Tutti vogliono giocare contro l'Argentina di Messi

Cinque milioni di dollari. Come minimo. E solo per dare il la alle trattative. Se si vuole organizzare un’amichevole contro l’Argentina, infatti, ne servono molti di più. Sfidare la selezione campione del mondo e offrire al pubblico pure Leo Messi costa. Tanto. Molto di più, appunto, dopo il trionfo albiceleste a Qatar 2022. Di recente ne ha parlato anche il New York Times, quantificando in «una dozzina» le avance ricevute dalla Federcalcio argentina per misurarsi con questa o l’altra selezione maggiore. «In gran parte - leggiamo - provenivano dai mercati emergenti più redditizi dal punto di vista commerciale: Stati Uniti, Cina, Australia, Indonesia, Emirati Arabi Uniti. L’unica eccezione è stata l’improponibile proposta del Bangladesh». Nello specifico, si tratta di definire due incontri durante la finestra internazionale del prossimo giugno. E, va da sé, l’«A.F.A» e lo staff tecnico guidato da Lionel Scaloni intendono capitalizzare al massimo l’apice della notorietà. Sia sul piano competitivo - scegliendo l’avversario che più aggrada Fernandez e compagni -, sia su quello economico. Non solo. Se come sembra, ad aggiudicarsi 90 minuti con l’Argentina saranno Australia e Indonesia, a emergere prepotentemente saranno pure componenti di natura politica. Il primo match potrebbe tenersi in Cina, soddisfando l’interesse delle autorità australiane a rafforzare i legami extra-sportivi con Pechino. L’incontro in Indonesia permetterebbe invece ai funzionari argentini di sdebitarsi con la controparte: un mesetto fa, Buenos Aires era d’altronde subentrata alla Federazione indonesiana - esclusa dal torneo - per ospitare i Mondiali U20.
«Un obiettivo, più scenari»
Il prestigio dell’Argentina, in ogni caso, è alle stelle. Da oramai un decennio, anche la Nazionale svizzera si è però fatta un nome sulla scena internazionale. Non quello dei sudamericani, ovvio. Ma la prospettiva dell’ASF è senz’altra mutata: dal cercare uno sparring partner si è passati - molto spesso - all’essere cercati. A occuparsi in prima persona del tema è Damien Mollard, team manager della selezione maggiore. «Un tema interessante, quasi di nicchia: la Nations League, d’altronde, è nata per ridurre il numero di incontri amichevoli». Questi, però, rimangono necessari. E, in determinate situazioni, possono altresì rivelarsi molto preziosi. Pensiamo, banalmente, alla preparazione di un grande torneo. «Da quando rivesto questo ruolo, e cioè dopo i Mondiali del 2018, curo anche le negoziazioni con le altre federazioni in questo campo» indica Mollard. «Proprio negli scorsi giorni abbiamo affrontato il tema a Locarno, insieme allo staff tecnico. Se riusciremo a qualificarci direttamente a Euro 2024, la prima finestra internazionale da occupare con una o più amichevoli sarà in marzo. Dopodiché, non è da escludere un altro match a ridosso del torneo continentale». Ma come si sviluppano le riflessioni con Murat Yakin e i suoi collaboratori? «In sostanza - sintetizza il team manager rossocrociato - si tratta di rispondere a una domanda semplice e però strategica: quale avversario vogliamo affrontare? Nel caso delle possibili amichevoli a marzo 2024, c’è anche un margine di rischio. Bisogna infatti calcolare che prima d’inizio dicembre, quando si terrà il sorteggio dei gruppi ad Amburgo, non sarà possibile conoscere il nome delle potenziali sfidanti nella fase a gironi dell’Euro. E faccio un esempio: accordarsi con l’Inghilterra prima di quella data per poi scoprire di essere inseriti nello stesso gruppo non avrebbe senso. Di qui il mio lavoro, che deve sì preparare il terreno, ma contemplare anche più scenari».



