L'intervista

L'arte, la moda e l'incognita delle licenze

Ricordate la causa degli Uffizi di Firenze a Jean Paul Gaultier? Come si regola, in generale, l'utilizzo di opere d'arte per collezioni e creazioni legate alla moda? Ne parliamo con Elisabetta Treggiari, che se ne occupa in Ticino (e nel mondo)
Valentino Odorico
07.03.2023 16:02

La moda, nella creazione di abiti e nella proposta di accessori, molto spesso trae ispirazione dalle opere d’arte presenti in vari musei: quadri, colori, dettagli e celebri tele, infatti, sono usati per le stampe e la progettazione di capsule collection. È dello scorso ottobre la notizia della causa intentata dagli Uffizi di Firenze verso Jean Paul Gaultier per aver usato, senza autorizzazione, la celebre Venere del Botticelli con richiesta dell’immediato pagamento dei diritti o il ritiro della collezione. Dietro a queste creazioni di moda, come in svariati progetti di partnership tra diverse realtà, c’è quindi un mondo fatto di diritti d’uso, licenze e di un lavoro che cura e gestisce proprio questo aspetto; che si tratti di abiti, foulard, ombrelli, orologi, profumi o altro, l’uso di immagini celebri deve essere coordinato nel rispetto di alcune norme. Proprio in Ticino c’è un’azienda che oggi rappresenta una delle più importanti realtà internazionali del settore del licensing. Abbiamo incontrato la fondatrice Elisabetta Treggiari, per approfondire alcuni aspetti di questo particolare lavoro. 

Il suo è un lavoro probabilmente poco conosciuto se non tra gli addetti; su cosa si basa concretamente? 
«Il licensing è una strategia di impresa per la proprietà di un brand che vuole aumentarne la notorietà e la diffusione. Dall’altro lato è un’ottima strategia per un’azienda che vuole farsi conoscere e accelerare il successo delle sue collezioni. Il licensing si può usare anche tatticamente per dare una connotazione immediatamente riconoscibile a una capsule o per farne parlare raggiungendo target nuovi. La Venere di Botticelli usata da JPG è un esempio molto evidente di licensing applicato a una nuova collezione per renderla speciale per il target. JPG ha raggiunto il suo scopo creando una collezione che si è subito distinta, ma una corretta strategia di licensing gli avrebbe permesso di farne un uso autorizzato e di potenziare al massimo le sinergie con il proprietario dell’opera, gli Uffizi». 

Il mondo del licensing riguarda anche altri segmenti oltre a quello delle opere d’arte? 
«In realtà è solo da alcuni anni che si è sviluppato un interesse crescente nei confronti dell’art licensing. Noi abbiamo iniziato a lavorare con il Getty Museum di Los Angeles nel 2019. Il licensing si può applicare a qualunque brand o elemento di notorietà che sia connotante e registrato dal suo proprietario o inventore. Penso a CocaCola, ai Brand delle squadre di calcio, a tutte le maison che hanno iniziato a muovere i primi passi fuori del mondo degli abiti utilizzando il licensing per i loro profumi, per le loro calzature e per tutti quei prodotti che non facevano parte del loro know-how. Pierre Cardin e Coco Chanel negli anni ’50 in Francia hanno creato questo modello di business che tutto il mondo della moda ha adottato nei decenni successivi per la propria crescita. Con il licensing la proprietà affida il proprio brand a un’azienda più specializzata in quel settore per portare avanti il progetto di una nuova linea. L’azienda, grazie alla notorietà del brand, avrà la possibilità di aumentare la velocità del suo successo e della sua notorietà e riconoscerà alla proprietà delle royalties, una percentuale sul suo fatturato generato con le vendite di quella linea. Qui subentra l’importanza del nostro lavoro, che deve portare a identificare fino a quali prodotti, più o meno lontani dall’area dove è nato il brand, ci si può allargare senza perdere l'identità originale. Un argomento quanto mai caldo in un momento di estrema contaminazione e di collaborazioni sempre più spinte come quelle che abbiamo visto in questi ultimi anni. Il licensing ne è stato fortemente influenzato, non sempre con risultati positivi. Perché il nuovo progetto deve sempre trasmettere i valori intrinseci del brand che interpreta e l’abbinamento di due brand, senza perdere di innovazione e novità, deve avere sempre una giusta coerenza. Un altro elemento fondamentale è legato all’identificazione dell’azienda partner per la licenza, che deve essere non solo affidabile e solida, ma anche capace di trovare una sintonia adatta a lavorare al progetto e avere nelle sue corde il posizionamento necessario per portare al successo la collezione». 

