Là dove si credeva che la terra finisse
Itinerario
(agosto/settembre 2015)
- 1° giorno Brest – Tréguier – Côte de Granit Rose (150 km)
- 2° giorno Visita della Côte de Granit Rose
- 3° giorno Côte de Granit Rose– Morlaix – Itinerario complessi parrocchiali – Roscoff (200 km)
- 4° giorno Roscoff – Le Folgoët – Porspoder (130 km)
- 5° giorno Porspoder – Pointe Saint‑Mathieu – Plougastel-Daoulas – Menez-Hom – Sainte-Anne-la-Palud (150 km)
- 6° giorno Sainte-Anne-la-Palud – Locronan – Quimper – Concarneau – Sainte-Anne-la-Palud (130 km)
- 7° giorno Sainte-Anne-la-Palud – Costiera nord della Cornovaglia – Sainte-Anne-la-Palud (200 km)
- 8° giorno Sainte-Anne-la-Palud – Penisola di Crozon – Sainte-Anne-la-Palud (100 km)
Durata del viaggio: 8 giorni
Operatore turistico: Organizzato in proprio
«Amo la Bretagna. Qui ho trovato il selvaggio e il primitivo. Quando i miei passi risuonano sul suolo di granito sento un fragore sordo, opaco e potente: è quello che cerco nella pittura». Così descriveva la sua Bretagna il pittore Paul Gauguin al collega e amico Émile Bernard. Il paesaggio bretone, con i segreti della sua luce e del colore, è stato fonte di ispirazione per moltissimi artisti, anche se l’esperienza più importante fu quella nata attorno al grande maestro francese, che dalla Bretagna ha dato origine all’arte moderna creando la Scuola di Pont-Aven.
Un viaggio in Bretagna propone una straordinaria sintesi tra natura, cultura e tradizioni. Questa selvaggia penisola allungata sull’Oceano con le sue vertiginose scogliere, le calette nascoste, le spiagge sferzate dal vento e dalle onde è una meta di viaggio davvero affascinante. Qui, dove secondo la tradizione finisce il mondo (Finistère), le condizioni meteorologiche sono imprevedibili e in una sola giornata di fine estate si ha l’impressione di percorrere le quattro stagioni.
Chi visita la regione non può che rimanere affascinato dal cambiamento dei paesaggi caratterizzati dalle alte e dalle basse maree, provocate dall’azione combinata della luna e del sole. Questo fenomeno è particolarmente rilevante lungo le coste, dove il livello dell’acqua può variare fino a 12 metri nel giro di poche ore. I paesaggi più belli si ammirano durante le alte maree, quando la luna si trova sopra il mare, attirando l’acqua verso di sé.
Sebbene la Bretagna sia la regione più agricola di Francia, i suoi abitanti, come recita un proverbio locale, «nascono con l’acqua del mare attorno al cuore». Desiderio di quasi ogni bretone è quello di navigare per professione. E naturalmente non ci si limita alla pesca costiera dei crostacei e all’ostricoltura, che fanno la fortuna dei ristoranti della regione, ma ci si avventura anche in alto mare fino al Golfo di Guascogna, alle coste irlandesi e a quelle islandesi a caccia di tonni, fino alla Groenlandia alla ricerca dei merluzzi. Quasi la metà del pesce presente sul mercato francese proviene dagli oltre 600 chilometri delle coste del Finistère. Sin dai tempi di Luigi XIV anche l’industria della conservazione del pesce era molto diffusa nella regione, così come la raccolta di alghe, oggi considerate da cuochi di fama come «la verdura del mare» e utilizzate anche nei centri di talassoterapia e per la produzione di cosmetici.
A differenza delle altre zone della Francia i piatti di pesce in questa regione non vengono accompagnati dal vino, bensì dal sidro, tradizionale bevanda bretone a basso tenore alcoolico, prodotta con mosto di mela.
I paesaggi bretoni non propongono però unicamente falesie, dune, scogliere e isole, ma anche fiumi, torbiere, foreste e immense distese di campi coltivati.
