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Come tenersi stretto il personale qualificato

9 consigli alle aziende per mantenere i propri talenti
La stabilità in un team fa bene al clima aziendale e al bilancio dell’impresa. Foto: Getty Images/Maskot
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03.11.2025 00:15

Contenuto pubblicato su mandato del partner inserzionista, che ne assume la responsabilità redazionale.

Quando il personale qualificato se ne va, porta con sé le proprie conoscenze. Trovare una nuova persona e formarla è costoso e richiede tempo. Ma cosa possono fare le aziende per far sì che il personale migliore sia soddisfatto? Un’esperta di risorse umane fornisce dei consigli in merito.

Riorientamento, cambio di domicilio, situazione familiare, pensione: è normale che nelle aziende si verifichino fluttuazioni del personale. Tuttavia, non è sempre facile trovare un sostituto o una sostituta equivalente e con le stesse qualifiche. Soprattutto nei periodi in cui il personale qualificato scarseggia. Inoltre, sostituire i dipendenti è costoso. L’istituto per gli studi sul mercato statunitense e sulla pubblica opinione Gallup stima che, in seguito alle dimissioni di un lavoratore o di una lavoratrice, trovare un successore soddisfacente può costare la metà ma anche il doppio del suo stipendio annuo. Quindi, se si verificano fluttuazioni su larga scala, ad esempio a causa di insoddisfazioni, possono verificarsi effetti negativi sull’attività commerciale.

Vale quindi la pena di adottare delle misure per una buona fidelizzazione del personale. Tanto più che oggi i dipendenti e le dipendenti hanno meno problemi a licenziarsi, come dimostra il Workmonitor 2025 di Randstad, uno dei maggiori fornitori di servizi del personale al mondo. I più propensi a cambiare lavoro appartengono alla generazione dei millennial, cioè coloro nati tra il 1981 e il 1996. Considerando tutte le fasce d’età, il 54% dei lavoratori e delle lavoratrici in Svizzera si licenzierebbe se il posto in questione impedisse loro di raggiungere l’equilibrio auspicato tra lavoro e vita privata. Nel 2024 la quota era del 50%. Il 50% darebbe forfait se non si sentisse coinvolto nel proprio lavoro. L’anno precedente era solo il 24%.

Ciò dimostra che la possibilità di raggiungere un buon equilibrio tra lavoro e vita privata e l’integrazione stabile in un team sono due fattori che possono legare il personale all’azienda. A cos’altro dovrebbero prestare attenzione le aziende affinché il loro personale rimanga fedele? Anita Reller, Operational Talent Solutions Director e membro della direzione aziendale presso Randstad, ci informa in merito.

Condivide con noi il suo ricco bagaglio di esperienze: Anita Reller, Operational Talent Solutions Director e membro della direzione aziendale presso Randstad. Foto: Getty Images/Maskot
Condivide con noi il suo ricco bagaglio di esperienze: Anita Reller, Operational Talent Solutions Director e membro della direzione aziendale presso Randstad. Foto: Getty Images/Maskot

1. Non solo parole, ma anche fatti

Se si vuole mantenere la propria forza lavoro in azienda, le parole devono essere accompagnate dai fatti. «È una delle cose più importanti», sottolinea Anita Reller. «Non basta parlare o scrivere di misure volte a rafforzare la fidelizzazione del personale o condividere post sui social media: occorre anche metterle in pratica. Solo così si arriva al cuore delle persone». In altre parole, scrivere nelle linee guida di aver introdotto la settimana di quattro giorni o di offrire l’home office due volte a settimana per un buon equilibrio tra lavoro e vita privata non è sufficiente. «Occorre che queste misure diventino una prassi reale all’interno dell’azienda».

2. Offerta di corsi di perfezionamento e favorire la crescita professionale del personale

Il 64% delle persone intervistate nell’ambito di Workmonitor 2025 ritiene importanti le opportunità di formazione e sviluppo. Per molte di loro sono addirittura essenziali e fanno la differenza per l’accettazione o meno di un posto di lavoro. I corsi di perfezionamento più richiesti riguardano l’IA (34%), le conoscenze informatiche e tecnologiche (27%) e le competenze manageriali e di leadership (21%). Tuttavia, offrire corsi di formazione non basta. «È altrettanto importante favorire la crescita personale – lateralmente allo stesso livello o verso l’alto, quindi verso un livello più alto», afferma Anita Reller. Tra gli strumenti validi si annoverano, ad esempio, i talent pool o la possibilità di collaborare a progetti speciali. «Ma il personale va accompagnato. In questo caso, la figura di riferimento è il diretto superiore».

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3. Management alla pari

Per Anita Reller il management di un’azienda è decisivo. «La cosa più controproducente quando si parla di fidelizzazione del personale è quando i manager rimangono chiusi nella loro torre d’avorio e prendono decisioni dall’alto su collaboratori e collaboratrici, che questi ultimi non comprendono. La distanza tra la torre e il suolo è semplicemente troppo grande». A suo avviso i dirigenti dovrebbero «scendere in campo» il più spesso possibile in prima persona ed essere vicini al personale. E le cose, se necessario, non dovrebbero essere gestite «dall’alto», ma da vicino.

