Coste selvagge e rocce scolpite
Itinerario
(settembre 2014)
- 1° giorno Basilea – Ajaccio – Piana (70 km – 1,30 h)
- 2° giorno Il Golfo di Porto – La Riserva Naturale di Scandola – Les Calanques
- 3° giorno Piana – Calvi – La Balagne – Saint-Florent (200 km – 5 h)
- 4° giorno Saint-Florent – Patrimonio – Cap Corse – Erbalunga (120 km – 3 h)
- 5° giorno Erbalunga – Serra di Pigno – Col de Teghime – Corte – Ajaccio (200 km – 4 h)
- 6° giorno Ajaccio – Il golfo di Ajaccio – La «Route des Sanguinaires» e la «Pointe de la Parata» (30 km)
- 7° giorno La costa sud del Golfo di Ajaccio (140 km)
- 8° giorno Ajaccio – Basilea
Durata del viaggio: 8 giorni
Operatore turistico: Organizzato in proprio
I greci la chiamavano Kalliste, la più bella: un nome quanto mai appropriato per la Corsica, la splendida isola che ha ispirato numerosi scrittori e pittori, come Matisse, il quale sosteneva che il suo amore per il sud era proprio nato durante un soggiorno ad Ajaccio.
Arrivando in aereo sopra il velo di foschia steso sul mare si vedono emergere le cime delle impervie montagne (50 vette superano i 2000 metri) illuminate dal sole. Man mano che ci si abbassa si scorgono ampi golfi, villaggi annidati sulle montagne, dolci colline. Sarà proprio la scoperta di indimenticabili paesaggi marini, collinosi e montani a farvi amare questo splendido paese con oltre 1000 chilometri di coste e con cime che toccano i 2700 metri.
Ogni anno oltre 2 milioni di turisti atterranno o sbarcano sull’«île de Beauté»: i due terzi sono francesi, seguiti da italiani, tedeschi e inglesi. Con soli 300 mila abitanti, nonostante il suo territorio rappresenti un quinto di quello elvetico, l’isola è poco abitata. Il nostro itinerario si sviluppa lungo la costa occidentale – più esposta ai venti e più frastagliata rispetto a quella orientale diritta e monotona – e visita le parti più spettacolari della Corsica: il Golfo di Porto con le sue indimenticabili rocce vulcaniche rosse che emergono dal mare, scolpite dall’acqua e dal vento; le dolci colline della Balagne con i villaggi affacciati sul Mediterraneo e il Cap Corse, la selvaggia regione a nord dell’isola, che punta il dito verso il continente. Visita Corte, patria dell’indipendentismo isolano ed Ajaccio, dove tutto ricorda la figura di Napoleone e il controverso rapporto con la sua isola.
Nonostante le dimensioni siano ridotte – è lunga 183 chilometri e larga 83 – la circolazione in Corsica è molto lenta (40 chilometri orari di media), salvo su poche arterie principali dove il traffico è più scorrevole. Per evitare due scali, il volo diretto più vicino al Ticino parte dall’aeroporto di Basilea-Mulhouse-Friburgo , ma l’isola è raggiungibile anche in traghetto da Livorno (circa 4 ore) e dalla costa francese (circa 10 ore). Il volo EasyJet che parte da Basilea atterra ad Ajaccio, capitale dell’isola, dove noleggiamo un’automobile di piccole dimensioni, dato che le strade sono molto strette.
Verso il Golfo di Porto
Rimandiamo la visita di questa animata, talvolta caotica e simpatica città alla fine del viaggio e ci dirigiamo verso il Golfo di Porto, la meta più spettacolare del nostro viaggio. Lungo la strada costiera del Golfo di Sagone (il più ampio dell’isola) si ha un primo approccio della bellezza selvaggia del paesaggio con il mare di un blu profondo che spicca tra gli scogli rosa ed il verde della macchia mediterranea. A Cargese, il villaggio che chiude il golfo, vive una colonia di 300 famiglie greche, che sbarcarono in Corsica dal Peloponneso nel 1676 per sfuggire a una faida in corso nel loro paese. Oggi vivono pienamente inserite nello stile di vita corso, anche se osservano ancora la liturgia religiosa greca e celebrano i matrimoni seguendo l’antica tradizione di incoronare gli sposi con foglie di vite e rami di olivo.