Il nostro itinerario si limita alla scoperta della cosiddetta Bassa Bretagna, cioè la parte più ad ovest, dove si parla ancora il bretone e dove gli antichi usi e costumi sono tuttora molto diffusi. Non ci sono voli aerei diretti per la Bassa Bretagna ed è pertanto necessario fare scalo a Parigi per raggiungere Brest, dove si può noleggiare un’automobile. Il tragitto che proponiamo richiede una settimana abbondante. Percorre le coste oceaniche del nord e dell’ovest, cosparse di fari e sferzate dal vento e dalle onde che hanno modellato splendide sculture all’aperto, visita alcune città medievali, scopre i complessi parrocchiali, uno dei fenomeni artistici più interessanti della Bretagna, con i meravigliosi Calvari scolpiti nel granito. Con un po’ do fortuna permette di vivere le tradizioni locali.
Asterix e Obelix
Chi non ha letto i fumetti di Asterix e Obelix, vicende che hanno come sfondo l’importante periodo di storia bretone? Le imprese dei due eroi raccontano infatti le battaglie dei Galli contro i Romani, che a partire dal 57 prima di Cristo invasero la regione, mantenendone il dominio fino al IV secolo dopo Cristo. Terminata l’epoca romana, tra il V e il VI secolo, la Bretagna fu invasa dai Celti provenienti dalla Britannia (cioè dall’Inghilterra) centro occidentale. Questa popolazione fu spinta ad attraversare il canale della Manica quando le sue terre furono a loro volta invase dai popoli germanici e danesi. La lingua bretone, che nel corso dei secoli ha subito numerosi mutamenti, fu introdotta da questi esuli inglesi, che per lungo tempo mantennero relazioni con la loro terra d’origine. È pure verosimile che le leggende riferite a re Artù, ai Cavalieri della tavola rotonda e a Mago Merlino, che in Bretagna fiorirono numerose, fossero state importate, insieme con la lingua e altre tradizioni, dall’immigrazione celtica di quel periodo.
La Bretagna, e soprattutto la regione più ad ovest (Finistère), rimane fedele alle sue tradizioni e alla sua lingua, che viene ancora oggi parlata da oltre 300 mila persone. In questi ultimi vent’anni, dopo i profondi cambiamenti del dopoguerra, soprattutto nella Bassa Bretagna si è assistito a una valorizzazione delle proprie radici, nonostante l’abbandono dei villaggi rurali e l’inevitabile sviluppo del commercio, dell’industria e del turismo. Si sta per esempio recuperando la grande varietà e ricchezza dei costumi, trasmessi da una generazione all’altra, che ancora oggi vengono sfoggiati durante le grandi feste popolari, come per esempio le importanti processioni organizzate per celebrare il santo protettore dei villaggi. Gli abiti da cerimonia, generalmente neri, brillano soprattutto per la vivacità dei grembiuli ricamati. L’originalità del costume femminile è costituita anche dai copricapo: in ogni regione le cuffie hanno caratteristiche diverse, sempre austere, ma molto fantasiose.
Cercando il Perdono a Sainte-Anne-la-Palud
Con un po’ di fortuna avrete la possibilità di testare personalmente quanto la gente del luogo sia ancora legata alle tradizioni. A fine agosto – inizio settembre nei vari villaggi della regione si tiene la festa religiosa del «Pardon». Ho avuto la fortuna di assistere a quella di Sainte-Anne-la-Palud. La festa è iniziata nel tardo pomeriggio del sabato di fronte a una fontana dedicata a una santa bretone chiamata Anna che ha però tratti in comune con Sant’Anna madre della Vergine Maria e con una dea irlandese della fertilità, «Ana». Dalla fonte, in processione, i fedeli hanno raggiunto la grande chiesa distante poche centinaia di metri, gremita in tutti i suoi spazi.
Quando è calata la notte, una processione illuminata da fiaccole si è avviata sulla collina alle spalle della chiesa: giovani, famiglie, anziani, bambini hanno partecipato alla veglia con preghiere e canti accompagnati da chitarre. Molto sentiti i canti tradizionali e quelli dagli accenti più moderni, che richiamano lo stile di alcuni cantautori francesi di qualche decennio fa.
Domenica sono state celebrate numerose messe; la più seguita quella officiata dal vescovo di Quimper giunto appositamente per la ricorrenza. Ma il momento clou della festa popolare del Perdono è la grande processione del pomeriggio. Dopo i vesperi un’interminabile e stupefacente fila di persone si è inerpicata su per la duna collinare portando bellissimi stendardi ricamati in seta con i patroni, croci d’argento finemente decorate e statue di Sant’Anna. Uomini, donne e bambini portavano i costumi tradizionali bretoni: per le donne un abito di velluto nero ricamato d’oro, grembiulino bianco anch’esso ricamato e una cuffietta candida di pizzo della quale ogni luogo ha una versione diversa. Non mi capitava da tanto di vedere con quanta dignità e orgoglio si potessero indossare i costumi del passato! E con che gioia una giovane signora mi ha detto che portava l’abito di sua nonna!
