La nuova strategia di Huawei: «Dobbiamo sopravvivere»
Huawei cambierà. Deve cambiare. Lo afferma, con forza, il fondatore e boss del colosso degli smartphone, Ren Zhengfei, in una nota interna finita non si sa bene come nelle mani della stampa cinese. Una nota dai toni cupi, diciamo pure pessimistici. Della serie: cari dipendenti, aspettatevi il peggio negli anni a venire.
I consumi? Potrebbero ridursi
Zhengfei si spinge oltre, affermando che l’obiettivo principale, se non l’unico, dell’azienda – fiore all’occhiello di Shenzhen – è quello di sopravvivere. Tirare a campare, proprio così. E questo perché l’attuale contesto economico e politico è, diciamo, piuttosto complicato. Da una parte lo spettro della recessione, dall’altra l’impatto del coronavirus. Tradotto: i consumi potrebbero ridursi, anche in maniera drastica. «Non stiamo solo affrontando la pressione dell’offerta – dice il numero uno di Huawei –, ma anche l’indebolimento della domanda». Chiamatela tempesta perfetta.
Sopravvivere, dunque. Ma come? Con quali prospettive, appunto? Zhengfei prova a tracciare una possibile rotta: «Adattare la strategia di business, decidendo cosa si può fare e cosa bisogna abbandonare». Detto senza peli sulla lingua, il gruppo intende concentrarsi sulle attività più redditizie liquidando, allo stesso tempo, quelle più marginali. Un cambio di paradigma e mentalità che dovrebbe, almeno inizialmente, riguardare le annate 2023 e 2024.


La sfida (persa) con l'Occidente
Il cambio, dicevamo, è netto. Anche perché Huawei finora aveva puntato parecchio sull’internazionalità del marchio e sulla conquista di nuovi mercati, proponendosi come una valida alternativa ad Apple e Samsung. Per fare ciò, beh, l’azienda non è certo stata indietro con le spese.
L’aggressività di Huawei, sulle prime, ha dato frutti importanti: nello spazio di pochi anni, infatti, il colosso cinese ha rubato sempre più quote alla citata concorrenza. In particolare, Huawei ha anticipato tutti sul 5G.
Un successo tuttavia effimero, dal momento che l’Occidente – Stati Uniti in testa – ha iniziato a temere la leadership tecnologica di Huawei, considerando altresì la vicinanza fra il colosso e il Partito comunista cinese. La Lituania, ad esempio, aveva escluso l’«inaffidabile» Huawei dalla sua rete 5G fra sospetti di spionaggio e interferenze mentre l’America, preoccupata, anni fa lanciò una sorta di crociata contro il gigante di Shenzhen. Nel dettaglio, Washington nel 2019 vietò a Huawei di acquistare tecnologie statunitensi. Il risultato? Il crollo delle vendite internazionali di smartphone, oltre all’abbandono – un anno dopo – del brand Honor molto apprezzato fra i giovanissimi.
Basterà il mercato interno?
Alle sanzioni occidentali, successivamente, si sono aggiunte le ripercussioni legate al coronavirus – complice la politica zero-COVID di Xi Jinping – e la guerra in Ucraina. Huawei, nel 2021, ha sfiorato un -30% a livello di vendite. E il 2022 non si preannuncia certo migliore. Il 12 agosto, per dire, il colosso aveva registrato un calo dei ricavi pari al 5,9% su base annua per il primo semestre. Il profitto, nei primi sei mesi dell’anno in corso, è stato del 5% contro il 9,8% del 2021.
Di qui la necessità, per dirla con il fondatore, di concentrarsi sulle attività più redditizie. Fra queste citiamo il cloud, in forte espansione tant’è che i ricavi sono aumentati del 28% sfiorando gli 8 miliardi di euro.
Huawei, non a caso, si sta posizionando sempre di più come partner di supporto nell’ambito della trasformazione digitale delle aziende. Il punto, visto quanto detto, è capire se l’immenso mercato interno basterà per sopravvivere, volendo riprendere le parole di Ren Zhengfei. Fuori dai confini cinesi, infatti, l’orizzonte è cambiato, anche in virtù dell’invasione russa dell’Ucraina e della guerra cibernetica di cui è capace la Russia. In Europa e negli Stati Uniti, beh, i concetti di sovranità economica e tecnologica sono tornati ad alimentare il dibattito politico.