Federer, un argento che vale tanto

L’abbiamo chiamata «Ritorno al futuro», invero senza troppa fantasia. È una rubrica figlia dell’emergenza e, va da sé, della mancanza di eventi sportivi live (QUI TUTTE LE PUNTATE). E allora, se non possiamo vivere il presente proviamo almeno a correre indietro con la memoria. Ripescando, a questo giro, la sconfitta valsa comunque una preziosa medaglia d’argento a Roger Federer alle Olimpiadi di Londra del 2012: sul centrale di Wimbledon l’elvetico si arrende in finale ad Andy Murray. Riviviamo quella giornata grazie all’articolo di Paride Pelli, inviato ai Giochi per l’occasione.
«Roger, ma sei davvero tu?». La domanda posta a voce alta - tra l'ilarità generale - da uno spettatore del «Centre Court» tra uno scambio e l'altro della finale di ieri tra Andy Murray e Federer è apparsa tutto sommato pertinente. Perché Federer, il vero Federer, ieri a Wimbledon proprio non si è visto e la sua sbiadita copia è stata spazzata via in meno di due ore (6-2 6-1 6-4) da un Murray intrattabile quanto fortunato - impressionante il numero di nastri a suo favore o le linee toccate con i suoi diritti e rovesci - che ha finalmente conquistato un titolo maggiore nella sua carriera costellata sino a ieri di quattro finali dello Slam tutte perse onorevolmente.
Lo spettatore in questione si è posto la domanda dopo che il numero uno al mondo aveva perso qualcosa come nove giochi consecutivi, sprecato sei palle di «break» nello stesso «game» e commesso un'infinità di errori, complice una lentezza evidenziata sin dall'inizio negli spostamenti e che lo stesso Roger ha poi riconosciuto nel dopo-partita. La sfida-maratona di venerdì contro Juan Martin Del Potro - l'argentino che si è messo al collo il bronzo battendo ieri nella «finalina» un Novak Djokovic in perdita di velocità - è stata pagata evidentemente a caro prezzo, a livello fisico ma soprattutto sul piano mentale: il sette volte vincitore di Wimbledon è apparso scarico, incapace di opporre una vera resistenza contro un idolo di casa comunque ispirato e trascinato da un pubblico incredulo ed entusiasta.
Ma Roger Federer la sconfitta di ieri, pesantissima nella forma, l'ha accettata senza problemi: lui si è detto comunque soddisfatto, anzi felice, della medaglia d'argento, sebbene l'oro olimpico nel singolare resti l'unico titolo maggiore che ancora manca al suo straordinario palmarès: sarà dunque per Rio de Janeiro 2016?
«Ho già detto più volte che sino a quando mi divertirò a giocare proseguirò la carriera, per cui non è impossibile che tra quattro anni mi vediate ancora alle Olimpiadi: ma è talmente in là nel tempo Rio che nel frattempo potrei anche ritirarmi e poi decidere di tornare» ha detto con il sorriso sulle labbra un Roger appunto sereno, soltanto un po' seccato con un giornalista che gli chiedeva in continuazione spiegazione per quei nove giochi consecutivi persi tra la fine del primo set e il 5-0 del secondo...
«Si vede che io ho fatto tutto male e Andy tutto bene» ha tagliato corto il numero uno, che comunque ha affermato di non ricordarsi se ed eventualmente quando abbia perso in carriera così tanti «game» di fila.
«Murray è stato semplicemente migliore oggi, ha giocato una grande partita» ha riconosciuto, aggiungendo: «Sono contento per lui, meritava una soddisfazione del genere: è da due anni che gioca ad altissimo livello e gli mancava un trionfo prestigioso. Se questo successo lo aiuterà per il futuro e lo sbloccherà finalmente? Non credo avesse bisogno di una vittoria in un torneo di questo livello, semplicemente era già prima di oggi un giocatore eccezionale e lo resterà anche in futuro».
Federer è evidentemente arrivato scarico all'appuntamento con l'atto conclusivo sul «Centre Court»: troppe emozioni in questo ultimo intensissimo periodo, durante il quale ha vinto i «Championship» per la settima volta in carriera tornando al numero uno del «ranking» dell'ATP. «Mi sentivo bene prima della finale, fisicamente non ho accusato problemi. Ma se ripenso al mio torneo, contro Falla all'esordio e contro appunto Juan Martin sono andato molto vicino alla capitolazione, e questo ha fatto sì che sprecassi diverse energie nervose per evitare la sconfitta, che mi sono mancate nel momento topico. Ma non cerco scuse, ribadisco che Murray è stato più bravo di me e ha meritato di vincere: e io sono contentissimo così».
Il ricordo di questa nuova esperienza olimpica, poi, lo accompagnerà per tutta la vita: «Ogni edizione dei Giochi ti lascia qualcosa di forte: solo il tempo mi dirà cosa esattamente mi ha dato questa di Londra, ma posso già affermare che aver giocato un torneo olimpico sull'erba di Wimbledon è stato estremamente emozionante».
Anche per Roger il torneo dei Giochi ha comunque poco a che vedere con i veri «Championship»:
«Trovo bello che le Olimpiadi si siano disputate qui: per la finale c'era però un'atmosfera completamente diversa e molto più calda sulle tribune rispetto ad un mese fa. Si percepiva forte lo spirito patriottico che ti trasmettono i Giochi. Io non ero più nervoso rispetto a quando gioco un Wimbledon tradizionale: molti credono che io fossi sotto pressione per dover conquistare il titolo olimpico, ma il fatto di aver già trionfato a Pechino con Wawrinka, seppur nel doppio, mi trasmetteva una grande tranquillità».
Marc Rosset rimane insomma l'unico elvetico nella storia a fregiarsi dell'oro nel singolare, quello da lui colto nel 1992 a Barcellona: per Federer il titolo non è un'ossessione, ma chissà che a Rio nel 2016 non decida di riprovarci, per l'ultima volta.