La diplomazia in azione
In questa fase, andare a colpo sicuro è impossibile. «Sulla base delle esperienze passate, lo staff e la direzione delle squadre nazionali hanno però modo di esprimere auspici o dubbi anche di natura organizzativa» sottolinea Mollard. Per poi avanzare un esempio: «In marzo è preferibile disputare una o più gare in casa, mirando dunque a un’operazione interessante pure sul piano economico? Oppure, considerate le condizioni meteorologiche e dei campi non ottimali, sarebbe buona cosa andare in ritiro 10 giorni al caldo, pianificando in loco anche due partite non ufficiali?». Come suggerivamo per il caso argentino, a pesare non è tuttavia il solo aspetto sportivo. «Il segretario generale e il presidente dell’ASF possono essere attori protagonisti in queste negoziazioni» osserva Mollard. «Nell’ambito di un sorteggio o di un workshop UEFA, magari, hanno avuto modo di discutere con i responsabili di un’altra federazione e di apparecchiare un incontro tra le rispettive nazionali». Ecco la diplomazia in azione. «Se penso alle amichevoli del marzo 2022, il Kosovo ci aveva cercato a lungo» indica in merito il team manager della Nazionale. Il punto d’incontro è quindi stato il match da tutto esaurito giocato al Letzigrund. L’amichevole di qualche giorno prima con l’Inghilterra, invece, era nata diversamente. Ancora Mollard: «Avevamo affrontato gli inglesi nel quadro della Final Four di Nations League, nel 2019. E a margine di quella sfida siamo stati contattati dalla FA. Un invito, sì». Già, ma a quali condizioni? «A seconda della caratura della squadra, chi invita è chiamato a versare una quota alla federazione ospite. La cosiddetta “entry fee”. Non solo. I singoli contratti, che possono variare di volta in volta, stabiliscono quasi sempre la copertura delle spese per l’alloggio. Per intenderci, due o tre notti per un gruppo di 40-50 persone. L’Inghilterra l’ha fatto per noi, noi l’abbiamo fatto per il Kosovo». Pure il pagamento di voli e trasporti viene regolato o meno dai citati contratti. E l’incasso generato dalle entrate allo stadio? «Anche qui, dipende dal tipo di accordo. Solitamente, spetta alla federazione di casa. Può tuttavia capitare che per convincere una selezione blasonata, la Federazione accetti di destinare una percentuale dei ricavi agli ospiti». Una bussola, «puramente indicativa» precisa Mollard, la fornisce pure l’UEFA. Parliamo di una gerarchia di massima. All’avversario X, di primo livello e abituato a giocare nella Lega A di Nations, andrebbe riconosciuta la quota Y. Ma si tratta di indicazioni non vincolanti.
La lobby delle agenzie
Sin qui abbiamo parlato di trattative fra federazioni. «Spesso, però, c’è anche un terzo interlocutore. E parlo delle agenzie specializzate proprio nell’organizzazione di incontri internazionali e ritiri» rammenta Mollard. «A meeting e sorteggi ai quali partecipiamo, puntualmente, sono presenti anche loro. Spesso agiscono su mandato di una o l’altra federazione e in avvicinamento ai grandi tornei si sviluppa un vero e proprio business». Come una lobby, già. «Da queste realtà - prosegue il team manager - ricevo davvero tante offerte. Di continuo». La prudenza, in questi casi, è d’obbligo. «Abbiamo vissuto diverse esperienze positive, ma a volte non è andata così bene. Idealmente - evidenzia Mollard - la negoziazione diretta fra federazioni è da privilegiare. Personalmente la privilegio. Un margine di rischio, chiamando in causa una terza parte, va al contrario tenuto in considerazione». Ricordate il test pre-Mondiale con il Ghana disputato ad Abu Dhabi? Ecco, i rossocrociati si erano ritrovati nel caos e fra i bagagli di normali passeggeri sul volo decollato da Doha.
«Godiamo di un altro status»
Imprevisti a parte, negli anni la Svizzera ha visto crescere i propri margini di manovra. «La nostra immagine è cambiata, eccome» conferma Mollard. «Grazie alle qualificazioni costanti a Mondiali ed Europei, ma altresì alla partecipazione alla Lega A di Nations, godiamo di un altro status. Per dire: le selezioni interessate a trovare il giusto feeling con il gol non ci cercano più a ridosso di un grande torneo». Mollard riconosce però con umiltà e oggettività come la Nazionale elvetica «non sia ancora un avversario prescelto per riempire gli stadi. Non abbiamo Messi da offrire. A livello tecnico, invece, il rispetto è totale: se l’obiettivo è sfidare una nazionale allenante, tosta, beh, la credibilità della Svizzera è riconosciuta da tutti».



«Messi? Certo che la sua presenza fu una condizione»
L’ultima amichevole tra Svizzera e Argentina risale al febbraio del 2012. «E la presenza di Leo Messi, ci mancherebbe, fu posta come condizione nel contratto firmato con la Federcalcio ospite» rammenta Peter Gilliéron, all’epoca presidente dell’ASF. La Pulce giocò. O meglio, passeggiò sui rossocrociati, stesi con una tripletta. Le casse della Federazione elvetica, quantomeno, sorrisero. «Grazie a quella partita, e ai 30.500 spettatori accorsi al Wankdorf, riuscimmo a realizzare mezzo milione di utile» precisa Gilliéron: «Lo stesso, franco più, franco meno, accadde nell’estate del 2013, quando al St. Jakob di Basilea battemmo 1-0 il Brasile». Tutto molto bello e conveniente, dunque. O forse no? «Dipende» afferma sorridendo il nostro interlocutore: «Se non erro, la base dell’accordo con l’Argentina fu di 2 milioni. Ai quali, però, andava aggiunto l’hotel di lusso scelto dalla selezione sudamericana e altre richieste puntuali». Quali? «Federazioni di questo blasone possono pretendere gli introiti derivanti dai diritti tv e commerciali dell’amichevole» spiega Gilliéron. «Allora andò così». Ma in precedenza, riconosce l’ex presidente dell’ASF, andò anche peggio. «Negli anni Novanta sono stato pure segretario generale e organizzare amichevoli, a quei tempi, costituiva un autentico rompicapo. Fare incassi, con una Nazionale molto meno attraente e forte rispetto a quella attuale, era praticamente impossibile. Oggi la storia è cambiata. Anche perché le gare non ufficiali sono una rarità e l’UEFA fornisce una grossa mano». A guidare il mandato di Gilliéron - indica il diretto interessato - «è comunque stata la prudenza. Oltre all’amicizia che mi legava con tanti omologhi europei, con i quali era più semplice raggiungere intese nel segno della reciprocità. Prima si disputava un’amichevole in casa di uno e poi si replicava dall’altro. Il ricorso alle agenzie da parte delle federazioni non UEFA, invece, rendeva tutto più complicato».