Il personaggio

Novak Djokovic il «perfezionista», parola di Goran Ivanisevic

L'importanza del croato, mentore e allenatore del campione che ha vinto 23 titoli del Grande Slam – E ora un altro assalto a Wimbledon
L’abbraccio tra Novak Djokovic (a destra) e Goran Ivanisevic dopo il terzo successo conquistato dal serbo al Roland Garros. ©Reuters/Lisi Niesner
Raffaele Soldati
12.06.2023 21:45

«Perfezionista». Ecco l’aggettivo che più di ogni altro caratterizza Novak Djokovic. Lo ha detto Goran Ivanisevic, suo mentore e allenatore, che già pensa alla prossima edizione di Wimbledon. L’ex campione, con un solo Grande Slam all’attivo, firmò proprio Wimbledon nel 2001. Di tornei maggiori Novak ne ha invece conquistati 23. Nuovo record. Uno più di Nadal, tre più di Federer. Nove più di Sampras. Numeri che parlano chiaro. Quello che impressiona è che a 36 anni e 20 giorni - il più vecchio vincitore del Roland Garros non pensa alla pensione. Davanti a sé potrebbe avere ancora due o tre stagioni ad altissimo livello. Forse non vincerà altri otto «majors», ma qualcuno potrebbe aggiungerlo al suo già straordinario palmarès.

Goran Ivanisevic e Novak Djokovic collaborano da diverse stagioni. Un sodalizio solido, cresciuto negli anni. Un croato e un serbo che parlano in modo schietto. «Nole non è un ragazzo facile, soprattutto quando qualcosa non va», ha detto Ivanisevic. Capita anche ai migliori. Per essere il migliore Novak si mette sempre in discussione. Non deve certo essere facile stargli accanto. Il coach lo ha lasciato intendere proprio quando ha illustrato il perfezionismo del suo protetto, tornato al primo posto del ranking mondiale scalzando Carlos Alcaraz.

L’era di Roger e Rafa

«Essere diventato numero uno al mondo nell’era del duopolio Federer-Nadal dà la dimensione della forza di Novak Djokovic. Un decennio fa sembrava impossibile essere al loro stesso livello, soprattutto tenendo ben presente un dato. Nel 2010, quando Nole aveva già 23 anni, questa era la situazione nelle vittorie Slam: sedici titoli Federer e nove Nadal. E Djokovic solo uno». L’annotazione del telecronista sportivo italiano Angelo Mangiante, tratta dal libro «Le leggende del tennis - Game, set, match» (Diarkos Editore, 2020) è calzante. In tre anni, con in mezzo una pandemia che ha tolto a Djokovic - non vaccinato contro il coronavirus - la possibilità di aggiungere altri titoli a quelli già conquistati, la sua supremazia è cresciuta in modo esponenziale. Infortuni e forse anche l’età hanno frenato Roger e Rafa. Così come Andy Murray, che di Grandi Slam ne ha ottenuti tre, come il nostro Wawrinka.

Resistere nel tempo

Fa impressione pensare che proprio Stan (oggi ATP 78), lo «Stanimal» di 7/8 anni fa, sia stato il tennista più ostico per Novak almeno nelle finali degli Slam: Roland Garros 2015 e US Open 2016. Molti si chiedono quale sia il segreto di Djokovic per resistere così a lungo nel tempo. «Da un lato la preparazione fisica, dall’altro la fortuna di non aver avuto infortuni gravi. Ma c’è stata anche l’intelligenza nel capire quando doveva fermarsi», aveva detto Claudio Mezzadri presentando i favoriti della scorsa edizione del Roland Garros. E poi c’è la classica parola-chiave, indicata anche dal commentatore RSI per definire il fenomeno serbo: «perfezionista».

Sopravvissuto alla guerra

Per chi è sopravvissuto alla guerra - quella nell’ex Jugoslavia - superare i problemi del tennis è un esercizio molto più agevole. Un concetto ribadito da Mangiante, che ha espresso in più occasioni ammirazione per Djokovic. Il quale, al di là di certi comportamenti deprecabili in campo, ha sempre mostrato un atteggiamento di rispetto nei confronti dei suoi avversari. Questo è l’animo buono di chi ha lavorato tanto per crescere come giocatore. Novak ha creduto in sé stesso fin da ragazzino, quando sognava di vincere a Wimbledon e di diventare il n. 1 del tennis. Se ha realizzato il suo sogno, ciò è dovuto al perfezionismo. E alla fatica. Ma c’è anche il contributo di chi ha lavorato con lui. A incominciare dal coach storico, Marián Majda, dai consulenti ed ex campioni come l’australiano Woodforde (volée) e Todd Martin (servizio) e da Boris Becker per il supporto motivazionale. Infine da Ivanisevic, il coach col quale ha tuttora un rapporto di totale fiducia.

L’uomo di gomma, altra definizione perfetta coniata da Mangiante, ha vinto per la terza volta a Parigi. In luglio Novak inseguirà l’ottovolante a Wimbledon perché vuole aggiungere un altro tassello ai suoi Grandi Slam. Anche per emulare Roger in quello che per tanto tempo è stato il suo giardino. E a cos’altro aspira Djokovic? Già si parla dell’oro olimpico. Roger l’aveva vinto in doppio con Stan, ma non in singolare. Questa potrebbe essere storia del 2024. Ancora sulla terra rossa di Parigi.

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