Quando la natura diventa artista
«Tutto un popolo mostruoso, un serraglio di incubi pietrificati dalla volontà di qualche dio stravagante». Guy de Maupassant durante un viaggio in Corsica nel 1880 descrisse così le «Calanche», che si trovano tra Porto e Piana. Soprattutto al tramonto, quando si colorano di sfumature dal rosso al viola, i cosiddetti tafoni scavati dal vento e dall’acqua, si presentano come esili colonne, strane teste, torri appuntite alte fino a 300 metri. Il modo migliore per apprezzarle è una facile passeggiata, che attraversa angusti passaggi intorno a sagome che ricordano alberi e caverne, e porta fino a Château Fort, una spianata dalla quale si possono godere scorci superbi sul golfo e sulle «Calanche».
Le rocce che spuntano perpendicolari dalle acque del Mediterraneo, sono spettacolari soprattutto ammirate dal mare. In partenza da Porto diverse compagnie (meglio scegliere quelle con piccole imbarcazioni) organizzano escursioni di mezza giornata nel golfo, che permettono di raggiungere anche la meravigliosa Riserva Naturale di Scandola, accessibile solo via acqua. Si tratta di un altro sbalorditivo scenario naturale costituito da un sistema di grotte e faglie originate dalle eruzioni vulcaniche avvenute 250 milioni di anni fa. Anche qui i colori degli scogli, che variano dal grigio carbone del granito ai rossi incandescenti e ai viola ruggine del porfido, contrastano con il blu profondo del mare ed il verde della vegetazione ricca di specie rare, così come la fauna che permette di osservare le caprette selvatiche arrampicarsi sulla roccia e con un po’ di fortuna il falco pescatore planare su nidi che occupano le punte degli scogli.
Una bellissima passeggiata a piedi (circa 5 ore andata e ritorno, con attrezzatura da montagna) permette di raggiungere la torre genovese che si trova sulla punta del Capo Rosso, estremità meridionale del golfo di Porto, da cui il panorama è splendido. Durante tutto il viaggio si incontrano numerose di queste torri, sempre situate in luoghi con magnifici panorami. Ne rimangono una sessantina delle originali 85 realizzate lungo il litorale, visibili una dall’altra, in modo da poter comunicare tra loro. Avevano scopi difensivi, soprattutto per cautelarsi dalle incursioni dei pirati, e formavano una capillare rete di controllo che, grazie a un sistema di segnalazioni, permetteva a un messaggio di essere diramato in tutta l’isola in appena un’ora.
Terminata l’escursione – è consigliabile partire il mattino presto perché tutto il tragitto è esposto al sole – proseguendo sulla spettacolare «Route de Ficajola» si raggiunge la bellissima spiaggia di Arone, dove nel corso della seconda guerra mondiale, il 7 febbraio 1943, il sottomarino Casabianca sbarcò i primi carichi di armi e provviste per i partigiani corsi che combattevano l’esercito di Mussolini, presente sull’isola con ben 85 mila soldati.
I ridenti villaggi della Balagne
Un ultimo splendido panorama sul golfo di Porto con le sue meraviglie naturali lo si può ammirare prendendo la D81, denominata in questo tratto «Route des Plages», in direzione di Calvi, quando si giunge in vetta al Col de la Croix. La strada prosegue quindi per alcuni chilometri nell’entroterra, ma si può riprendere lo spettacolare percorso lungo la costa imboccando la stretta e un po’ sconnessa D81a fino a Calvi, che appare da lontano con le sue belle spiagge di sabbia e con l’inconfondibile cittadella medievale fortificata a picco sul mare. Le vie del centro storico, invase dai turisti, sono animate e caotiche.
