Calcio

Xhaka ha vinto la Bundesliga: ma che cosa significa per la Svizzera?

Il centrocampista ha trascinato il Leverkusen alla conquista del primo titolo - L’impresa del capitano rossocrociato si rifletterà anche sull’Europeo? Con Sommer e Akanji, la Nazionale potrebbe contare su altri trofei - I leader vincenti, in passato, erano invece una rarità
Granit Xhaka, 32 anni, ha illuminato per l’intera stagione il centrocampo del Bayer. © AP/Martin Meissner
Massimo Solari
15.04.2024 23:30

L’odore della birra impiegherà ancora qualche lavaggio prima di scomparire. In Germania, d’altronde, la gloria sa anche di malto. Figuriamoci se per abbeverarsene si è dovuto attendere una vita. Sono trascorse poche ore dalla conquista della prima Bundesliga nella storia del club, e Leverkusen è ancora ubriaca. Una scommessa però la facciamo: dei protagonisti della travolgente cavalcata verso il titolo, Granit Xhaka è probabilmente fra coloro che hanno festeggiato in modo più sobrio. Che non significa rinunciare ad assaporare il momento. L’estasi. No, vuol semplicemente dire non perdere il controllo di una stagione tutto fuorché conclusa. Giovedì, per dire, il Bayer si gioca l’accesso alle semifinali di Europa League, contro il West Ham. A fine maggio, poi, ci sarà la fine della Coppa di Germania con il Kaiserslautern.

Due triplette nel mirino

A interessare i tifosi rossocrociati, tuttavia, è quanto capiterà dal 14 giugno in avanti. Tradotto: in che misura le prestazioni superlative di Xhaka si rifletteranno su Euro 2024. La questione non è irrilevante. Anzi. Parliamo in effetti del giocatore faro della Nazionale svizzera, e ciò al di là della fascia portata attorno al braccio. A differenza degli ultimi grandi tornei affrontati da capitano - Euro 2020 e Qatar 2022 -, la mentalità vincente del numero 10 rossocrociato godrà ora di una legittimazione per certi versi universale. Perché Granit è stato trascinatore e, una volta per tutte, ha altresì messo le mani su un grande campionato. Lo ha fatto senza perdere una partita (sin qui perlomeno) e accumulando statistiche impressionanti.

Di questo spessore e di questa cultura del successo dovrà fare tesoro la selezione guidata da Murat Yakin. Certo, a patto che Xhaka riesca a replicarne la dimensione lontano dal proprio club. E dal proprio guru Xabi Alonso. All’Europeo, ad ogni modo, la Svizzera non avrà in dote solo il prezioso bagaglio dell’ex giocatore dell’Arsenal. I leader vincenti, a questo giro, rischiano di essere almeno tre. Tutti in ruoli chiave. Con l’interista Yann Sommer, il gruppo elvetico potrà verosimilmente affidarsi a un campione d’Italia tra i pali. La solidità difensiva della Nazionale passerà inoltre dallo stato di forma e dallo status di Manuel Akanji, che - con il Manchester City - è favorito per la vittoria di Premier, Champions League e FA Cup. Sì, Xhaka e Akanji potrebbero presentarsi al raduno di San Gallo forti addirittura di due triplette. Il rovescio della medaglia? Arrivare all’Euro svuotati o, se preferite, a pancia piena. Possibile, anche se le ambizioni dei soggetti in questione sembrano suggerire l’opposto.

Il fattore Super League

Ribadiamo: l’atteggiamento dei singoli campioni e la rispettiva capacità di entrare in sintonia con un allenatore non per forza apprezzato saranno fondamentali. Mentre lo slancio di alcuni compagni meno profilati potrebbe favorire la chimica complessiva. Pensiamo ai bolognesi Freuler, Aebischer e Ndoye, in corsa per una incredibile qualificazione alla Champions League, e - perché no - alla spinta più o meno clamorosa data dalle competizioni svizzere: da un lato con il centravanti dello Young Boys Joël Monteiro, desideroso di festeggiare titolo e naturalizzazione in extremis, dall’altro con Renato Steffen - pupillo di Yakin - candidato al ruolo di miglior attore in una stagione che al momento vede il Lugano accarezzare sia il campionato, sia la Coppa.

La solitudine di Lichtsteiner

Al netto dei nazionali-campioni svizzeri e del loro peso relativo, in passato, in prossimità dei grandi tornei, i leader vincenti costituivano l’eccezione in Nazionale. Dai Mondiali del 1994 in poi, nel dettaglio, non sono mai stati più di due in rosa. Oltretutto, a differenza di quanto indicato per Xhaka, Sommer e Akanji, in posizioni meno impattanti. L’ultimo Mondiale, sotto le feste natalizie, ha vanificato il tema. I giocatori dell’undici tipo schierato a Euro 2020 non presentavano palmarès freschi di aggiornamenti. Il primo riferimento utile va dunque a Stephan Lichtsteiner, capitano rossocrociato e campione d’Italia con la Juventus alla vigilia di tre rassegne: i Mondiali del 2014 e 2018, oltre a Euro 2016. Ma, appunto, parliamo di un terzino. Xherdan Shaqiri? D’accordo, poco prima della Coppa del Mondo in Brasile aveva celebrato la seconda Bundesliga con la maglia del Bayern Monaco. E però giocando a singhiozzo e saltando pure il finale di stagione per un infortunio.

Il 1996 con Chapuisat e Sforza

Sotto la gestione di Ottmar Hitzfeld, in occasione dei Mondiali del 2010 e del 2014, Champions e titoli nazionali erano esposti in panchina. A meno di non voler sovraestimare la Coppa Italia festeggiata dal Napoli di Inler, Behrami e Dzemaili (2014) o l’Eredivisie vinta da Blaise Nkufo con il Twente (2010). Prima dell’Europeo casalingo del 2008 e dei Mondiali del 2006 solo Patrick Müller aveva fatto la voce grossa in Francia, con la maglia del Lione. Stesso discorso nel 2004, tenuto conto che Ludovic Magnin aveva assistito dalla panchina alla doppietta Bundesliga+coppa firmata dal Werder Brema. Se anche a USA ‘94, con Roy Hodgson, il fuoriclasse si muoveva a bordo campo, agli Europei del 1996 la Svizzera si era invece presentata con due pezzi da novanta: Stéphane Chapuisat, fresco di titolo con il Borussia Dortmund, e Ciriaco Sforza, giunto alle sue spalle in campionato e tuttavia capace di sollevare la Coppa UEFA insieme al Bayern Monaco.

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