4. Deep talk anziché small talk

I superiori dovrebbero confrontarsi regolarmente con le persone direttamente subordinate, parlando non solo di daily business e key performance indicator, i cosiddetti KPI, ma anche di come collaboratori e collaboratrici li raggiungono, di come si sentono nel farlo e di come si può offrire loro aiuto. «È un processo che richiede molto tempo, ma se si vuole davvero che le persone rimangano, è necessario», afferma Anita Reller. E sottolinea: «Il tempo è ben investito, se si pensa a quanto più sia costoso dover sostituire qualcuno».

5. Comunicare in modo chiaro e sincero

Un approccio top-down alla leadership può essere necessario, soprattutto quando si devono prendere decisioni che non piacciono a tutti. «Per la fidelizzazione del personale, però, questo modo di condotta non è utile», sottolinea Anita Reller. In questo senso vale la pena coltivare uno stile gestionale collaborativo. «Così si accompagnano le persone lungo il percorso». A tal fine è fondamentale comunicare in modo chiaro e sincero. «Questo crea stabilità e favorisce la permanenza del personale qualificato». Per una comunicazione chiara, però, è necessario conoscere prima la direzione in cui si vuole andare. «Tuttavia, in questo periodo di trasformazione digitale molte aziende non sanno ancora dove sono dirette». In questo caso è opportuno comunicare che non si può ancora essere chiari. «È qualcosa che molte persone non riescono a fare e, come conseguenza, collaboratori e collaboratrici abbandonano l’azienda».

6. Verificare cosa ha più senso per la propria azienda

Una soluzione per tutti? Secondo Anita Reller, per quanto riguarda la fidelizzazione del personale non esiste. «Bisogna sempre considerare cosa è meglio per l’azienda, per sé stessi e per il team, a seconda delle circostanze». Sicuramente in alcune aziende il salario e gli eventuali bonus fanno la differenza. Ma il Workmonitor 2025 dimostra che rispetto al passato, il denaro è solo al terzo posto come fattore motivante con il 78%. Al secondo posto figura l’equilibrio tra lavoro e vita privata (79%), che può essere rafforzato anche con ulteriori giorni liberi. Al primo posto troviamo la stabilità lavorativa (81%). È anche molto importante che i dipendenti si sentano integrati.

Una buona convivenza aiuta a fidelizzare il personale. Foto: Getty Images/Maskot
Una buona convivenza aiuta a fidelizzare il personale. Foto: Getty Images/Maskot

7. Gestire bene i licenziamenti

Non è importante solo un buon inserimento in un nuovo posto di lavoro, affinché il personale si senta a proprio agio: anche il modo in cui ci si congeda ha un effetto. «A volte bisogna lasciar andare delle persone affinché possano crescere professionalmente in un’altra azienda. Oppure perché non si è più compatibili», afferma Reller. In queste situazioni occorre ricordare che «Il resto del personale vede come ci si congeda da chi se ne va. Se si organizza questa fase in modo benevolo, ad esempio sostenendo la persona che sta lasciando l’azienda fornendole referenze o aiutandola nella ricerca di un nuovo posto di lavoro, si fidelizza chi rimane».

8. Lasciarsi ispirare da altre aziende

Secondo Anita Reller, studiare il modo in cui le altre aziende si occupano della fidelizzazione del personale può essere interessante e far nascere nuove idee. Tuttavia non va dimenticato che collaboratori e collaboratrici sono esperti in questo settore. «Ciascuno ha i propri motivi per rimanere o per andarsene. Tutto quello che si deve fare per saperne di più è parlare con le persone e ascoltarle». È consigliabile dialogare regolarmente con collaboratori e collaboratrici fin dall’inizio, non solo al momento del congedo.

9. Richiedere una consulenza quando non si sa che fare

In caso di dubbi o se non si vuole riuscire a fidelizzare i collaboratori nel modo giusto, può essere utile richiedere una consulenza professionale. Randstad può ade esempio essere d’aiuto nella creazione di un pacchetto retributivo ottimale. Oppure con analisi e studi su misure che rafforzano il marchio del datore di lavoro. «Abbiamo esperti ed esperte molto competenti che sanno trovare il potenziale nelle aziende», afferma Anita Reller. «Inoltre il nostro Workmonitor, pubblicato annualmente da 22 anni, ma anche la nostra newsletter, offrono preziosi spunti per persone con una posizione dirigenziale». E se, nonostante tutti gli sforzi, una figura qualificata dovesse lasciare l’azienda, in caso di necessità Randstad può offrire supporto nella ricerca di un nuovo profilo per quel ruolo.

Questo è un contenuto a pagamento presentato da Randstad