Si prosegue verso l’entroterra alla scoperta della Balagne, terra di ridenti colline affacciate sul mare ed uno dei territori più fertili dell’isola. Seguendo la D151 si scoprono alcuni dei villaggi più suggestivi di questa regione agricola fortemente legata alla tradizione corsa. Passando per Montemaggiore, che offre uno splendido panorama sul golfo di Calvi dal sagrato della sua chiesa barocca, valicando il Col de Salvi che pure offre belle vedute sulla regione, si arriva a Sant'Antonino, il più pittoresco e il più noto villaggio della Balagne. Arroccato a nido d’aquila su uno sperone roccioso il paese fortificato, costruito per difendersi dagli attacchi dei Saraceni, si erge a 500 metri sul livello del mare ed è disposto a cerchio. Le sue origini, come quelle del vicino borgo di Pigna, pure molto pittoresco, sono tra le più antiche dell’isola e risalgono al IX secolo. Con i suoi edifici color arancione accalcati l’uno contro l’altro, con la sua pianta circolare e le sue strette viuzze ricoperte di ciottoli e passaggi a volta sembra essere rimasto intatto da secoli.
La storia della Balagne è stata caratterizzata dalle lotte fra i clan di Corbara e di Sant'Antonino fino al XIX secolo, età in cui quest’ultimo visse l’apice del suo splendore. Lotte che hanno portato a violenti spargimenti di sangue spesso basati su un esasperato senso dell’onore. Bastava un adulterio, un’offesa o una diffamazione di qualsiasi tipo per portare a interminabili faide tra clan, perché ogni membro sapeva di poter contare per tutta la vita sull’incondizionata e assoluta solidarietà dei membri della sua famiglia allargata. I clan regolavano così le loro dispute senza ricorrere alla legge, facendosi giustizia da sé: l’omicidio era considerato un sacro dovere nei confronti della famiglia.
Patrimonio, capitale del vino corso
Il grazioso villaggio costiero di Saint-Florent, considerato la Saint-Tropez dell’isola, è avvolto come una conchiglia dalle colline della regione agricola del Nebbio, di cui è capoluogo. A pochi chilometri dal mare si trova Patrimonio, punta di diamante della produzione vitivinicola dell’isola, con 500 ettari coltivati a vigna. Sin dal tempo dei romani nei suoi vigneti abbarbicati sotto le spettacolari pareti bianche dei monti che circondano il paese si producono alcuni tra i migliori vini della Corsica. Come l’olio d’oliva e il formaggio di pecora il vino è un prodotto curato da secoli e nel quale si rivela tutta la ricchezza dei sapori del Paese. Nel corso degli ultimi quarant’anni il vino corso ha fatto un notevole salto di qualità e la viticoltura è diventata un fattore economico importante: porta infatti il 30 per cento degli introiti agricoli. I vitigni più diffusi sono, per i vini bianchi, il Vermentino e il Moscato e, per i rossi, gli autoctoni Nielluccio, il più tipico dell’isola e Sciaccarellu, con cui si produce un vino simile al chiantigiano Sangiovese.
