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CARUSO/«UNA SECONDA GIOVINEZZA NEL SEGNO DEI GIOVANI»

Come sono lontani i tempi in cui il nome Maghetti faceva storcere il naso dei luganesi. Il successo di quest’area non è arrivato per caso, è servita pazienza e il coraggio di puntare su formule nuove, come ci ricorda Riccardo Caruso, il direttore della Fondazione Maghetti.
Red. Online
13.12.2022 16:10

 

Direttore Caruso, qual è il ruolo della Fondazione Maghetti?  

Il nostro mandato storico risale al 1830, quando la famiglia Maghetti donò questa superficie a condizione che venisse usata per promuovere l’educazione e la formazione della gioventù ticinese. Nacquero così l’orfanotrofio, l’educandato e l’oratorio. La grande intuizione di Angiola Maghetti fu quella di non legare la donazione a un’opera specifica; questo ci ha permesso, nel corso degli anni, di adeguare il nostro operato ai mutamenti sociali e alle differenti esigenze della cittadinanza.  

 

Il Quartiere Maghetti ha vissuto varie trasformazioni nel corso della sua storia: nel 1984 la nascita dell’attuale forma architettonica, nel 1999 il primo restyling a firma di Mendini e dal 2017 la rivisitazione degli spazi commerciali. Ma qual è la stata la chiave che ha dato lo slancio definitivo all’area?  

Come prima cosa direi che si è dimostrata vincente la scelta di progettare tenendo conto della vocazione del quartiere, concepito non come una mera area commerciale, ma come luogo vivo e aperto alla comunità. Negli ultimi anni, poi, abbiamo fatto un salto di qualità, sia sotto l’aspetto estetico/architettonico che su quello dei contenuti. Ci ha aiutato anche la riqualifica della pavimentazione pedonale di tutta la zona, con il centro cittadino che sembra essersi apparentemente spostato verso di noi.  

 

Quali riscontri sono arrivati da residenti, commercianti e dal resto dei luganesi sul nuovo Maghetti?  

Dopo il restyling del 2019 mi è capitato personalmente di sentire i commenti positivi dei passanti, stupiti dalla trasformazione e dalla vitalità del quartiere (una media di 2500 passaggi giornalieri). Negli esercenti abbiamo riscontrato un’accresciuta consapevolezza e un maggior coinvolgimento: basti pensare alla sfilata di moda di quest’anno, nata su loro iniziativa.  

Con nostro stupore, siamo diventati terra d’elezione per tante attività familiari e locali, non soltanto per brand internazionali. Si è creato un comparto commerciale molto variegato, che ha colto al meglio la caratteristica del Maghetti: un quartiere di multiservizi, non uno shopping center. Anche dai residenti abbiamo ricevuto feedback positivi: il residenziale è rinato grazie alla ristrutturazione degli appartamenti e alla risoluzione dei problemi di quiete notturna. 

 

Come si inserisce la rigenerazione del Maghetti in un contesto più ampio come quello di Lugano?  

Il Maghetti è sempre stato una presenza rilevante e connotativa della città, sia dal punto di vista storico sia come presenza fisica nel cuore di Lugano.  

In questo senso, il progetto di restyling ha saputo coniugare la necessità di riqualificare il quartiere, con la volontà di offrire qualcosa di bello e innovativo alla comunità.  

Siamo diventati un’importante forza propulsiva - seconda sola al LAC - di eventi e contenuti culturali innovativi, tant’è vero che siamo diventati molto attrattivi anche per i turisti e per tante associazioni che hanno bussato alla nostra porta.  

 

Una delle presenze storicamente e culturalmente rilevanti per il quartiere è il cinema Iride, che da settembre è passato sotto la direzione artistica di Joel Fioroni.  

È stato un ideale passaggio di testimone quello tra Ferruccio Piffaretti e Joel Fioroni. A Ferruccio saremo eternamente grati per aver saputo trasformare un piccolo cinema oratoriale in una prestigiosa sala d’essai. La direzione di Fioroni si adegua ai tempi moderni, puntando su proiezioni innovative (l’arte e l’Opera al cinema) e valorizzando le sinergie con gli altri commerci del quartiere: penso ad esempio al pacchetto «aperitivo + biglietto”, offerto in collaborazione con alcuni esercenti.  

 

Un altro elemento trainante del Maghetti è la musica, penso per esempio ai café-concert. Cosa dobbiamo aspettarci nel 2023?  

Quello dei café-concert è stato un esperimento positivo che replicheremo nel 2023, ma riprogrammandoli al sabato. L’idea generale dietro tutte le iniziative del Maghetti è di far vivere il quartiere 365 giorni all’anno, non soltanto durante i grandi appuntamenti.  

Grazie a questa nuova vitalità, il quartiere è diventato attrattivo anche per i giovani. Progetti per il futuro?  

Posso anticipare che nel 2023 attiveremo una collaborazione importante con una scuola che ci ha scelto per presentare i lavori dei propri studenti. Passo dopo passo, stiamo attivando sinergie e convergenze con società civile e mondo culturale, non ultima quella con l’università USI attraverso il Litorale. Ma l’attenzione verso le nuove generazioni sta anche nella modalità di selezione dei nuovi esercenti: qui abbiamo dato priorità a imprenditori giovani che si riconoscevano nello spirito del Maghetti.