Giunti alla sommità, il rito prevede la benedizione del mare e di coloro che ci lavorano. In passato erano molti i bretoni che perivano tra le fredde acque dell’oceano e la memoria di queste tragedie non è ancora scomparsa. Poi il vescovo si è girato verso la campagna e ha ripetuto la benedizione auspicando che la terra sia fertile e dia buoni raccolti. Cantando e pregando la lunga processione è scesa lentamente verso la chiesa dove, all’aperto, è stata impartita una solenne benedizione a tutti i presenti ma soprattutto ai bambini. Nei due giorni seguenti ho visto arrivare gruppi, anziani, ammalati. Una grande manifestazione di religiosità e di fede popolare oltre che di orgoglio della propria terra cui vale la pena di assistere.
La Côte de Granit Rose
Il nostro viaggio inizia dalla regione più a nord, quella che si affaccia sulla Manica – il canale che divide la Francia dalla Gran Bretagna – visitando in particolare la Costa di Granito Rosa.
Prima di arrivarvi da Brest facciamo tappa a Tréguier, un’antica cittadina con strette viuzze e pregevoli case a graticcio annidate in fondo a un estuario con un’imponente cattedrale, dove si trova la tomba di Saint Yves, il patrono degli avvocati. Saliamo lungo l’estuario fino a Le Gouffre, dove una splendida passeggiata lungo il mare dà un primo assaggio dei graniti rosa, con immensi massi rocciosi tra i quali sono state edificate alcune case signorili in granito, sempre rosa, che talvolta si appoggiano agli scogli. Ma lo spettacolo più straordinario lo si osserva una trentina di chilometri più ad ovest attorno al faro di Ploumanac'h, percorrendo a piedi una breve tratta del cosiddetto «sentiero dei doganieri», che si estende lungo quasi tutta la costa bretone. L’atmosfera magica dei luoghi non è dovuta solo al colore di questo granito di grana grossa, ma anche alle sorprendenti forme scolpite dall’erosione del vento e dalla violenza delle onde oceaniche. Sembra di trovarsi in un vastissimo museo di sculture all’aperto, dentro il quale si può passeggiare per ore e dove l’artista ha un unico nome: natura.
Sulla vicina Île-Grande, invece, il granito assume tonalità azzurre. Alla stazione ornitologica uno specialista commenta le immagini provenienti in diretta da una telecamera installata su un isolotto dell’arcipelago delle Sept-Iles, che si trova al largo ed è popolato da una foltissima colonia di uccelli, provenienti in primavera dalle coste africane.
Gli enclos paroissiaux
Dalla Costa di Granito Rosa in meno di un’ora in automobile si raggiunge la cittadina di Morlaix, da cui parte un interessante circuito alla scoperta dei migliori complessi parrocchiali (enclos paroissiaux). Per scoprire queste meraviglie dell'arte locale si consiglia di percorrere l’itinerario circolare descritto dalla Guida Michelin Verde (vedi «Per saperne di più»), che parte da Morlaix e tocca nell’ordine Saint-Thégonnec, Guimiliau, Lampaul-Guimiliau, La Roche-Maurice, Pencran, La Martyre, Sizun.
Il rapporto dei bretoni con la morte è profondamente influenzato dall’eredità celtica. Sugli ossari vediamo scolpito uno scheletro che tiene una falce, l’Ankou (il nome significa «angoscia»), che, narra la tradizione, la notte vaga su un carro che scricchiola. Chi sente il rumore o lo incontra morirà presto. La porta dell’inferno si troverebbe, si dice, nei monti d'Arrée, nel Finistère che stiamo visitando. Ed è proprio per permettere alla vita spirituale delle parrocchie di mantenere uno stretto legame con la comunità dei morti, che sono nati i cosiddetti «enclos paroissiaux», cioè i recinti o complessi parrocchiali, i gruppi monumentali più caratteristici dei borghi bretoni.