Come nascono le partnership? Sono le aziende che vogliono usare le opere a cercarvi? 
«Come per tutti gli altri casi, anche per l’art licensing può essere l’azienda che ci chiede la ricerca di un tema che possa essere strategico per una loro nuova collezione, oppure può essere il museo che ci chiede di sviluppare un progetto di licensing per aumentare la diffusione e la conoscenza delle sue opere e del museo stesso, generalmente nell’interesse dell’arte e della cultura e per finanziare ulteriori attività culturali. Il segreto del successo? Trovare l’equilibrio perfetto tra gli obiettivi della proprietà e quelli dell’azienda licenziataria e la loro sintonia nello sviluppo di tutti gli aspetti operativi del progetto».

Il nostro progetto che sta riscuotendo il maggior successo e di più ampio respiro in tutto il mondo per la sua notorietà è quello per il Getty Museum di Los Angeles e i suoi capolavori di Van Gogh e degli impressionisti francesi

Ci può raccontare di qualche progetto attuato o in corso d’opera? 
«Il nostro progetto che sta riscuotendo il maggior successo e di più ampio respiro in tutto il mondo per la sua notorietà è quello per il Getty Museum di Los Angeles e i suoi capolavori di Van Gogh e degli impressionisti francesi. Stiamo realizzando una serie di collezioni fashion ispirate a queste opere. Siamo stati tra i primi a intraprendere questa strada e siamo contenti di vedere il successo di queste licenze distribuite in tutto il mondo: le borse in ecopelle stampata, la home fragrances dedicata agli Iris di van Gogh e quella ai profumi del giardino della villa romana di Malibù, le sciarpe in lane pregiate, i foulard in seta, gli ombrelli a doppio telo con l’impugnatura argentata, le stilografiche in oro rosa, la nuova collezione di orologi solo per dirne alcuni. E adesso iniziamo un nuovo progetto dedicato al Codice Atlantico e ai disegni di Leonardo da Vinci per la Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Un patrimonio culturale di valore inestimabile che comprende i disegni delle sue macchine, i disegni di tutte le figure geometriche immaginabili e i famosi nodi vinciani, i giochi di linee che si intrecciano senza fine e rappresentano l’amore eterno. Iniziamo adesso a selezionare le aziende da invitare a partecipare a questo straordinario progetto e sarei molto felice di coinvolgere aziende ticinesi che hanno presenza e vocazione internazionale». 

La licenza più particolare e innovativa per l’arte? 
«Sicuramente le licenze dell’area della tecnologia, quindi NFT, e dell’edutainment, quindi le licenze per la realizzazione di mostre che portino in giro per il mondo le meravigliose storie delle opere dei musei per i quali lavoriamo utilizzando le nuove tecnologie immersive e interattive, quindi educando in modo coinvolgente, innovativo e profondamente tecnico scientifico». 

Facciamo un po’ di chiarezza quindi sui diritti nell’art licensing. 
«Sul mercato vige l’idea che le opere d’arte siano patrimonio dell’umanità o che il diritto di autore di opere di pittori antichi sia scaduto dopo 70 anni dalla loro morte. In realtà, i diritti patrimoniali di riproduzione di un’opera fanno capo all’autore o al proprietario dell’opera e, in più, in Italia per esempio, i diritti di riproduzione di alcune opere possono essere vincolati dal Ministero dei Beni Culturali. Per gli artisti moderni i diritti patrimoniali di riproduzione sono demandati a fondazioni che ne detengono i diritti anche dopo la loro morte, e non sono di proprietà dei musei che espongono l’opera. Ci sono poi musei, soprattutto negli Stati Uniti, che hanno deciso di pubblicare online alcune immagini delle opere di loro proprietà perché tutti possano beneficiarne, con l’obiettivo di contribuire alla diffusione della cultura (open content program, ndr). Ma non è chiaro a tutti che beneficiarne a scopo culturale esclude la possibilità di farlo per scopi commerciali». 

Cosa desidererebbe realizzare di nuovo, concludendo? 
«Affiancare il MASI di Lugano in un progetto di merchandising perché è sempre speciale visitare le sue mostre. Portarsi a casa un oggetto che ricordi una bella esperienza culturale, a ben vedere, prolunga e preserva l'esperienza stessa».