TREKKING & PANORAMI / Escursioni

Il Sentiero del Mercato

Questo sentiero era l’antica via che collegava le Centovalli a Locarno. Come ricorda il nome era molto frequentato soprattutto nei giorni in cui i contadini si recavano in città per vendere i loro prodotti e per fare le spese. Il percorso si snoda tra Camedo e Intragna, a mezza montagna, in una regione boscosa e verdissima. Soprattutto nella prima parte presenta parecchie testimonianze storiche ed etnografiche di grande interesse. L’escursione richiede tra le 4 e le 5 ore di cammino, ma vale la pena di dedicarle un'intera giornata per assaporare i panorami, le architetture rustiche e i nuclei, situati su terrazzi, che si attraversano. Si consiglia di raggiungere Camedo con il trenino delle Centovalli, e di rientrare da Intragna a Locarno di nuovo con la ferrovia.
Giò Rezzonico
Carla Rezzonico
Giò RezzonicoeCarla Rezzonico
01.01.2022 12:00

 

 

La Centovallina, tanto panoramica quanto lenta, attraversa la valle passando su altissimi ponti che scavalcano le gole della Melezza e arriva a Camedo in circa un’ora di piacevole percorso partendo da Locarno.  

Negli anni ’60-70 il piccolo paese di confine era molto frequentato dagli Italiani per il rifornimento di quei generi di consumo (dadi per il brodo, caffè, sigarette) che in Svizzera costavano meno che oltre frontiera e anche i lavoratori frontalieri prima di tornare in Val Vigezzo una sosta per il pieno di benzina la facevano. Il contrabbando di sigarette era ancora fiorente, mentre quello del riso era finito già nel dopoguerra.

Qualcuno ricorda le donne che scendevano da Monadello e Moneto con il gerlo sulle spalle per fare la spesa al camion della Migros. E racconta che tra il 29 aprile e il primo maggio la gente di queste terre andava al Santuario di Re per la festa della Madonna.

  

L'itinerario

Lasciata la stazione della Centovallina, si sale verso Borgnone seguendo la strada carrozzabile e passando accanto a un rigoglioso vigneto, situato nei pressi dell’oratorio di Camedo. Anche a Borgnone c’è qualche pergola; bella e interessante la chiesa, con la Cappella delle Anime che porta l’iscrizione «fabricata con le elemos (ine) et fatiche dele quatro terre di solivo (e cioè Camedo, Borgnone, Costa e Lionza, ndr) anno 1677». Due fratelli Tondù di Lionza furono i «fondatori di questa sacristia il dì primo 7bre 1691».

Poco dopo Borgnone, appena sotto la strada, si scorge una cappella; un cartello segnala il Parco dei mulini. Si tratta dei resti di un antico maglio, di un lavatoio e di alcuni mulini che testimoniano l’esistenza di un piccolo centro artigianale. Poco oltre, su un masso a lato del percorso, è incisa la scritta «VIA LOCARNO K(m) 19». 

Continuando il cammino, dapprima in discesa poi in salita, si giunge a una cappella, chiamata «della Tesa», riconoscibile per la presenza dello stemma dei Tondù. Qui conviene fare una deviazione per visitare Lionza (10 minuti di salita), con il suo bell’insieme di case ben divise dalle stalle e soprattutto il palazzo Tondù con l’affresco sopra il portale datato 1658 (maggiori informazioni sul Palazzo Tondù nel capitolo «L'incontro» che segue la descrizione dell'itinerario).

Tornati sul sentiero principale si prosegue verso Verdasio. Prima di arrivarci, si incontra la cappella con il «Vero ritrato del imagine miracolosa di Paez nel regno di Ungaria la quale l’anno 1606 nel mese di novembre lacrimò più volte sangue ed acqua». La cappella attirò l’attenzione di Karl Kerényi, lo studioso ungherese stabilitosi in Ticino nel 1943; senza dubbio si tratta di una testimonianza legata all’emigrazione. Verdasio è un piccolo gioiello, con architetture rustiche accanto a palazzi signorili immersi in una quiete impensabile.

Nell’ultima parte dell’itinerario, in buona parte nel bosco, si susseguono ripide salite e discese, scalinate e alcune finestre panoramiche su Rasa e Palagnedra. Dopo una breve sosta ai monti di Slögna tra verdi prati e qualche casa di vacanza, si conclude il tragitto, in parte su strada, attraversando Calezzo e Costa prima di arrivare a Intragna. Dove i vigneti non mancano, e i grotti per gustare il vino nemmeno.