Un piccolo cimitero con pietre tombali uniformi è situato al centro del complesso. Attorno al camposanto, al quale si accede in generale da una porta trionfale, si trovano la chiesa con la piazzetta antistante, il calvario e l’ossario. Il complesso è solitamente racchiuso dentro un recinto in pietra. Queste architetture religiose, meraviglie spontanee che non hanno paragoni altrove, sono caratteristiche della devozione bretone ed espressione artistica della prosperità dei porti fluviali della regione tra il XV e il XVII secolo. La varietà architettonica di questi «recinti» si spiega con il forte spirito competitivo che regnava tra un villaggio e l’altro. L’ansia di primeggiare si tradusse in una specie di gara a chi faceva di più e meglio: a Guimiliau si realizzarono raffinate decorazioni sul calvario, a La Martyre si puntò su un ornatissimo arco trionfale, a Pleyben si fece un ardito campanile e a Saint-Thégonnec l’attenzione fu messa nella varietà e nel numero di statue del calvario.
Al cimitero si accedeva attraverso una porta monumentale riccamente decorata, una sorta di arco trionfale, denominato «porta dei morti», che simboleggiava l’entrata del giusto nell’immortalità. Per far posto alle nuove salme nei minuscoli cimiteri si riesumavano i cadaveri. Le ossa venivano raccolte in piccoli contenitori traforati addossati al muro della chiesa o del cimitero. I crani venivano invece sistemati nelle cosiddette «scatole per capo» e conservate negli ossari. Ma l’elemento più suggestivo dei complessi parrocchiali è costituito dai cosiddetti calvari, piccoli monumenti in granito che rappresentano scene della Passione e culminano nel Cristo crocifisso. Si tratta di sculture semplici, ma l’espressione dei personaggi e l’energia che emanano sono davvero sorprendenti. Questi calvari erano concepiti come una sorta di fumetto e avevano una funzione didattica. Molti presentano una piattaforma su cui il sacerdote saliva per spiegare ai fedeli, con l’ausilio di una bacchetta, le scene rappresentate.
Attorno al 1650, quando questa originale forma artistica raggiunse il suo apice, l’avventura si concluse: la Francia intraprese infatti una serie di interminabili guerre contro gli Inglesi e gli Olandesi, che interruppero i flussi mercantili nei porti bretoni facendo sprofondare la regione nella povertà.
Dalla costa nord a quella ovest
Torniamo allora sulla costa nord, dove visitiamo ancora la tipica cittadina bretone di Roscoff, sviluppatasi a partire dal XVI secolo grazie agli scambi commerciali con l’Inghilterra. Dimore signorili in granito costruite da ricchi mercanti, armatori e corsari caratterizzano il quartiere che si affaccia sul porto. Un curioso museo dedicato ai «venditori di cipolla rosa» con immagini e documenti racconta la storia dei venditori che nel XIX secolo attraversavano la Manica e battevano in lungo e in largo le strade della Gran Bretagna a piedi o in bicicletta carichi di trecce di cipolle. Come non tracciare un parallelo con l’immigrazione dalle nostre valli verso il nord Europa o l’Italia? Perché viaggiare non significa dimenticare le proprie origini, bensì capire meglio le proprie radici scoprendo le esperienze di altri popoli.
Da Roscoff ci trasferiamo dalla costa nord a quella ovest, passando da Le Folgoët, dove la basilica di Notre-Dame merita una visita soprattutto per ammirare un pontile che lega le due navate laterali della chiesa, finemente scolpito in granito e considerato uno dei capolavori dell’arte bretone.
Gli «Abers», costa selvaggia
La parte più settentrionale della costa ovest del Finistère offre lo spettacolo di un litorale molto selvaggio e frastagliato intercalato da numerosi estuari, detti «abers», che danno il nome alla regione e che bene si possono ammirare visitando le Dunes Sainte-Marguerite e di Corn ar Gazel. Il sentiero dei doganieri, che segue quasi tutta la costa bretone, qui scorre su spettacolari falesie a strapiombo sul mare. In questa regione il turismo è scarso. Ci troviamo nella terra ideale per chi ama passeggiare nel silenzio, interrotto solo dal suono provocato dall’impatto delle onde contro gli scogli e accompagnato dal forte odore delle alghe, talvolta sgradevole, che costituiscono da secoli un patrimonio regionale importante. La Francia è infatti leader in Europa nel commercio delle alghe e i quattro quinti della produzione provengono proprio da queste coste.
