Medicina di prossimità dalla Moncucco alla Santa Chiara

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LUGANO - Con l’acquisizione della Clinica Santa Chiara di Locarno, al termine di una trattativa avviata nella primavera del 2021, la Clinica Luganese Moncucco ha varcato il Ceneri differenziando anche geograficamente i propri ambiti di attività medica. Anche alla luce di questa importante operazione, abbiamo chiesto al direttore della Moncucco, Christian Camponovo, quali sono le prospettive di sviluppo del Gruppo, i progetti e gli investimenti previsti nelle varie specialità.
Iniziamo da
qui: cosa cambia nella vostra strategia con l’acquisizione della Santa Chiara?
L’intenzione è di continuare a sviluppare
su entrambe le cliniche quella che chiamiamo “medicina di prossimità”, quindi rispondere
ai bisogni della popolazione - luganese per la Moncucco e locarnese per la Santa
Chiara - offrendo servizi di qualità e di ampio spettro. Ci rivolgiamo soprattutto
ai pazienti anziani, che presentano più di una patologia e problemi di salute
ricorrenti, i cui bisogni, quindi, tendono ad aumentare. In questo senso
proseguiremo l’attività già avviata alla Moncucco e la svilupperemo anche alla
Santa Chiara. Penso in particolare al reparto di geriatria, già punto di forza
a Lugano, con la traumatologia dell’anziano, dove il paziente è seguito non
solo in occasione di fratture o problemi funzionali, ma viene preso a carico a
360 gradi, prima, durante e dopo l’evento traumatologico, il che si rivela non
solo necessario ma anche di estrema utilità. Una parte considerevole del nostro
impegno sarà dunque concentrata in questa direzione.
Ma in
particolare sul fronte Santa Chiara?
Con questa acquisizione intendiamo
arricchire l’offerta al paziente, investendo nella chirurgia spinale, legata alle
problematiche della schiena, sia per la parte chirurgica che per quella conservativa.
Abbiamo anche in programma di riprendere il progetto della ginecologia, che
avevamo accantonato nel 2013 in quanto, non trattando parti e casi di
ostetricia, era rimasto un reparto marginale. Potendo garantire ora tali servizi sui due
siti, possiamo pensare di riprendere questi progetti.
Come e quando
nasce il progetto orto-trauma?
Legato
soprattutto alla traumatologia dell’anziano, ma non solo, il progetto
orto-trauma nasce tra il 2010 e il 2012, quando vennero pubblicati i primi studi,
effettuati in Germania e a Basilea, sull’importanza della presa a carico multidisciplinare
delle fratture. Divenne evidente, in altre parole, che trattare il paziente non
solo dal punto di vista meccanico, ma internistico e a livello globale, portava
a risultati migliori nella cura dei traumi, nel recupero dell’autonomia e nella
prevenzione delle recidive. Tali studi ribadivano il ruolo centrale del
geriatra e del traumatologo che, collaborando con il chirurgo influivano
positivamente, nel medio termine, anche sulla sopravvivenza dell’anziano.
L’apertura del
pronto soccorso notturno della Moncucco
Questo tema s’inserisce
nel discorso della medicina di prossimità. La Moncucco per tanti anni ha avuto
un pronto soccorso che aveva il limite della chiusura notturna. Nel tempo è aumentato
il grado di specializzazione e di gravità dei casi trattati dalla clinica, il
che ha comportato un aumento della richiesta di presa a carico durante la notte
di pazienti con problemi di salute gravi, magari già trattati in clinica, ma
che non potevamo prendere a carico se il PS era chiuso. Abbiamo così iniziato a
pensare di aprire il pronto soccorso sulle 24 ore, dandoci un orizzonte tra il
2020 e il 2025, ma la prima ondata della pandemia ci ha costretti ad accelerare
i tempi. Così, adesso il nostro pronto soccorso è aperto anche di notte. Abbiamo
da poco ultimato la realizzazione dei nuovi spazi e disponiamo di un accesso
separato dall’ingresso principale, passo indispensabile per garantire l’apertura
notturna e una gestione ottimale dell’afflusso di pazienti.
Farete lo
stesso alla Santa Chiara?
