Tennis

«Ho chiuso la mia carriera in un doppio con Margaroli»

L’ex Davisman Marco Chiudinelli è venuto in Ticino per il suo camp organizzato al Tennis Club Ascona
Marco Chiudinelli ad Ascona per il suo camp.
Raffaele Soldati
19.07.2020 21:59

L’ultima partita di Marco Chiudinelli sul circuito ATP risale al 2017: un doppio con Luca Margaroli agli Swiss Indoors di Basilea. Per il basilese, amico fraterno di Roger Federer, l’avventura con il tennis non si è certo chiusa lì. Marco si è rimboccato le maniche ed è diventato organizzatore e promotore di camp tennistici. Per questo negli scorsi giorni era presente ad Ascona.

«Organizzo camp in Svizzera, ma anche all’estero - racconta - . Quest’anno ne avevo in programma una decina. Purtroppo alcuni sono stati cancellati a causa della pandemia da coronavirus. Sul piano professionale (ndr: Marco allude alla Chiudinelli Management & Consulting) i tre mesi precedenti sono stati davvero difficili. Ma quando la situazione sanitaria si è più o meno normalizzata ho ripreso a sorridere. Un paio di settimane fa ho organizzato un camp a Zermatt, adesso sono ad Ascona con una decina di persone tra clienti e allenatori. I miei camp sono di due tipi, quelli che programmo io stesso e quelli più personalizzati, secondo le esigenze dei clienti».

Originario di Corcapolo

Chiudinelli ci parla del Locarnese al quale è affezionato da quando era un ragazzino. «A Corcapolo, nelle Centovalli, c’è la casa di mio nonno, purtroppo scomparso ormai da diversi anni. L’abbiamo in parte rinnovata e cerchiamo di approfittarne anche per fare qualche giorno di vacanza. Il Ticino è un cantone bellissimo».

Gli ricordiamo che poco più di una settimana fa, nell’ambito di una giornata pubblicitaria, ci era venuto anche il suo grande amico Roger. Sorride Marco, ma confessa che non lo sapeva: «Avevo in programma di vederlo nel torneo di Indian Wells, che poi (come tanti altri) è stato cancellato. Rispetto al passato, quando anch’io ero professionista sul circuito, ci sentiamo meno. Ma questo non significa che siamo meno amici. Anzi, ricordo sempre con entusiasmo le avventure vissute insieme: quelle da ragazzini, ma anche quelle in campo agonistico, da avversari o compagni di squadra in Coppa Davis. Quel 2014, quando a Lilla alzammo l’insalatiera anche con Stan Wawrinka e Michael Lammer, è stato un momento storico per il tennis elvetico. Ed è stato un momento unico anche per chi, in un modo e nell’altro, ha contribuito a realizzare l’impresa».

L’apprezzamento di Luca

In Davis Chiudinelli ha conosciuto Luca Margaroli. Cosa dice il basilese del tennista ticinese? «Non ho contatti stretti con Luca. Lui era giovanissimo quando io ero all’apice della mia carriera. Nelle poche occasioni che ci siamo incontrati ho potuto comunque apprezzarlo. È un ragazzo gentile e anche un buon doppista. Sono contento di poter dire di avere giocato con lui l’ultimo mio incontro ufficiale. Avevo chiesto agli organizzatori di Basilea se fosse stato possibile affiancarmi a un tennista svizzero. Hanno esaudito la mia richiesta».

Per il tennis, come per altri sport, il momento è difficile. Quali sono le impressioni di Marco sull’allestimento di un calendario che potrebbe oltretutto subire nuovi cambiamenti? «Ho sentito molte critiche agli organismi mondiali, dall’ITF all’ATP. Non penso che tutte siano giustificate. Mi pare anzi che, vista la situazione, quanto proposto non sia così male. Gli organizzatori di Wimbledon hanno fatto bene a spostare il torneo al 2021. D’altra parte non avevano alternative. Per ragioni di clima, non sarebbe stato possibile giocare sull’erba da settembre in poi. Quanto al Roland Garros, non hanno sbagliato a cercarsi una nuova data. Nessuno è obbligato a giocare quel torneo. Chi vuole può farlo. Per i giocatori più profilati è un’occasione in più, sempre che il coronavirus non giochi altri brutti scherzi».

La nuova Coppa Davis

Infine due impressioni sulla nuova Coppa Davis. «Da spettatore - afferma Chiudinelli - ribadisco che preferivo il vecchio formato, quello con le classiche partite in casa ed in trasferta. La Davis, bisogna dirlo, era un po’ in crisi. Il rinnovamento non è mai facile da accettare. Qualcuno lo ha concretizzato rendendo l’evento molto più remunerativo anche per i giocatori, che vivono e guadagnano con il tennis. Il principio non è sbagliato. Bisogna guardare al futuro. A questa domanda mi piacerebbe però rispondere tra 10 o 15 anni, quando anche gli spettatori si saranno abituati al nuovo formato».