Nel piccolo villaggio di Plouguerneau un piccolo ecomuseo racconta la storia della raccolta praticata da secoli. Anticamente le alghe venivano utilizzate come fertilizzante, combustibile o cibo per animali. Oggi sono impiegate per la fabbricazione di prodotti cosmetici, nei centri di talassoterapia e sempre più spesso anche in cucina dai cuochi di grido, che le considerano la «verdura di mare». Una sessantina di imbarcazioni provviste di un braccio meccanico snodato rastrellano i fondali marini raccogliendo ogni anno oltre 70 mila tonnellate di alghe, che poi vengono stese a seccare sul litorale.
La «Route des Phares»
Al largo di queste coste, denominate anche «des Naufrageurs», battute dalle onde dell’Atlantico e della Manica, sono affondate centinaia di navi. Si racconta addirittura che un tempo i contadini accendessero sulla costa fuochi all’aperto per confondere i capitani e provocare il naufragio delle loro imbarcazioni per poi saccheggiarne i relitti. Aneddoti a parte, molte più navi sarebbero affondate nel corso dei secoli se non ci fossero stati i fasci di luce dei fari, costruiti in Bretagna a partire dal 1695. Sentinelle dei mari, per secoli unico punto di riferimento per chi solcava le onde impetuose dell’Oceano Atlantico, queste strutture sono oggi per la quasi totalità automatizzate. I fari più imponenti sono certamente quelli dell’Île Vierge, a nord della costa ovest, che con i suoi 82.50 metri è il più alto d’Europa e quello delizioso di Saint-Mathieu, a sud, con accanto le suggestive rovine di un monastero benedettino del VI secolo. Ma sui quasi 90 chilometri di costa tra Brest e Portsall si sviluppa la cosiddetta «Route des Phares et Balises », dove si possono ammirare ben 30 fari e oltre 85 boe di segnalazione. Su una terrazza che si affaccia sul porto di Portsall si trova una delle due enormi ancore di 20 tonnellate ciascuna che appartenevano alla petroliera Amoco Cadiz. È il triste ricordo della catastrofe ecologica causata dal suo naufragio il 16 marzo 1978, quando durante una terribile tempesta, a causa di un guasto tecnico rimase in balia delle onde. Mentre attendeva l’autorizzazione dei suoi proprietari a farsi soccorrere si spezzò in due all’impatto con uno scoglio e riversò in mare 230 mila tonnellate di petrolio greggio.
La spettacolare penisola di Crozon
La penisola di Crozon rappresenta certamente uno dei luoghi più spettacolari e selvaggi di questo viaggio in terra bretone. Una sua magnifica veduta d’insieme si può avere dalla collina denominata Ménez-Hom. Questo monte alto appena 330 metri permette di spaziare sui luoghi appena descritti e ci introduce alla penisola di Crozon con le sue splendide punte che stiamo per visitare. Anticipa anche un panorama sulla penisola della Cornovaglia francese, che costituirà una delle prossime tappe.
La penisola di Crozon propone quattro punte molto spettacolari. Iniziamo la visita da quella più a nord, denominata «des Espagnols», che offre una splendida vista sulla costa tra Brest e la Pointe Saint‑Mathieu. Data la vicinanza con quest’altra sponda, nel 1594 una guarnigione di militari spagnoli alleati con la Lega Cattolica costruì (da qui il nome) una fortezza, di cui si visitano le rovine, per controllare l’ingresso del traffico marittimo verso la città di Brest.
La Pointe de Pen-Hir, con un dirupo di 70 metri sul mare, è la più spettacolare delle quattro punte della penisola e ospita un suggestivo monumento in onore dei bretoni delle «Forces françaises libres», il movimento di liberazione fondato a Londra da Charles de Gaulle. La Pointe de Dinan propone invece una bella passeggiata da cui si ammira una fantastica roccia a forma di castello, mentre a Cap de la Chèvre si visitano le rovine di un posto di osservazione tedesco durante la seconda guerra mondiale.
