L'Europa tiene testa a Trump picchiando duro su Google

Google, che succede? Soprattutto, che succederà nel braccio di ferro fra Europa e Stati Uniti, dopo quest'ultimo scossone? Riavvolgiamo il nastro: la Commissione Europea ha appena inflitto una multa di 2,95 miliardi di euro al colosso americano, scatenando (secondo logica) le ire di Donald Trump. Il quale, tempo zero, ha dissotterrato l'ascia di guerra minacciando nuovi dazi all'Unione Europea. Google, parola della Commissione, ha abusato della sua posizione dominante nel settore delle tecnologie pubblicitarie. La sanzione è la diretta conseguenza di una denuncia depositata dall'European Publishers Council in rappresentanza degli editori europei che, riassumendo al massimo, accusa Google di pratiche anticoncorrenziali. Il gigante statunitenso avrebbe favorito i propri servizi tecnologici di pubblicità a scapito dei fornitori concorrenti di servizi tecnologici pubblicitari, degli inserzionisti e degli stessi editori.
Di che cos'è accusato, Google, nello specifico?
Google, nello specifico, avrebbe abusato della sua posizione (almeno) dal 2014, secondo l'inchiesta condotta da Bruxelles, per giunta in maniera sistematica, diciamo pure scientifica. Di più, il colosso per tutto questo tempo avrebbe controllato l'intera catena di fornitura dell'adtech. Detto in altri termini, per un'azienda che vuole fare pubblicità su Internet è quasi impossibile evitare Google, capace di essere al tempo stesso venditore di spazi, compratore e perfino arbitro del mercato. Al centro dell'inchiesta AdX, la piattaforma di Mountain View, che non solo si sarebbe garantita negli anni un vantaggio concorrenziale ma, addirittura, avrebbe estromesso le piattaforme rivali. I guadagni, in un regime anticoncorrenziale, evidentemente sono cresciuti a dismisura secondo la Commissione.
Google che cosa può fare, ora?
La commissaria europea alla concorrenza, Teresa Ribera, ha chiesto a Google di porre fine a queste pratiche. All'azienda sono stati dati 60 giorni per mettere in pratica misure correttive «credibili». E ancora: «Google deve presentarci un rimedio serio per risolvere i suoi conflitti di interesse. In caso contrario, non esiteremo a imporre soluzioni più forti». Pur non escludendo la possibilità di arrivare a richiedere lo smantellamento parziale di alcune attività, la Commissione – nel tentativo di evitare un'escalation (anche) politica – ha detto di essere in attesa delle proposte di Google. L'Esecutivo europeo ha sottolineato che alla base di un mercato digitale sano ci sono la trasparenza e l'equità e, di nuovo, che l'abuso di posizione dominante deve essere punito.
Che c'entrano i dazi con questa storia?
Dicevamo che la Commissione vorrebbe evitare, chiamiamole così, derive politiche rispetto all'annuncio della multa. Bloomberg, al riguardo, scrive che Bruxelles aveva inizialmente previsto di notificare la sanzione a Google lo scorso 2 settembre. Marcos Sefcovic, il commissario europeo per il Commercio, ha però chiesto un rinvio, preoccupato com'è per un possibile impatto sui negoziati con Washington per i dazi sulle auto europee. Pochi giorni prima, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva già annunciato e minacciato ritorsioni commerciali se l'Europa avesse continuato a colpire i giganti tecnologici americani.
Cori Rider, docente presso l'University College di Londra e membro del think tank Future of Tech Institute, dal canto suo ha sottolineato al quotidiano economico francese La Tribune che «tutte le autorità anticoncorrenziali incaricate di esaminare la questione della pubblicità hanno concluso che l'unico modo per porre fine al monopolio di Google in questo mercato è quello di smantellarlo». Un processo simile, d'altro canto, è attualmente in corso negli Stati Uniti.
Trump difenderà Google?
Sappiamo, già dall'Election Day, che il mondo Tech si è subito, anzi subitissimo piegato all'amministrazione Trump. Nella speranza, fra le altre cose, che il tycoon potesse esercitare pressione sull'Europa, paladina della regolamentazione dei colossi. Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, di recente è stato a cena alla Casa Bianca assieme ad altri, illustri leader del settore. Avere il presidente dalla propria parte, in un momento storico di forti tensioni e critiche nei confronti delle pratiche di Google, sia in Europa sia negli Stati Uniti, è certo una carta che Pichai sa di poter giocare.