In veliero nelle isole delle spezie
Itinerario
(ottobre/novembre 2015)
- 1° giorno Milano - Jakarta
- 2° giorno Jakarta
- 3° - 12° giorno Jakarta - Ambon - Imbarco sul veliero Matahariku - Arcipelago delle Molucche - Arcipelago di Misool
- 13° giorno Sorong - Bali
- 14° giorno Bali
- 15° giorno Bali - Milano
Durata del viaggio: 15 giorni
Operatore turistico: Kel12
Dieci giorni in barca nell’Oceano Pacifico indonesiano, uno dei mari più spettacolari al mondo, a bordo di un veliero che può ospitare fino a 12 passeggeri. L’itinerario è organizzato da Kel12, un’agenzia di viaggio milanese specializzata in destinazioni di scoperta, con sede anche a Chiasso.
La crociera si articola su due temi di interesse. Il primo, storico-naturalistico, scopre l’arcipelago delle Molucche, note nei secoli scorsi come «isole delle spezie». L’importanza storica di questa regione risale a molti secoli fa. Solo in questi luoghi era infatti possibile coltivare chiodi di garofano, noce moscata o macis (il suo fiore). Questi prodotti e il loro commercio attirarono l’interesse delle potenze coloniali europee, che nell’Oceano Pacifico si scontrarono duramente per conquistare l’Indonesia e garantirsi così il monopolio del mercato delle spezie.
Il secondo tema del viaggio riguarda invece la visita della zona a sud (arcipelago di Misool) del Parco Marino di Raja Ampat. «I biologi – riporta la guida turistica Lonely Planet – considerano l’Indonesia orientale l’epicentro della vita marina sul pianeta e il primato della biodiversità spetta appunto alle isole Raja Ampat, definite dagli ambientalisti una fabbrica di specie. Secondo le ultime stime queste isole ospiterebbero infatti 1459 specie di pesci e oltre 550 coralli duri (più del 75 per cento del totale mondiale). Da qui le correnti oceaniche trasportano le larve di coralli fino all’Oceano Indiano e all’Oceano Pacifico, permettendo di ripopolare altre barriere».
Barattare New York con un’isoletta del Pacifico
18 aprile 1667, l’isola di Manhattan, dove oggi sorge l’affascinante metropoli newyorkese, venne acquisita dagli Inglesi in cambio di una sperduta isoletta dell’Oceano Pacifico situata nell’attuale Indonesia. La delegazione inglese, che trattava una riappacificazione con l’Olanda dopo anni di duri scontri in Estremo Oriente per il controllo del commercio delle spezie, esitò a lungo prima di decidere di cedere l’isola di Run in cambio della cosiddetta Nuova Olanda. Prima di acconsentire allo scambio i delegati discussero per giornate intere coinvolgendo anche il governo di Sua Maestà.
«Mentre l’inchiostro si asciugava sulle pagine del trattato – scrive Giles Milton nel libro «L'isola della noce moscata» (Milano 1999) – pochi si resero conto di aver firmato uno dei documenti più significativi della storia». L’accordo sanciva infatti un’America inglese e non olandese come avrebbe potuto essere.
Oggi questo baratto ha dell’incredibile, ma quattro secoli fa la situazione era molto differente. Run apparteneva infatti all’arcipelago Banda, apprezzatissimo per la coltivazione di spezie: soprattutto noce moscata e chiodi di garofano. Ancora oggi, avvicinandosi a queste isole durante il periodo del raccolto si rimane inebriati dal profumo delle spezie. La noce moscata, un tempo prodotta esclusivamente sulle isole Banda, nel Seicento era una delle merci più costose al mondo. Si riteneva che potesse tenere lontana la peste, curare i reumatismi e alleviare i dolori causati dalla gotta. D’altra parte assieme al macis (il suo fiore), ai chiodi di garofano e al pepe veniva utilizzata sulle tavole reali. Proporre ai propri ospiti pietanze speziate era segno di ricchezza e di potenza.
Francesco Antinucci nel suo libro «Spezie. Una storia di scoperte, avidità e lusso» (Bari 2014) documenta come i commercianti che controllavano questo mercato ne traevano mediamente un guadagno del 400 per cento, già dedotti i costi della spedizione e dei rischi che comportava navigare fra l’Europa e l’Oceano Pacifico.
Il commercio delle spezie era vecchio di secoli. Lo avevano praticato i Romani, gli Arabi, i Cinesi ed i Giavanesi, ma peggiorò con l’arrivo degli Europei e soprattutto degli Olandesi nel XVII secolo. Essi non desideravano più soltanto commerciare, ma pretendevano di istituire un controllo monopolistico. Lo conseguirono con la forza commettendo atroci brutalità nei confronti degli indigeni, come ben documenta Giles Milton con dovizia di particolari nel suo testo (si veda «Per saperne di più»). Dopo aver scacciato i Portoghesi, gli Olandesi si scontrarono duramente anche con gli Inglesi, i quali erano riusciti a conservare, almeno sulla carta, la proprietà dell’isola di Run, che fu appunto barattata con Manhattan.