Un dito puntato sul continente
«Non ho mai visto una strada simile. Si arrampica letteralmente lungo la parete di una roccia che sovrasta il mare, con un sentiero che in alcuni tratti non è più ampio di un piede». Così annotava nel suo diario a proposito di Cap Corse James Boswell, un viaggiatore inglese sbarcato sull’isola nel 1765. Oggi esiste una strada costiera lunga 110 chilometri, ma la situazione per gli automobilisti rimane critica, perché in molti tratti due veicoli non incrociano. Sebbene tortuosa questa arteria permette di percorrere una delle regioni più selvagge e spettacolari della Corsica, spesso considerata un’isola nell’isola, un mondo a parte, perché rimase per secoli isolata e accessibile solo via mare, fino a quando, all’inizio dell’Ottocento, Napoleone non costruì la strada. Forse anche per questo il paesaggio è rimasto selvaggio e spettacolare, scandito dalle torri costruite in epoca genovese per proteggere gli abitanti dalle incursioni saracene. Villaggi di pescatori e borghi arroccati sulle alture si alternano con morbidi rilievi coperti dalla macchia mediterranea che piomba nel mare da altezze vertiginose. Questa lingua di terra, particolarmente spettacolare sulla costa ovest, lunga 40 chilometri e larga 10, per un muto rimprovero appare sulle carte geografiche come un dito puntato verso quella Genova che per secoli dominò la Corsica. La macchia (maquis in francese), un intrico di rovi che arriva solitamente al ginocchio ma può anche crescere fino a due volte la statura di un uomo, ricopre ormai molte aree un tempo coltivate ed emana un profumo tanto particolare che Napoleone Bonaparte era convinto di poter riconoscere la sua isola a occhi chiusi fidandosi solo del suo olfatto. Una caratteristica appariscente dei pittoreschi villaggi che si alternano soprattutto lungo la costa occidentale sono le «ville degli americani», le «maisons d'Américains», cioè le case di corsi emigrati nei Caraibi o in America Latina costruite con il denaro guadagnato nelle miniere d’oro o nelle piantagioni di caffè e di canna da zucchero. Si tratta spesso di stupefacenti palazzi coloniali con facciate ornate da balconi, circondati da terrazze coltivate a giardino con palme e piante esotiche e, naturalmente, con una splendida vista sul mare. Sono testimonianze storiche di una regione profondamente segnata dall’emigrazione. In un’isola di montanari poco aperti al mondo esterno i capo-corsini erano invece marinai e pescatori per tradizione, propensi ad allargare i propri orizzonti e conoscere lidi più lontani. Il fenomeno dell’emigrazione all’inizio dell’Ottocento interessò comunque tutta l’isola. La destinazione più frequente era la Francia, seguita dall’Italia, soprattutto verso Pisa e Livorno. Molti si fecero invece tentare dal sogno delle Americhe, soprattutto dal Perù, dal Messico e dal Venezuela. Seguì poi l’avventura coloniale, soprattutto nell’Africa del nord. Oggi in Corsica vivono 300 mila persone, mentre si conta che tra i 700 e gli 800 mila corsi abbiano lasciato l’isola e 500 mila vivano in Francia.
Agli amanti del trekking il Cap Corse offre una splendida passeggiata, il cosiddetto «Sentiero dei doganieri» («Sentier des Douanier») che collega in circa 8 ore di cammino il romantico paesino di pescatori di Centuri a Macinaggio, percorrendo la punta del capo e attraversando un paesaggio incontaminato.
Il nostro itinerario prevede invece di pernottare a Erbalunga sulla sponda orientale di Cap Corse, da cui nei giorni di bel tempo le isole toscane dell’Elba e di Capraia sembrano a un tiro di schioppo. «Nid Des Peintres», questo rifugio di molti pittori famosi si raccoglie attorno a una torre imponente e a un minuscolo porto di pescatori, con pittoreschi ristorantini.
Corte, capitale dell’indipendenza
Prima di puntare su Corte, che dista circa due ore d’automobile da Erbalunga, se il cielo è azzurro e la giornata nitida vale la pena di fare una piccola deviazione verso il Col de Teghime, ma soprattutto verso la Serra di Pigno a quota 960 metri, da cui si gode uno splendido panorama sui due versanti del Cap Corse.
