Musica e tecnologia

La morte dell'iPod

I nostalgici sono avvisati: il Touch, l'ultimo modello in produzione, sarà disponibile solo fino ad esaurimento scorte
Stefano Olivari
11.05.2022 16:36

 L’iPod è morto all’età di 21 anni. Lo ha comunicato la stessa Apple annunciando che l’iPod Touch, cioè l’ultimo iPod rimasto in produzione, sarà disponibile soltanto fino ad esaurimento scorte. I nostalgici sono avvisati per tempo: quelli che si trovano adesso in vendita sul web o nei negozi sono gli ultimi iPod che si potranno comprare. Ma la scomparsa dell’iPod non è un’ordinaria storia di obsolescenza, come accade a tutti i prodotti. Perché da questo lettore musicale sono dipesi sia la rivoluzione nell’industria discografica sia la nascita degli smartphone. Per non parlare della vita della stessa Apple.

Steve Jobs

Ogni prodotto Apple di reale successo, anche quelli tuttora in evoluzione come iPhone e iPad, è dipeso da un’intuizione del fondatore, ma nessuno come l’iPod è stato decisivo per dare un futuro all’azienda di Cupertino. Sì, perché quando nel 1996 Steve Jobs tornò in una Apple in gravissima difficoltà la sua linea fu quella della semplificazione: pochi prodotti, ma tutti con una identità fortissima. E il primo originale di questi fu proprio l’iPod, presentato il 23 ottobre del 2001. Che come tante idee di Jobs altro non era che un perfezionamento di cose già esistenti, cioè i lettori di file mp3, unito ad un posizionamento perfetto sul mercato e al design di Jony Ive, in questo caso ispirato alla famosa radio tedesca Braun TP1. Il resto è storia e ad oggi i vari modelli (Classic, Shuffle, Mini, Nano e Touch), nelle loro infinite varianti in tutti i colori immaginabili, messi insieme hanno venduto un totale di 450 milioni di unità. Tantissimo, considerando di lì a poco sarebbero nati gli smartphone. E nel 2007 lo stesso iPhone…

I singoli

Al di là dei fatturati miliardari, l’iPod ha cambiato e per sempre il mondo della musica, a partire dal nostro modo di ascoltarla. Perché il poter eseguire il download di un brano scelto da un catalogo infinito, pagando soltanto 0,99 dollari su iTunes, ha accelerato il declino degli album e ricreato quella cultura del singolo che fino agli anni Sessanta era dominante, con i 45 giri in vinile. Nel breve periodo una buona cosa per le major discografiche che strinsero accordi con Apple, nel lungo un colpo durissimo alle vendite dei CD e quindi nella sostanza al controllo che discografici e artisti avevano sul proprio lavoro. Niente che stupisca chi ha iniziato ad ascoltare musica nell’era dello streaming, ma la vera svolta culturale fu quella dell’iPod. Da lì in poi i dischi fisici, CD o vinili che fossero, sarebbero diventati cosa per superfan, feticisti o audiofili della porta accanto. Anche se tutti leggiamo avidamente da decenni articoli sulla rinascita del vinile, che percentualmente esiste ma in assoluto è marginale.  

Il ruolo degli U2

Fra le tante versioni dell’iPod una delle più di culto è senz’altro quella del 2004, l’iPod nero con precaricate le canzoni dell’album How to dismantle an atomic bomb, con gli U2 ben ricompensati da Jobs (sempre attentissimo al rapporto con le stelle dello spettacolo, al punto di essere stato fidanzato con Joan Baez) e bravi venditori in fase di lancio, con il memorabile spot sulle note di Vertigo. Ma il vero boom era iniziato prima di Bono e compagni, quando nel 2003 iTunes si aprì a Windows e quindi al resto del mondo. La domanda «Che cosa hai nel tuo iPod?» sembra antichissima, eppure soltanto 15 anni fa era una di quelle standard per fare conversazione. Certo l’era di iTunes, quindi del download, ed ancora di più quella dello streaming, hanno reso più ricchi gli U2 della situazione e sempre più difficile vivere di musica per i nuovi artisti di successo, a meno che non facciano concerti anche sul pianerottolo.

L'arrivo dell'iPhone

Chi ha ucciso l’iPod? Il colpevole è in questo caso il maggiordomo, cioè il più scontato dei colpevoli. Quando il 9 gennaio 2007 un Jobs già molto malato presentò il primo modello di iPhone, sulle note di I feel good di James Brown, ne esaltò non le qualità dell’audio o della messaggistica, ma il suo essere una sorta di iPod evoluto, dove l’ascolto della musica sarebbe stata soltanto una delle tante funzioni. In quell’inizio di 2007 l’iPod costituiva il 48% del fatturato di Apple, che nel 2006 era stato di 19,3 miliardi di dollari. Certo Jobs non voleva cannibalizzare un prodotto che in quel momento aveva il 65% del mercato mondiale dei lettori mp3, con il misero 2% del primo rivale, lo Zune di Microsoft, ma aveva capito («Siamo avanti di 5 anni») la necessità dell’utente di avere tutto in un unico oggetto e di darglielo, questo oggetto, prima che lo facessero altri. Si può dire quindi che l’iPod sia stato sacrificato sull’altare di un successo di lungo periodo. Ed il fatturato della Apple nel 2021, 365,8 miliardi di dollari, dice che il sacrificio non è stato vano.

I Millenial

Non c’è dubbio che l’iPod sia per i Millennial, cioè i nati fra il 1981 e la fine degli anni Novanta, ciò che il Walkman era stato per la Generazione X, quindi un oggetto strettamente personale e carico di significati, visto che ogni playlist, per non dire ogni canzone, ne ha uno. La conseguenza è che l’iPod entrerà con un posto d’onore nel museo della nostalgia pop, magari con qualche rivisitazione moderna fuori tempo massimo, proprio come è avvenuto con il Walkman. Quello «vero» rimarrà quello che oggi definiamo Classic, ma avevano un loro perché anche lo sfortunato iPod Mini, lanciato nel 2004, e nel 2005 l’iPod Nano, miglioramento del Mini e quindi centrato sulle dimensioni ridotte (quasi obbligatorio in palestra) e l’iPod Shuffle, senza schermo e con i brani in sequenza casuale (un’idea di Jobs a prima vista strampalata ma rivelatasi vincente). Del 2007 è l’iPod Touch, diventato nel corso del tempo una specie di replica dell’iPhone ma senza poter telefonare. Alla fine, come ha detto Tony Fadell, cioè il dirigente messo a suo tempo da Jobs a capo del progetto iPod, la stranezza non è che l’iPod sia morto, ma che nel mondo di oggi sia vissuto così tanto. Uno dei prodotti simbolo, in negativo, dell’obsolescenza programmata (in particolare per le batterie), adesso è diventato vecchio sul serio. E chi lo usava? Meglio non pensarci.

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