La Cornovaglia francese
Dapprima reame e in seguito ducato, la Cornovaglia anticamente si estendeva su un territorio molto più vasto. Oggi si limita alla sola parte costiera, di cui il nostro itinerario prevede la visita della parte nord, quella più spettacolare. Questa regione è arricchita anche da tre interessanti luoghi d’arte: la capitale Quimper, lo splendido villaggio di Locronan e la suggestiva cittadella di Concarneau. Secondo un detto bretone «nessuno ha mai attraversato questo mare senza paura né dolore» e una preghiera recita «Soccorrimi, o Dio, al Raz: la mia nave è così piccola e il mare è così immenso…». Alla Pointe du Raz, uno dei luoghi più selvaggi e spettacolari di tutta la Bretagna, dove si dice che il vento urla e l’Oceano tuona, sorge una eloquente statua dedicata a Notre-Dame des Naufragés. Oltre 1 milione di turisti ogni anno contempla il mare aperto da questa punta, il cui accesso è regolamentato per permettere la tutela dell’ambiente naturale (per la visita si calcoli almeno 1 ora a piedi).
Poco lontano e raggiungibile anche a piedi partendo dalla Pointe du Raz lungo il sentiero costiero, l’altrettanto interessante Pointe du Van (se la si raggiunge in auto si calcoli un’ora a piedi per la visita). Proseguendo sulla costa in direzione di Douarnenez, la capitale delle sardine, s’incontrano altre punte dal panorama straordinario (Pointe de Brézellec, Pointe de Beuzec e Pointe du Millier) e l’interessante Riserva naturale di Cap-Sizun, dove, soprattutto in primavera, si possono ammirare alcune migliaia di uccelli marini che si raggruppano in colonie. A Douarnenez attraversando una maxi scatola di sardine blu e gialla, si possono scoprire i segreti della conservazione del pesce, attività attorno alla quale da oltre due secoli ruota la vita di questa città. Nel porto, trasformato nel più importante museo galleggiante d’Europa, si possono visitare rimorchiatori, langoustier, velieri e molti altri esemplari di vecchi bastimenti.
Città medievali
Un salto nel passato. È quanto avete l’opportunità di fare visitando Locronan, un piccolo gioiello del Finistère, dove il tempo sembra essersi fermato e dove la vocazione turistica non ha compromesso l’architettura di questo bellissimo villaggio. Scelto da molti registi (tra cui Roman Polanski per «Tess») come set cinematografico, il borgo si è sviluppato tra il XV e il XVII secolo grazie alla fabbricazione e alla commercializzazione di tele per velieri. La qualità di questi tessuti era tale da essere richiesti in tutta Europa per equipaggiare le navi della marina francese, di quella inglese e di quella spagnola. Si narra che le caravelle di Cristoforo Colombo veleggiassero grazie a tele tessute a Locronan. Il villaggio ha conservato una splendida piazza centrale con un antico pozzo, sulla quale si affacciano edifici rinascimentali in granito e l’ampia chiesa, che deve le sue origini a un vescovo eremita irlandese stabilitosi nel VII secolo in questa regione boschiva e autore, secondo la tradizione, di numerosi miracoli. Camminando lungo le strette viuzze del borgo, con un po’ di fantasia si può immaginare la vita nell’epoca medievale.
A un’ora circa di automobile da Locronan sorge un’altra chicca del passato: l’incantevole cittadella (Ville close) di Concarneau circondata da imponenti mura medievali in granito. Si tratta di un’isoletta a forma irregolare lunga 350 metri e larga 100, con strette e pittoresche viuzze, collegata alla terra da un ponte. La si può scoprire sia passeggiando lungo le due animate arterie principali, sia percorrendo il panoramico giro delle mura, da cui si gode una bella vista sul porto peschereccio della cittadina, considerato tra i più importanti di Francia.
Tra Locronan e Concarneau vale la pena di visitare anche Quimper, che si scorge da lontano grazie alle guglie della sua cattedrale, provvista di splendide vetrate, davanti alla quale si estende il centro storico caratterizzato da strette viuzze fiancheggiate da case a graticcio e battezzate con i nomi delle corporazioni medievali.
Per saperne di più
- Bretagna, Guida Michelin verde, Milano 2007
- Bretagna, il meglio di…, Michelin, Milano 2013
- Bretagna, Guida Michelin rossa, Nanterre 2016
- Bretagna, le 10 mete e la regione zona per zona, Milano 2009
- Bretagna, Meridiani, agosto-settembre 2009, Milano 2009
- Bretagna, Traveller, marzo 2005, Milano 2005
- Bretagne, Carte routière et touristique, Michelin, Boulogne 2015