Il dominio olandese sull’isola delle spezie sopravvisse per quasi due secoli, prima di tramontare per due ragioni. In primo luogo, a causa della corruzione e di un’amministrazione poco accorta delle colonie. In secondo luogo, per la nascita alla corte di Versailles di un nuovo sistema culinario che esaltava i gusti genuini delle pietanze e riteneva che l’uso delle spezie ne mascherasse i sapori.
Ma le potenze coloniali si stavano già affacciando a un nuovo redditizio mercato: quello del caffè, del tè e del cioccolato.
Batavia e Giacarta
La prima meta del nostro itinerario è Giacarta, la caotica capitale indonesiana, che raggiungiamo da Milano Malpensa in circa 16 ore di volo. Vi trascorriamo solo mezza giornata, il tempo sufficiente per visitare Kota, il centro storico, corrispondente all’antica capitale coloniale delle Indie Orientali Olandesi: di quell’epoca rimangono alcuni palazzi seicenteschi che si affacciano soprattutto sull’animatissima piazza centrale, sbiadito ricordo di un glorioso passato, dove oggi si esibiscono artisti di strada. La gente che incontriamo è sorridente e si dimostra ospitale. Durante tutto il viaggio abbiamo l’impressione che gli indonesiani siano di animo gentile.
Altre tre ore di volo ci separano da Ambon, dove inizia la nostra crociera a bordo di un veliero lungo 40 metri e munito di un amplissimo ponte superiore con vista a 360 gradi, dove durante la navigazione trascorriamo gran parte del nostro tempo contemplando il mare, quasi sempre calmo.
Ad accoglierci a bordo c’è un equipaggio di undici persone sotto il comando di Eric, un omone olandese dall’aspetto burbero ma dallo sguardo dolce, entusiasta di mostrarci le meraviglie del mare indonesiano, su cui naviga da ormai dodici anni. Siamo in sette passeggeri, che in parte non si conoscono, ma alla fine del viaggio si saluteranno come vecchi amici.
Le isole delle spezie
Mentre a bordo ci viene servita la cena, la Matahariku salpa in direzione della prima isola del nostro viaggio (Saparua) nell’arcipelago delle Lease, che raggiungiamo il mattino seguente. Ci ancoriamo al largo e con piccole imbarcazioni raggiungiamo il villaggio, dominato – come quasi tutti quelli che visitiamo anche in seguito– da un piccolo forte che ricorda la colonizzazione olandese. Mentre ci avviciniamo a terra rimaniamo inebriati dal profumo dei chiodi di garofano. È novembre, il tempo del raccolto, e gli uomini stanno accovacciati sui rami delle piante per coglierne uno ad uno i boccioli di fiore che in altri tempi avevano il valore dell’oro. A bordo di due pittoreschi taxi attraversiamo villaggi dove il tempo sembra essersi fermato. Davanti alle case dai colori pastello sono stese plastiche azzurre su cui per due giorni il raccolto viene sparso ad essiccare.
Torniamo sulla nostra imbarcazione e navighiamo la notte per raggiungere il mattino seguente le isole Banda, protagoniste di dure battaglie, soprattutto fra Inglesi e Olandesi, per assicurarsi il monopolio del commercio delle spezie. La prima isola che visitiamo è Pulau Api. Non ci sono automobili; solo qualche motocicletta messa bene in vista davanti all’entrata di casa come status symbol. Dopo una breve visita al villaggio ci inoltriamo in una piantagione di noce moscata. Gli alberi più maestosi non sono quelli che producono l’ambita spezia, bensì gli altissimi Canary, che proteggono dal sole le delicate noci moscate. Dispongono di secolari e spettacolari radici che paiono pietrificate e che con le loro forme artistiche costituiscono la gioia degli amanti di fotografia.
Tornati a bordo, poche ore di navigazione ci separano da Bandanaira, capoluogo dell’arcipelago delle Lease. Accanto sorge Pulau Ai dominata da un imponente vulcano, con la classica forma a cono, molto attivo nel corso dei secoli. Le sue colate laviche si estendono fino al mare e nel corso del tempo sono state ricoperte da coralli variopinti, che contrastano con il nero antracite della lava.
A partire soprattutto da questo momento lo snorkeling si fa serio. Come si mette la testa sott’acqua, trasportati da una dolce corrente, sembra di assistere a un documentario. Incontro qui la mia prima tartaruga marina, che si muove lentamente in profondità. Ma a stupirmi sono soprattutto le tinte dei coralli e l’enorme varietà di pesci di tutti i colori.