 

L’incontro (estate 2016)

Un piccolo mondo quello che si incontra percorrendo il Sentiero del Mercato, che ci facciamo raccontare da chi pur vivendo lontano, non manca di trascorrere il periodo estivo tra quelle case in sasso, tra gli orti e i campi e le viuzze della sua infanzia.

Daniele Maggetti insegna letteratura romanda all’università di Losanna da alcuni decenni; nato nel 1961, è cresciuto in una famiglia numerosa di Borgnone, dove ha vissuto sino agli inizi degli studi, prima al Collegio Papio a Ascona poi nella Svizzera francese. «Fin verso gli anni ’80 c’erano ancora quattro o cinque contadini con le mucche, tra Lionza e Borgnone. C’erano parecchie vigne, ora quasi tutte abbandonate, di Clinto e Americana. Gli alpi già allora non erano più caricati, chi aveva bestiame lo mandava in Valle Maggia per la stagione estiva. Ma i villaggi erano vivi, a Borgnone, dove abitavo, c’erano il parroco, la scuola, la posta, un’osteria…». È il piccolo mondo in cui ha voluto ambientare il suo romanzo «Les Créatures du Bon Dieu», apparso in francese nel 2007 (Editions de l’Aire), vincitore del premio Lipp Suisse 2008. Un romanzo di formazione, con qualche riferimento autobiografico: un ragazzino che cresce tra le tradizioni, il sapere e (anche) le chiusure della civiltà contadina e che viene a conoscere, attraverso il rapporto con un singolare e colto uomo di chiesa e un’intellettuale turista germanica, un altro mondo, quello della letteratura, dell’arte, della cultura, che gli aprirà nuove strade possibili.

Con il professor Maggetti visitiamo Borgnone, un nucleo che ha mantenuto un carattere rustico; ci soffermiamo sul piazzale della chiesa. Siamo a circa 700 metri, appena un po’ sopraelevati rispetto ai 550 di Camedo dove la strada, internazionale ma non particolarmente comoda con le sue tante e strette curve, passa collegando la Valle Vigezzo e le Centovalli, o meglio Ticino, Italia e Vallese. Ma la vista già si allarga regalando magnifici scorci su Rasa, Palagnedra e Bordei di fronte e Lionza in alto. «La prima strada è stata costruita attorno al 1890, la ferrovia funziona dal 1923. Mio nonna, nata nel 1884, andava al mercato a piedi». 

Saliamo a Lionza, dove si trova il «palazzo Tondù», un edificio con una storia ancora in parte sconosciuta. Una fondazione – di cui Maggetti, come terriere di Lionza, è presidente – si sta occupando di dare un futuro a queste mura.

L’imponente dimora fu costruita, sicuramente a tappe, nel Seicento dai discendenti di un emigrante di Lionza. La tradizione lo vuole spazzacamino, e si narra che le sue fortune partirono da una disgrazia: deceduto in seguito a una caduta da un camino in una residenza a Parma, i suoi figli furono accolti in famiglia dai nobili proprietari… e da lì nacque la ricchezza che portò alla costruzione del palazzo.

Probabilmente una leggenda, dato che – come conferma il professor Maggetti –  di documenti che attestino quei fatti finora non ne sono stati trovati. Si sa però che i figli di un emigrante fecero fortuna con il commercio delle sete nel ducato di Parma e investirono in beni immobili nel paese di origine, costruendo il palazzo ma anche altri edifici, tra cui la bella «casa del cappellano» con le finestre decorate a graffito e alcune cappelle. Inoltre contribuirono ad arricchire la chiesa con opere d’arte.

E infatti nella cappella laterale a destra fa bella mostra di sé una tela con lo stemma dei Tondù. Sull’altar maggiore un Sant’Antonio dalla bellissima e ricca cornice decorata con teste di putto è siglato con lo stesso stemma (fine ‘600); sul paliotto in scagliola ancora un Sant’Antonio (Antonio, Andrea e Pietro sono i nomi che ricorrono nella famiglia).

La famiglia Tondù mantenne solide relazioni con il paese natale per tre o quattro generazioni, poi i legami si affievolirono; un legato amministrato dalla parrocchia e in seguito dai terrieri di Lionza si occupò dei beni.

 

 

 

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