Roger Federer: «Non è un male aver perso il primo set»

LONDRA – Roger Federer è tornato sul Centre Court, il suo giardino preferito che lo scorso anno aveva dovuto abbandonare per andare a giocare il suo quarto di finale contro Kevin Anderson – perdendolo – sul campo numero 1. Il Maestro è tornato, si è goduto l’ovazione del pubblico e poi ha totalmente steccato l’entrata in materia, giocando un primo set davvero non all’altezza delle sue ambizioni. E soprattutto del suo livello. Lloyd Harris, ragazzone sudafricano, ne ha così approfittato per togliersi la soddisfazione di portare via un set al basilese. Troppo passivo, incapace di leggere il servizio del suo avversario e oltremodo falloso nella frazione iniziale, Federer si è però ripreso alla svelta e allora per il generoso Harris non c’è più stato nulla da fare. «Durante la giornata, prima della partita, non ero particolarmente nervoso – spiega Roger – e ho fatto le mie solite cose. So però per esperienza che i primi due o tre turni qui a Wimbledon non sono mai facili. Ci vuole un po’ di tempo per abituarsi alle condizioni di gioco. Ho trovato il campo parecchio lento, non riuscivo a rispondere alla battuta di Harris ed inoltre servivo male. Faticavo anche a muovermi come volevo. Lloyd all’inizio ha giocato molto bene. Non mi sono comunque lasciato prendere dal panico: ho l’esperienza necessaria per gestire situazioni di questo tipo e rimanendo tranquillo ho trovato la via per ribaltare il risultato».
Un campo lento non è mai di buon augurio per Roger Federer. Ma il basilese da queste parti ne ha viste altre: «Durante l’incontro – continua il renano – mi sono chiesto anch’io se avessi già giocato su un terreno di gioco così lento qui a Wimbledon. In realtà la risposta che mi sono dato è un’altra: ero io che durante il primo set mi muovevo come una lumaca. Rimane il fatto che negli anni i campi di Church Road sono sempre meno rapidi: basti pensare che agli US Open gli scambi sono in generale meno lunghi che qui a Wimbledon. Ed è tutto dire».
Federer lo aveva detto: non è mai evidente giocare contro un avversario di cui non si conosce nulla, nonostante l’evidente divario di classe: «Beh sicuramente questo aspetto un po’ ha influito sul mio rendimento del primo set. Mi ci è voluto un po’ di tempo per leggere il suo servizio – Harris colpisce la pallina molto presto – e per capire le caratteristiche dei suoi colpi. In occasione della palla di break che ha trasformato nel primo set, per esempio, ero sicuro che avrebbe giocato un colpo totalmente diverso. Alla fine della seconda frazione comunque tutto è diventato chiaro ai miei occhi: ci ho messo un po’, ma ho capito cosa dovevo fare per non lasciarmi sorprendere. E alla fine sono soddisfatto, perché dopo il primo set ho mostrato una reazione convincente. E non è necessariamente un male aver perso la prima frazione: mi ha permesso di capire che il torneo era iniziato e che dovevo cominciare a giocare sul serio».
Intanto potenziali rivali per il successo finale come Tsitsipas, Thiem o Alexander Zverev sono già a casa: «È sorprendente, ma a volte queste cose succedono nel tennis. Anche io ho sofferto, ma per fortuna sono riuscito a cavarmela. Bisogna anche dire che l’erba non è proprio la superficie preferita di Thiem e di Zverev. Ma qui le cose vanno così: come ho già avuto modo di dire, la prima settimana a Wimbledon è complicata per tutti».
Superato l’ostacolo Harris. all’orizzonte si profila un altro turno tutt’altro che impossibile: domani Federer affronterà il 21.enne inglese Jay Clarke (ATP 169), presente nel tabellone principale grazie ad una wild card e capace di superare al primo turno il qualificato americano Noah Rubin. «Non ho mai giocato prima d’ora contro Clarke e devo ammettere che non lo conosco benissimo. L’ho visto giocare un po’ un paio di volte, ma nulla più. Comunque è già più di quanto conoscevo Harris: cercherò di non lasciarmi sorprendere e di cominciare l’incontro con il piede giusto».