«Come una pietra preziosa incastonata in una corona di montagne»: con questa suggestiva immagine la guida Lonely Planet descrive la posizione di Corte, essenza dell’anima corsa e custode dell’identità insulare, situata allo sbocco di diverse valli e circondata da montagne frastagliate in un paesaggio davvero scenografico. Il centro storico, dominato dalla vertiginosa fortezza a nido d’aquila che sorge sopra uno sperone roccioso, è caratterizzato da un labirinto di strette strade a ciottoli che confluiscono nella vivacissima piazza principale, dedicata all’eroe dell’indipendenza Pasquale Paoli. Da un imponente statua il «U Babbu di a Patria» rivolge il suo sguardo imperioso verso l’animatissimo corso principale, pure a lui dedicato. La cittadina animata e accogliente con le sue antiche dimore e le botteghe artigiane conta 7 mila abitanti, ma durante il periodo scolastico si anima di giovani che frequentano la sua università – unica sull’isola – che propone le facoltà di diritto, economia e studi ambientali, ma soprattutto lingua, storia e letteratura corse. Obiettivo principale dell’istituto è infatti quello di studiare e valorizzare la cultura locale. Dopo un lungo periodo di esistenza clandestina, trent’anni fa la lingua corsa è stata protagonista di una stupefacente rinascita. Oggi viene insegnata a scuola ed è parlata con fierezza da un terzo della popolazione. Gli studiosi la considerano l’ultimo latino antico ancora parlato. Di origini celtiche liguri e con una forte influenza del toscano medievale, si dice che se Dante tornasse in vita la capirebbe. Nella fortezza di Corte si può visitare il museo etnografico che propone un suggestivo viaggio nella storia dell’isola.
Questa simpatica cittadina è considerata la patria del nazionalismo insulare, perché dal 1755 al 1769 fu la capitale del primo e unico stato corso indipendente della storia voluto da Pasquale Paoli, che proclamò una delle prime costituzioni democratiche del mondo. L’esperienza si concluse nel 1769 dopo che i genovesi vendettero la Corsica alla Francia e l’esercito indipendentista fu sconfitto da quello francese.
La battaglia della Corsica per un’identità oppressa
L’indipendentismo corso, attualmente assopito, non si è però mai del tutto spento. Di tanto in tanto risorge causando disordini provocati dai movimenti autonomisti, che fondano le proprie radici nel passato storico dell’isola. A causa della sua posizione geografica strategica questa terra è sempre stata contesa dalle potenze europee e del Mediterraneo. Nel corso dei secoli la Corsica è infatti stata ambiziosa preda di pisani, genovesi, francesi, saraceni, spagnoli, britannici, senza dimenticare le truppe dell’impero romano e quelle del Germanico Sacro Romano Impero. Tutti questi occupanti hanno preso in scarsa considerazione le aspirazioni dei corsi, che si sono battuti per secoli contro gli usurpatori stranieri.
A lasciare la maggiore impronta sul territorio sono certamente stati quasi cinque secoli di dominazione genovese, dal 1284 al 1768, che succedevano a oltre due secoli (1077-1284) di occupazione pisana. Genova era confinata in un piccolo territorio e la Corsica rappresentava una notevole importanza strategica per lo sviluppo dei suoi affari. Non fu quindi certo un caso se si affrettò a trasformarla in una propria roccaforte, adottando una politica repressiva e colonialista, erigendovi fortezze e una cintura di centinaia di torri di guardia, molte delle quali si possono ammirare ancora oggi.
L’unico serio episodio di autonomia dell’isola è legato alla straordinaria figura di Pasquale Paoli, un intellettuale brillante e illuminato che leggeva Montesquieu, intratteneva corrispondenza con Rousseau e che donò alla Corsica uno dei primi testi costituzionali democratici al mondo, facendo parlare di sé in tutti i salotti del continente. Quello che mise in piedi dal 1755 al 1769 con capitale Corte fu un vero e proprio stato moderno, che scomparve un anno dopo il trattato di Versailles del 1768 con il quale Genova vendeva l’isola ai francesi, nonostante un tentativo di alleanza di Paoli con gli inglesi. Con un decreto del 1789 lo stato francese stabilì in seguito che «la Corsica fa parte dell’impero e che i suoi abitanti saranno retti dalla stessa Costituzione che governa gli altri francesi». E sarà proprio il più illustre figlio dell’isola, Napoleone Bonaparte, durante il suo regno a francesizzare definitivamente la Corsica.