Trascorriamo la notte ancorati nella baia tra le isole Ai e Neira e il mattino visitiamo il villaggio di Banda Neira . In questa terra nessuno può vantare le sue antiche origini, perché la furia olandese ha letteralmente e brutalmente eliminato all’inizio del Seicento la popolazione indigena. Chi voleva sfuggire alla morte abbandonava le sue terre. Anche qui giungiamo durante il raccolto della noce moscata, che viene ordinatamente esposta al sole ad essiccare.
Il Parco Marino
Con il nostro veliero lasciamo questi luoghi storici di tristi memorie e ci dirigiamo verso l’arcipelago Misool, il versante sud del Parco Marino di Raja Ampat, dove la maggior parte delle isole sono disabitate e la vegetazione scaturisce come per incanto dalla roccia vulcanica. Centinaia di scogli emergono dal mare simili a enormi funghi. Le onde dell’Oceano hanno infatti scavato le rocce alla base.
Man mano che il viaggio prosegue la bellezza dei fondali marini diventa sempre più straordinaria. Osserviamo vere e proprie foreste di coralli: una visione inimmaginabile e difficile da descrivere a parole. I coralli sono di tutti i colori: bianchi, blu, verdi, rossi, viola, gialli, marroni. E di tutte le forme. Alcuni sembrano levigati ma ricoperti da una superficie a stelline. Altri, denominati «corallo tavolo» si presentano come enormi piattaforme circolari. Ce ne sono di tubolari, a forma di foglie, di funghi, a scomparti (una sorta di condominio per pesci), quelli classici a ramificazioni. Ma i più spettacolari sono quelli a ventaglio, finemente cesellati dalla natura.
Dai fondali marini torniamo in superficie e visitiamo un semplice villaggio di pescatori, dove la vita sembra scorrere tranquilla. È venerdì, giorno di festa per i musulmani, e i ragazzi non vanno a scuola. Quando sbarchiamo su un'isoletta sperduta in mezzo all’Oceano diventiamo l’attrazione del villaggio. Gli anziani vanno a prendere alcune sedie per accoglierci e farci accomodare sulla spiaggia, mentre i bambini ci seguono numerosissimi durante una passeggiata che si inoltra in un palmeto da cartolina. Siamo in un periodo di elezioni e i manifesti politici giungono anche su questo piccolo lembo di terra solitario. Sulla spiaggia troviamo splendide conchiglie e prima di ripartire le donne ci offrono un tè alle spezie. Ma è tempo di proseguire il nostro viaggio e di scoprire altri arcipelaghi, dove a bordo di piccole imbarcazioni è piacevole perdersi in magici labirinti di scogli per scoprire su alcune pareti dipinti di creature marine e impronte di mani risalenti a oltre 5 mila anni fa.
Gli ultimi giorni sono dedicati esclusivamente allo snorkeling. Seguendo la nostra simpatica guida olandese scorgiamo pesci che non avremmo mai notato senza di lui, come alcune aragoste dalle lunghe antenne, l’altezzoso pesce napoleone, un cosiddetto pesce coccodrillo che si mimetizza nella sabbia o un altro verde posato su un corallo della stessa tinta. Incontro anche il mio primo squaletto, lungo forse mezzo metro. Si differenzia da tutti gli altri abitanti del mare perché si sposta senza dimenarsi, ma scorrendo via altezzoso e diritto: noblesse oblige!
Se questi sono esemplari più importanti e rari che entusiasmano i miei compagni di viaggio più esperti, ad affascinarmi maggiormente è però la miriade di pesci pagliaccio, di cui fa parte anche il tenerissimo Nemo (ricordate il commovente film della Walt Disney?), che propongono tutte le variazioni dal giallo all’arancione, al rosso, fino al viola. Eleganti anche le cosiddette damigelle striate dai toni color pastello.
Di questo viaggio mi rimarrà l’immagine indelebile di una moltitudine di pesciolini, che finora avevo visto solo in acquario, inseriti in uno scenario corallino indimenticabile. Non scorderò nemmeno il piacere di seguire dall’alto branchi di migliaia di pesciolini trasportati come me dalla corrente del mare, che a tratti abbandonano la formazione per disperdersi in tutte le direzioni creando l’effetto di un fuoco d’artificio sottomarino grazie ai raggi del sole che penetrano in superficie le acque dell’Oceano. Mi rimarranno anche le immagini di splendidi tramonti infuocati, spesso allietati dalla presenza dei delfini che si rincorrono all’orizzonte.
Per saperne di più
- Indonesia, Lonely Planet, Torino 2013
- Spezie, una storia di scoperte, avidità e lusso, Francesco Antonucci, Editori Laterza, Bari 2014
- L’isola della noce moscata, Giles Milton, RCS Libri S.p.A., Milano 1999