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Perché Elon Musk vuole eliminare lo spam?

Il patron di Tesla non procederà all'acquisto di Twitter se prima la piattaforma non dimostrerà che i bot rappresentano meno del 5% degli utenti
Marcello Pelizzari
18.05.2022 19:30

E se Elon Musk volesse abbassare il prezzo o, addirittura, fare un passo indietro e rinunciare all’acquisto di Twitter? La domanda, doppia, è di strettissima attualità. A maggior ragione dopo il tasto «pausa» premuto dal patron di Tesla. Che, prima di andare avanti, vuole chiarire la questione dei bot e degli account falsi. Il diretto interessato, a Miami, ha affermato che gli utenti falsi costituiscono almeno il 20% della piattaforma. Ma potrebbero arrivare fino al 90%. L’azienda ha risposto per le rime, riferendo che lo spam è ridotto a meno del 5%. Il CEO Parag Agrawal, a tal proposito, ha pubblicato un lungo thread esplicativo. Musk, come un tennista incallito, ha rispedito dall’altra parte della rete la pallina chiedendo, nello specifico, prove concrete.

Che cosa sono i bot?

Rimanendo a Twitter, parliamo di account automatizzati in grado di replicare le azioni di un vero essere umano. Ovvero, inviare cinguettii, seguire altri utenti, fare retweet. E via discorrendo. Il problema sorge quando i bot si dedicano espressamente allo spam e, quindi, ad attività ingannevoli o dannose. Come la diffusione di disinformazione. Musk, fra le altre cose, intende smontare i profili che promuovono truffe legate alle criptovalute.

Quali sono i bot «buoni»?

I bot non sono vietati tout court, secondo il regolamento di Twitter. La piattaforma, però, richiede che nel profilo venga indicato chiaramente che l’account è automatizzato. In Italia, ad esempio, gli utenti interagiscono spesso con @neniambulance. Quando? Beh, quando qualcuno twitta una cavolata e, allora, metaforicamente serve un’ambulanza che arrivi a sirene spiegate e si porti via l’utente.

Le attività sospette, in ogni caso, sono segnalate con una certa puntualità. E Twitter, di suo, ha il potere di sospendere un determinato account. Chiedendo, per rientrare, informazioni aggiuntive come un numero di telefono o la risoluzione di un puzzle per dimostrare di «essere umani».

Lo scorso 25 aprile, l’uomo che sogna Marte aveva spiegato di voler sconfiggere i bot dediti allo spam «autenticando tutti gli esseri umani». L’obiettivo, ai suoi occhi, sarebbe stato raggiunto facendo un uso ancora più massiccio dei sistemi reCAPTCHA o implementando l’autenticazione a due fattori. Ma anche migliorando le capacità della piattaforma nel riconoscere gli account falsi.

Il caso di Joe Biden

Un giro di vite sugli account falsi e sui bot potrebbe, paradossalmente, nuocere a Twitter poiché – eliminando un certo numero di profili – il numero totale di utenti risulterebbe più basso rispetto a quanto annunciato recentemente dall’azienda. Newsweek, appoggiandosi su un’indagine di SparkToro, in questo articolo del 17 maggio ha affermato che (quasi) la metà dei followers di Joe Biden, il presidente degli Stati Uniti, sono profili fasulli. Ahia. Su Twitter – e dove sennò? – Musk ha definito «interessante» quanto riportato.

Intanto, come detto, lo stesso Musk ha sospeso la sua offerta per l’acquisto di Twitter in attesa di un conteggio reale dei bot e degli account falsi. Se l’azienda non dovesse dimostrare che i bot rappresentano meno del 5% degli utenti, il magnate non procederà con l’acquisizione.

Perché c’entra anche la Russia?

Si è parlato molto di social e Russia nelle ultime settimane, complice il conflitto in Ucraina. Ma il Cremlino aveva interferito con Twitter e gli Stati Uniti anche durante le presidenziali del 2016. Kathleen Hall Jamieson, una professoressa dell’Università della Pennsylvania, aveva stimato che durante le elezioni furono pubblicati oltre 130 mila tweet da attori russi. Fra i profili intercettati c’erano bot che fingevano di essere il Partito Repubblicano del Tennessee, una donna afroamericana di New York di nome Crystal Johnson e un’altra di nome Pamela Moore. La domanda all’epoca sorse spontanea: quanto hanno influenzato o manipolato quei bot le conversazioni e convinzioni degli americani? Jamieson, la cui ricerca è stata citata in un post di un blog di Twitter, è infine giunta a questa conclusione: se è vero che la campagna russa non ha influenzato direttamente il modo in cui le persone hanno votato negli Stati Uniti, o quantomeno non c’erano prove sufficienti per dimostrarlo, è altrettanto vero che ha influenzato chi ha votato. Pensando al 2024, dirimere una simile questione è di centrale importanza.

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