Da allora i movimenti indipendentisti hanno continuato a battersi con alterne fortune ma commettendo anche diversi eccessi, come l’assassinio il 6 febbraio 1998 del prefetto francese Claude Érignac, il più alto rappresentante dello stato sull’isola. Fino a quell’episodio molti corsi avevano manifestato una certa simpatia per l’iniziativa dei militanti nazionalisti, unici ai loro occhi a difendere la causa insulare. Oggi, anche in seguito a diversi scandali che hanno coinvolto gli autonomisti, molti cittadini si chiedono se la violenza che in un recente passato ha invaso l’isola si giustificasse davvero con le rivendicazioni politiche o se non fosse piuttosto il frutto di una lotta tra bande in cerca di arricchimento personale.
La regione di Ajaccio patria di Napoleone
Il nostro itinerario nel nord ovest della Corsica si conclude ad Ajaccio con la visita del centro storico e del suo splendido golfo. In questa città tutto parla del suo figlio più illustre: Napoleone Bonaparte. Strade monumenti e musei ricordano l’incredibile destino di questo grande uomo che nel 1811 per decreto imperiale elesse la sua città natale capitale dell’isola a scapito di Bastia, ma che con la Corsica ebbe sempre un difficile rapporto.
Le case dai colori caldi del magnifico lungomare dominato dalla cittadella fortificata costruita dai genovesi per intimidire la rivoltosa nobiltà locale, i fastosi palazzi che si affacciano su ampi viali fiancheggiati da palme, le vie animate per non dire caotiche del centro creano un’atmosfera meridionale rilassata molto apprezzata dai turisti. Lungo l’animatissima strada pedonale dedicata al Cardinal Fesch, zio di Napoleone, si affacciano boutique e ristoranti di lusso, oltre all’eccezionale Museo d’arte Fesch e alla Chapelle Impériale dove sono sepolti i membri della famiglia Bonaparte. Poco distante si possono visitare anche il Salon Napoléonien nel palazzo del municipio, che presenta alcuni cimeli dell’imperatore, e la sua casa natale.
Il Golfo di Ajaccio è uno dei più ampi dell’isola e offre interessanti gite sia in battello, sia in automobile. Percorrendo la cosiddetta «Route des Sanguinaires» in direzione ovest si raggiunge il grande posteggio della Punta della Parata, da cui si prosegue a piedi (andata e ritorno circa un’ora) verso la punta per poi salire alla torre genovese, dove il panorama spazia sulla costa rocciosa del golfo e sulle suggestive Îles Sanguinaires, che tanto ispirarono lo scrittore francese Alphonse Daudet. Il loro nome è dettato dal colore che assumono al tramonto. Di ritorno verso Ajaccio seguendo le indicazioni per Capo di Feno in pochi chilometri si raggiunge l’idilliaca Plage du Grand Capo.
Se da Ajaccio ci si dirige invece in direzione sud si incontrano dapprima innumerevoli belle spiagge di sabbia bianca, ma con scarso fascino, dato che la zona è molto costruita e turistica. Per trovare un’altra spiaggetta idilliaca in un luogo incontaminato bisogna invece dirigersi verso Capu di Muru, che chiude a sud il golfo, e scendere lungo una strada dissestata a Cala d'Orzu. Invece di scendere al mare si può anche proseguire fino al termine della strada, dove inizia un facile (sono comunque necessarie scarpe da montagna) ma suggestivo sentiero tra la macchia mediterranea, che in due ore tra andata e ritorno porta alla torre genovese di Punta Guardiola, con una splendida vista su tutto il Golfo di Ajaccio.