Inizialmente il pronto
soccorso alla Santa Chiara era aperto anche durante la notte, tuttavia, abbiamo
deciso di chiuderlo perché – come avviene alla Moncucco - desideriamo avere dei
medici specialisti sempre presenti durante i turni di apertura. E oggi a Locarno
non siamo in grado di garantire la presenza sulle 24 ore di tali medici, così
abbiamo preferito concentrare le forze durante il giorno, anche se non
escludiamo, a tempo debito, di tornare a aprire il pronto soccorso sulle 24
ore.
La Clinica Moncucco
è considerata il punto di riferimento per i pazienti anziani in Ticino: vi dà
fastidio questa etichetta?
No, al contrario.
Ci fa piacere, in quanto dal 2003 la Clinica ha investito molto nel campo della
geriatria, arrivando a creare il reparto più grande del Cantone. Attualmente
abbiamo cinque geriatri attivi in clinica, e contiamo oltre 1’200 pazienti
ospedalizzati ogni anno. Non non ci dà fastidio essere riconosciuti soprattutto
come una clinica che dedica particolare attenzione al paziente anziano, ma siamo
profilati anche in altri settori ed è importante per noi far conoscere le altre
nostre specialità e competenze, come ad esempio la traumatologia in generale, e
non solo dell’anziano. Sempre più spesso arrivano da noi pazienti portati dalla
ambulanza o che chiedono spontaneamente di essere ricoverati alla Moncucco. Il
rischio reale, dopo l’apertura del nuovo pronto soccorso è semmai quello di
soffrire del successo della struttura; per questo stiamo investendo in
personale per riuscire a gestire un numero di pazienti in rapida crescita. Questa
è la dimostrazione che il servizio è richiesto e apprezzato dalla popolazione.
È evidente, in essa, un’abitudine sempre più diffusa di rivolgersi al pronto
soccorso piuttosto che al medico di famiglia. Senza nulla togliere a questo modello
‘tradizionale’, ma dobbiamo prendere atto di questa tendenza, e ricordare che a
noi spetta, in primis, rispondere ai bisogni della popolazione.
Quanto ha influito
il Covid sul vostro successo?
La pandemia in
parte ci ha portato dei vantaggi e in parte l’abbiamo subita. Ci sono stati pro
e contro in questa situazione. Non dobbiamo dimenticare che per parecchi mesi la
Clinica è stata totalmente impegnata nelle cure Covid, e questo ci ha limitato non
poco nella gestione delle altre attività. Ci hanno rimesso sia i medici sia i
pazienti, nel senso che per un lungo periodo non abbiamo potuto prendere a
carico determinati casi, non per mancanza di volontà, ma perché oggettivamente
non eravamo in grado di farlo, avendo gran parte del personale – per esempio
quello dedito all’attività operatoria – impegnato a gestire le cure intensive. Sicuramente
in quel periodo si è parlato tanto della Clinica Moncucco, ci siamo fatti conoscere
e abbiamo dimostrato di essere pronti ad una sfida impegnativa come è stata la
pandemia.
E avete
investito molto sulle cure intense…
Certo, e a questo
livello abbiamo acquisito punti importanti. Con l’aumento dei posti letto - siamo
passati da 6 a 28 - abbiamo vissuto un’esperienza unica che nessun’altra clinica
privata ha fatto in Ticino. È stata un’occasione straordinaria che ci ha
permesso di acquisire competenze ed arricchire la nostra esperienza con
pazienti particolarmente gravi ed impegnativi in termini di tipologia di cure. Anche
il pronto soccorso ha approfittato di questo periodo per accrescere le proprie competenze
grazie al flusso di pazienti Covid che dovevano convivere con altri pazienti.
Penso alle nuove terapie per il coronavirus, soprattutto per quanto riguarda
gli anticorpi monoclonali. Più in generale, abbiamo potuto beneficiare della presenza
di molti specialisti che già collaboravano tra loro. Soprattutto durante la
prima ondata, quando abbiamo imparato che la malattia non si manifesta in modo monodimensionale
ma colpisce diversi apparati e sistemi dell’organismo, e che per la sua cura
occorre un team di specialisti diversi. L’avere già un’esperienza consolidata nella
gestione multidisciplinare del paziente rispetto ad altre strutture ha dato un’accelerazione
alle dinamiche positive di questo modus operandi, apportando un notevole vantaggio
alla nostra realtà.