Vis-à-vis

«Il nostro compito è anche formare futuri cittadini consapevoli»

Franco Gervasoni racconta i suoi 14 anni alla testa della Supsi, oggi diventata una scuola universitaria professionale riconosciuta.
19.05.2022 07:00

Gli aggettivi con cui descrive quella che in fondo è, anche, una sua creatura, sono concreta, innovativa e collaborativa. E in questi si riconosce in toto. «D’altro canto l’istituzione ti contagia, e viceversa», osserva Franco Gervasoni, direttore generale della Supsi. Da quattordici anni alla testa di quella che oggi è diventata una delle nove scuole universitarie professionali riconosciuta dalla Confederazione, Gervasoni - 55 anni, di formazione ingegnere civile, due figli, 12 e 15 anni, che nel tempo libero ama fare sport, viaggiare e godersi la famiglia - è orgoglioso di ribadire i cardini su cui si fonda l’istituto. Diventati vieppiù concreti e forti: originalità, interdisciplinarità, partenariato, territorialità e internazionalità. «Sono sufficientemente pragmatico, orientato costantemente a pensare e a fare in modo che le aspettative dei nostri molteplici portatori di interesse, studenti in primis, vengano soddisfatte». E la SUPSI, di successi ne ha conseguiti. Tanto per citare gli ultimi, i due nuovi campus, a Mendrisio e a Lugano Viganello, inaugurati nel 2021, che hanno segnato un cambio di marcia anche nell’attrattiva dell’università professionale. Mendrisio accoglie il Dipartimento ambiente costruzioni e design. A Lugano-Viganello hanno sede il Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI, l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale, affiliato a entrambe le istituzioni universitarie ticinesi, le Facoltà di scienze informatiche e di scienze biomediche dell’USI. «La Supsi in questi anni è cambiata molto sotto più punti di vista. Si è sviluppata, è cresciuta, sia in termini qualitativi che quantitativi, in un numero crescente di ambiti disciplinari, nella formazione e nella ricerca. E soprattutto ha saputo collaborare in rete con aziende, organizzazioni e istituzioni accademiche. Non per niente è conosciuta e riconosciuta nel panorama accademico nazionale e, per alcuni ambiti, anche internazionale».

Le esigenze della formazione

Ma Gervasoni non è una persona che si accontenta, che si rilassa sui traguardi raggiunti. «C’è ancora molto da fare. Sempre. Una realtà come la nostra deve essere in continua evoluzione, stare al passo con i tempi, rispondere alle nuove esigenze che vengono poste nei diversificati settori di attività». Un cruccio, se così possiamo definirlo, è non essere riuscito ad inaugurare il campus alla stazione di Lugano, ancora in stand by. «Vorrei tanto vedere realizzato quell’edificio, elemento prezioso nello sviluppo della scuola. Portare 2000 persone al giorno a muoversi con il trasporto pubblico sarebbe un contributo allo sviluppo della cultura della sostenibilità nell’intero Cantone». Ma lascia intendere che, comunque sia, i successi conseguiti non devono frenare i progetti futuri, in ogni ambito e disciplina. «Ci sarà da lavorare», ribadisce. Anche per sviluppare ulteriormente e rendere più forte la coesione all’interno della Supsi nell’ambito del polo universitario ticinese. Intanto, Gervasoni osserva con soddisfazione la nuova legge sulla promozione e il coordinamento del sistema universitario svizzero che, spiega, «ha messo sotto un unico cappello diversi tipi di università, e abbiamo partecipato attivamente nella creazione di questo nuovo paesaggio accademico nazionale. E cito l’integrazione dell’Alta scuola pedagogica nella SUPSI, altro tassello importante che s’è aggiunto negli anni».

La lezione del Covid

Il pallino di Gervasoni è portare avanti uno sviluppo sostenibile di tutte le discipline offerte dalla Supsi. «La società cresce bene se si sviluppano tutte le sue competenze. E in questo senso il Covid ha rivalutato tutta una serie di professioni che davamo per scontate, che non erano adeguatamente considerate, penso ad esempio a tutto ciò che ruota attorno all’educazione, alle cure, al sociale, alla sanità in generale». E per un attimo ripercorre quei terribili mesi di pandemia. Che hanno stravolto il modo di lavorare e richiesto un impegno straordinario tutti noi. La risposta di colleghi, colleghe, studentesse e studenti è stata straordinaria, permettendo la continuità formativa e lo svolgimento di tutti i progetti che erano attivi, compresi gli impegnativi traslochi nei nuovi Campus». Un indubbio elemento di forza della Supsi è saper coinvolgere gli studenti, far sì che si sentano parte dell’istituzione. L’aspirazione dell’università dell’esperienza dell’istituto non è solo quella di formare professionisti ben preparati, ma anche dei cittadini consapevoli, capaci di costriuire conoscenze utili anche al proprio sviluppo personale e a quello della comunità di studenti in cui sono inseriti. «Non per niente, all’interno della realtà elvetica siamo rispettati. Per l’attività di ricerca siamo l’università che, in proporzione, ne fa di più; nei progetti europei siamo fra i più attivi. Tutti indicatori che ci fanno pensare di essere ben inseriti in un sistema molto competitivo con la virtù di saper collaborare con gli altri, consapevoli dei nostri limiti e delle nostre forze».

Studenti e docenti

Dalla SUPSI ogni anno escono un migliaio di allievi laureati, oltre 8000 professionisti seguono le offerte di formazione continua. Ci si avvale della collaborazione di oltre 1300 persone a contratto e del coinvolgimento più puntuale di oltre 3000 professionisti». Negli anni è aumentata l’eterogeneità degli studenti ed è cresciuta l’età media.

Se non fossi qui…

E se Gervasoni non fosse direttore generale della Supsi? «Farei un lavoro a contatto con le nuove generazioni e che permetta di generare valore aggiunto. È fondamentale insegnare ai giovani l’importanza dell’impegno, della responsabilità, dello studio. Solo così si possono raggiungere obiettivi e traguardi. Valori che cerco di far passare anche ai miei figli. Più di tante parole contano i fatti, come l’esempio intendo dire». II

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