di per sé anche più adatta alle caratteristiche del basilese».

Molti dicono che Roger, tornato numero 4 dell’ATP e leader della Race stagionale, abbia anche l’intenzione di riguadagnare posizioni nel ranking.

«Di sicuro, non avendo giocato lo scorso anno sulla terra rossa, ha tutto da guadagnare. A seconda dei risultati che saprà ottenere, potrà insomma incamerare un bel po’ di punti. Ma queste sono conseguenze di una scelta che secondo me ha un obiettivo primario, quello di voler dimostrare a se stesso di essere ancora capace a tenere alti livelli su tutte le superfici. Adesso c’è la terra rossa. In piena estate tornerà a ripensare all’erba».