L'iniziativa

«Tolito» Aguirre e gli altri: ad Agno hanno sfilato le stelle del padel

La Go Academy è stata teatro, lunedì, di una giornata dedicata alla disciplina: in campo professionisti e amatori
© CdT/Gabriele Putzu
Matteo Generali
13.05.2025 16:00

Lunedì, alla Go Academy di Agno, il centro sportivo interamente dedicato a padel e tennis, è andato in scena un pomeriggio di grande sport grazie alla collaborazione tra la già citata struttura e il gruppo CC Watches. Un folto gruppo di padelisti amatori, tra cui l’ex pilota automobilistico Joël Camathias e Paolo Vallivero, hanno infatti avuto la possibilità di giocare contro e con diversi «pro player», tra cui il veterano Marcelo Capitani (di cui vi avevamo già parlato) e «Tolito» Aguirre, stella argentina del padel riconosciuto come uno dei giocatori con maggior estro dell’intero circuito. Oltre ad amatori e giocatori professionisti, anche un vero e proprio guru: Emiliano Carchia, esperto della disciplina dal grande seguito sui social network.

Leonel «Tolito» Aguirre, classe 1997 nato a Buenos Aires, come detto è uno dei giocatori più tecnici e imprevedibili al mondo. Assieme a Gonzalo «Gonza» Alfonso, compone una delle coppie più famose del padel. Già, perché i video delle strabilianti giocate del duo fanno ogni volta il giro del web.

Per Tolito, quella di lunedì non era la sua prima volta nel Canton Ticino: «Proprio cosi, sono già venuto alla Go Accademy tre o quattro volte» ci ha rivelato. «Questi incontri, con professionisti e non, sono sempre piacevoli e stimolanti. Il livello dei pro, scontato dirlo, è molto alto. Ma anche gli amatori si fanno valere. In Argentina e Spagna il padel è una realtà affermata da anni, ma la crescita che hanno avuto l’Italia, dove risiedo, e il Ticino è pazzesca. I campi oggi spuntano come funghi, questo non può che farmi felice».

Aguirre si è detto entusiasta anche perché, evidentemente, arriva da un’annata fantastica: «Esatto, non saprei come descriverla in modo diverso. Con Gonza abbiamo vinto 11 dei 16 tornei disputati nel 2024 e raggiunto posizioni davvero strabilianti in Premier Padel, il massimo livello della disciplina, nel 2025: due finali e una semifinale persa contro Galán e Chingotto. Abbiamo lavorato anni per arrivare fin qui, ora non ci accontentiamo: vogliamo crescere ancora».

Chi invece non era ancora stato in Ticino per il padel è Emiliano Carchia, romano ma da anni stabilmente fisso a Milano. Carchia dal 2018 crea e promuove contenuti, prima su un blog e poi sui social network, della disciplina che l’ha da subito affascinato. «Appena arrivato a Milano non sapevo come fare nuove conoscenze, complice una primordiale ascesa del padel ho deciso di iniziare anche io. Da subito è divenuta una droga, un aspetto ricorrente tra noi amanti dello sport». Prima il basket, quindi la racchetta. «Ho giocato a tennis da bambino. Ma non si può dire che abbia influito sul mio avvicinamento al padel. Ho scoperto questa disciplina vent’anni dopo aver smesso con il tennis. Nel mezzo ho creato un blog sul basket, tutt’ora in attività. Dopo la scoperta del padel, la creazione di uno spazio online a esso dedicato è stata quasi naturale».

E poi Instagram: «Già, ma lo sbarco in video è stato molto meno naturale. Sono un tipo timido, scrivere un blog è diverso che metterci la faccia. Mi sono fatto forza e ho iniziato a girare per i tornei più prestigiosi, intervistando i campioni mondiali della disciplina che mi ha stregato nel 2018. Il padel ha riscontrato un vero successo durante il Covid, iniziare due anni prima mi ha permesso di arrivare preparato al boom di notorietà».

Ecco, in quale condizione versa ora il padel: è ancora in crescita o si è stabilizzato? «A oggi il padel vede una lieve diminuzione di giocatori, ma quelli che si prodigano ancora hanno una cultura dello sport maggiore rispetto al 2018. Il giocatore medio conosce i grandi del circuito, forse solo per sentito dire, ma almeno è conscio dell’esistenza di tornei, livelli e professionisti. All’inizio si andava a giocare, ci si divertiva ma finiva lì. Adesso c’è dibattito su cui sia più forte, come si doveva giocare quella palla… Insomma, ci sono dei tifosi. In Italia stiamo aspettando un campione a livello mondiale, come il caso Sinner ha dimostrato, per diventare affezionati in massa. Ma questo, forse, non accadrà neppure tra cinque o dieci anni».