Roger, il racconto dell’uomo dietro al campione

Fra i tanti volumi dedicati a Roger Federer, ne è spuntato uno con un formato piccolino, praticamente un tascabile, per le Edizioni Casagrande di Bellinzona. Il titolo, nella versione in italiano, riporta il nome di un nostro eroe nazionale, un moderno Guglielmo Tell. Nel sottotitolo due semplici sostantivi: il campione e l’uomo. L’autore è Simon Graf, giornalista del Tages-Anzeiger e della SonntagsZeitung, specialista di hockey, ma anche di tennis.
«La prima volta che incontrai Roger risale a una ventina di anni fa. Lo vidi giocare agli Indoors di Basilea contro André Agassi. Rimasi sorpreso. Allora non avrei mai immaginato che quel giovane sarebbe diventato uno dei più grandi sportivi del pianeta. Ebbi subito l’impressione che in questo gioco avrebbe comunque lasciato un segno importante, non solo in Svizzera», racconta Graf.
Oggi Simon può affermare tranquillamente di conoscere bene il nostro fenomeno del tennis. Altrimenti non avrebbe deciso di scrivere un libro. «Non è una biografia autorizzata – dice il giornalista – però chi l’ha letta, anche nel clan di Roger, mi ha testimoniato un apprezzamento. E lo stesso Federer (ndr: il testo originale in tedesco è stato pubblicato nel 2018) ha già firmato numerose copie».
Un racconto accattivante
Non ci sono numeri e statistiche, ma diversi brevi capitoli, che consentono al lettore di entrare nel mondo del campione. Un racconto accattivante, in cui emerge il personaggio nelle sue varie sfaccettature. Si parla di vittorie (tante), ma anche di cocenti sconfitte. Momenti difficili, debolezze e la voglia di migliorarsi sempre.
Ma perché Simon Graf ha deciso di proporre questo libro? «Ho avuto il privilegio di scoprire molte, moltissime cose sul suo conto parlando con lui e con persone a lui vicine, in campo familiare e sportivo. Ho pensato che fosse giusto condividere i miei pensieri con i lettori e con gli appassionati di tennis. E ho anche voluto partire da un momento difficile di Roger. Perché la vita di un asso del tennis non è fatta solo di rose e fiori».
Il 25 luglio 2013 infatti non è una data storica nella carriera di Roger. E il libro inizia proprio da lì. «È vero. Erano trascorsi 10 anni dal suo primo successo a Wimbledon. Roger si ripresenta a Gstaad e perde male contro Daniel Brands. È una stagione complicata. Poco prima, nel suo giardino a Wimbledon, era stato superato dallo sconosciuto Stakhovsky. Il vero carattere di una persona si vede nei momenti più difficili. Quel giorno, nell’Oberland bernese, è forse stato uno dei punti più bassi della sua carriera».
Graf è partito da una semplice considerazione e da un riferimento ai versi di Rudyard Kipling che fanno bella mostra di sé all’ingresso del campo centrale di Wimbledon: «Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina / E trattare allo stesso modo questi due impostori (...) / Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa/ E quel che più conta – sarai un Uomo figlio mio!».
«Quei versi della poesia intitolata ‘If’, scritti da Kipling nel 1910 per suo figlio John, che a distanza di pochi anni sarebbe partito per la Prima guerra mondiale e caduto al fronte, non possono passare inosservati da chi ha un minimo di sensibilità. E Roger, posso assicurarlo, ne ha tanta», dice Simon.
Il culto degli affetti
Così, tra un capitolo e l’altro, entriamo nel mondo di un campione che ha il culto degli affetti. «Roger ne cura parecchi – aggiunge il giornalista zurighese – . Innanzitutto quelli per la sua famiglia allargata, dalla moglie Mirka, suo primo manager, ai genitori. Poi ci sono i figli (ndr: ha due coppie di gemelli) e gli amici più cari, compresi gli allenatori che lo hanno seguito».
La lista è lunga: Carter, Lundgren, Roche, Lüthi, per un brevissimo periodo Higueras. Poi Annacone, Edberg e Ljubicic. «Allora – prosegue in nostro interlocutore – vorrei soffermarmi proprio sull’australiano Peter Carter, il primo coach di Roger, morto in un incidente d’auto il 1. agosto del 2002, l’anno che precede il titolo inaugurale a Wimbledon. Questo è stato un altro momento molto delicato di un giovane che non era il campione che è diventato. Ancora oggi i genitori di Carter considerano Roger una sorta di secondo figlio».
Graf ricorda il giovanissimo Roger («un ragazzo con la testa calda, che si sarebbe riscoperto zen»), gli infortuni («per fortuna non troppo numerosi») e il commento di Nadal («Mi capita spesso di giocare sopportanto un dolore. Credo sia così per tutti i grandi sportivi, tutti eccetto Federer»).
Gli aneddoti e l’ironia
Ma nel libro ci sono anche aneddoti sul ruolo fondamentale del preparatore fisico Paganini e sui tanti avversari più o meno noti. Prendiamone uno a caso. Simon lo sceglie con perizia: «Quando Roger conquistò il suo centesimo titolo in carriera lo scorso anno a Dubai, Blake disse che sua figlia gli chiese quanti ne avesse vinti lui. L’americano rispose 10. E la ragazzina replicò, ‘praticamente zero’. Il commento finale di Blake? ‘Anche con i miei figli Roger mi ha fatto fare una brutta figura’».