Il difficile rapporto di Napoleone con la sua terra
Napoleone Bonaparte è certamente il più illustre cittadino corso e ad Ajaccio, sua città natale, tutto parla di lui. Nacque nel 1769, un anno cruciale per la storia dell’isola, perché segnò il passaggio dalla dominazione genovese a quella francese. Proprio in quell’anno infatti s’infranse il sogno del patriota Pasquale Paoli di creare una Corsica indipendente retta da una costituzione tanto liberale e innovativa da richiamare l’attenzione di Jean-Jacques Rousseau, che accarezzò l’idea di trasferirsi sull’isola per studiarne e scriverne la storia.
Napoleone ha certamente conferito una fama internazionale alla sua città natale, che nel 1811 venne decretata «cité impériale». Sebbene ad Ajaccio oggi tutto parli di lui, molti abitanti considerano l’imperatore come un francese che ha fatto unicamente i suoi interessi e quelli della Francia, in disaccordo con il movimento indipendentista dell’eroe isolano Pasquale Paoli. Talvolta questa disapprovazione, soprattutto all’interno delle frange indipendentiste, viene espressa in modi eclatanti: qualche anno fa la sua statua nella piazza principale di Ajaccio fu imbrattata. Paradossalmente, fu infatti proprio quest’uomo condotto dal destino nella Parigi della Rivoluzione, ai piedi delle piramidi d’Egitto, ai confini dell’Europa, a Jena, a Trafalgar, nella lontana Russia, ad adoperarsi per la francesizzazione dell’isola.
La stesso Napoleone d’altra parte serbava una certa amarezza nei confronti del suo luogo natio. Uno dei suoi generali che lo aveva seguito in esilio a Sant'Elena raccontò di un colloquio in cui Napoleone gli citò un’affermazione di M. de Choisel, secondo il quale se fosse stato possibile si sarebbe dovuto spingere la Corsica sotto il mare con un tridente: e l’imperatore aggiunse con animosità: «Aveva ragione quest’isola non è nient’altro che un’escrescenza»!
Anche la storia della famiglia Bonaparte non facilita i rapporti con chi ha creduto o crede nell’indipendenza dell’isola. Carlo, il padre di Napoleone, era infatti segretario e sostenitore di Pasquale Paoli, ma quando i francesi sconfissero definitivamente l’eroe isolano nella battaglia di Ponte Nuovo egli giunse a patti con loro, sia rappresentando la nobiltà corsa all’Assemblea Nazionale, sia utilizzando i suoi contatti con il governatore francese sull’isola per ottenere l’istruzione gratuita per i propri figli. Fu così che il giovane Napoleone all’età di 9 anni lasciò l’isola grazie a una borsa di studio per la scuola militare di Brienne sul continente, un’istituzione voluta proprio per educare i figli della nobiltà alla loro condizione, e proseguì poi il curriculum alla prestigiosa École Militaire di Parigi. Dopo lo scoppio della Rivoluzione tornò in Corsica per promuovere con entusiasmo lo spirito rivoluzionario sulla sua terra natale. Entrò però in conflitto con Paoli e i suoi seguaci, che nel 1793 cacciarono dall’isola lui e la sua famiglia.
Napoleone aveva ormai fatto la sua scelta per una Corsica francese, tanto che cambiò il suo nome da Napoleone a Napoléon. Sulla sua isola ritornò una sola volta, quando fu costretto ad ormeggiare al rientro dalla campagna in Egitto.
Per saperne di più
- Corse, Le Guide Vert Michelin, Clermont-Ferrand 2011
- Corsica, Rough Guides Vallardi, Milano 2009
- Corsica, Lonely Planet, Torino 2013
- Corsica, Dumont, Milano 2010
- Corsica, Istituto Geografico Deagostini, Novara 2006
- Corsica, Giunti, Firenze 2010
- Corsica, Touring Editore, Milano 2009
- Corsica, Guide Merian, Vercelli 2008
- Corsica, Le Guide routard, Milano 2011