Un vero paradiso naturalistico
Itinerario
(ottobre/novembre 2013)
- 1° giorno Ticino – Windhoek (via Johannesburg con pernottamento a bordo)
- 2° giorno Arrivo a Windhoek nel pomeriggio e tempo libero per scoprire il centro cittadino o per il relax
- 3° giorno Il deserto del Kalahari
- 4° e 5° giorno I San, il Namib e le dune di Sossusvlei (320 km)
- 6° giorno Il deserto del Namib e Swakopmund (380 km)
- 7° giorno Escursione a Walvis Bay e Sandwich Harbour e rientro a Swakopmund
- 8° giorno Cape Cross e la Costa degli Scheletri (350 km)
- 9° giorno Damaraland, Twyfelfontein e Etosha (320 km)
- 10° giorno Etosha e il safari (300 km)
- 11° giorno Etosha, Okahandja (mercato del legno) e Windhoek (410 km)
- 12° giorno Partenza per il Ticino (via Johannesburg)
Durata del viaggio: 12 giorni
Operatore turistico: Kel12
Le dune di sabbia più alte al mondo, deserti rossi, distese di lava, canyon maestosi, coste misteriose e tanti, tanti animali. La Namibia è tutto questo: una quintessenza dell’Africa. Per scoprire le gemme nascoste di questa terra si percorrono spazi immensi attraverso paesaggi incontaminati e in gran parte disabitati. La maggior parte di questo territorio, grande tre volte l’Italia, ma con soli tre milioni di abitanti, è desertica. La popolazione vive nelle regioni del nord (ai confini con l’Angola), ricche d’acqua, e sull’altipiano centrale (circondato dal deserto), sul quale si trova la capitale Windhoek. In questo paradiso naturistico le albe e i tramonti sono spettacolari e infuocano i colori della sabbia rossa del deserto. Durante le notti stellate sembra di toccare il cielo con un dito.
La Namibia dispone di un’infrastruttura turistica di alto livello con lodge di charme dispersi nella natura. La si può visitare con viaggi organizzati, ma anche individualmente, e senza correre pericoli, noleggiando un’automobile, preferibilmente 4x4. Trattandosi di un paese molto esteso i possibili itinerari di viaggio sono numerosi e dipendono dal tempo che si ha a disposizione.
Il nostro itinerario, preparato in modo ineccepibile da Kel12, inizia dalla capitale Windhoek e prosegue alla scoperta dei deserti del Kalahari e del Namib con le dune più alte al mondo, della costa oceanica ricca di delfini, otarie, pellicani e fenicotteri, della splendida regione del Damaraland con fantasiose incisioni rupestri scolpite nelle rocce di arenaria, per terminare all’Etosha Park, dove si può ammirare ogni sorta di animali selvaggi: leoni, elefanti, rinoceronti, giraffe, zebre, aquile eccetera.
Potenzialità economiche
La Namibia è una giovane democrazia nata nel 1990. L’80% della popolazione è cristiana. È un paese con grandi potenzialità. Grazie alla bellezza dei suoi paesaggi estremamente variegati la Namibia ha sviluppato un turismo di elevato livello ed in continuo sviluppo. Un’altra ricchezza del paese è rappresentata dalla presenza di minerali di ogni genere: oro, argento, stagno, rame, piombo, zinco, pirite, fluorite, eccetera, ma soprattutto diamanti e uranio. Dalle miniere di diamanti namibiane provengono le gemme più pure al mondo. E per quanto attiene all’uranio la Namibia ospita la miniera più ampia della terra.
Grazie alle correnti fredde antartiche la costa oceanica della Namibia figura tra le dieci regioni più pescose al mondo. Molto importante è anche l’agricoltura, che direttamente o indirettamente offre tuttora da vivere a due terzi circa della popolazione ed è particolarmente orientata verso l’allevamento del bestiame (80 per cento del reddito del settore). Il sottosuolo namibiano è ricco anche di gas e di giacimenti di petrolio: si sta procedendo a trivellazioni.
Passato coloniale
Nonostante queste enormi potenzialità e sebbene il reddito medio pro capite sia il più alto del continente dopo il Sud Africa, una buona metà della popolazione vive tuttora al di sotto del livello di povertà. Questo è dovuto al fatto che un’infima minoranza di abitanti (si parla del 5%), in prevalenza bianca, controlla i tre quarti dell’economia. E sono proprio questi i difficili retaggi del periodo coloniale con cui deve confrontarsi la Namibia indipendente. Ripercorrendo le tappe principali della sua storia si può ben capire come il processo di mutamento per giungere a una più equa distribuzione del reddito sarà lungo, ma inesorabile. Una trentina di anni di indipendenza sono ben poca cosa di fronte a secoli di dominazioni estere: i boeri, i tedeschi, gli inglesi, i sudafricani. Non si dimentichi inoltre che il paese deve ancora fare i conti con la scomoda eredità dell’apartheid, che di fatto ha diviso la Namibia tra bianchi e neri. Un’altra insidia è rappresentata dal fatto che la Namibia è uno stato multietnico, creato senza tener conto dei territori occupati in passato da queste differenti popolazioni. Lo strumento principale per affrontare tutte queste sfide è stato individuato nell’istruzione. Oggi quasi tutta la popolazione è alfabetizzata. Sulla formazione si stanno investendo molti soldi e grandi energie, ma scarseggiano gli insegnanti.
Windhoek, la capitale
Il nostro viaggio inizia da Windhoek, la capitale della Namibia, che raggiungiamo dopo un lungo viaggio in aereo con due scali intermedi. È una città di stampo europeo, con diversi palazzi che ricordano l’epoca coloniale tedesca, terminata alla fine della prima guerra mondiale. La città è molto pulita e sicura. Marco, la nostra guida, ci ripete più volte che la Namibia è la Svizzera dell’Africa. Ed in effetti, visitando il palazzo del governo namibiano, per gentile concessione di un poliziotto molto orgoglioso del suo paese, mi sembra di entrare nella residenza governativa di Bellinzona.
Passeggiando per il centro città si incontra un movimentato e colorato mix di popoli, che rappresenta la grande varietà dei gruppi etnici del paese. Circa 300 mila abitanti della capitale vivono ancora a Katutura, la città dei neri creata durante l’occupazione sudafricana per allontanare la popolazione di colore dal centro di Windhoek, riservato ai bianchi in base alle regole dell’apartheid. Katutura nella lingua locale significa «il posto in cui non vogliamo stabilirci». Dopo l’indipendenza, avvenuta nel 1990, la capitale nera è diventata un vivace sobborgo della città, dove il governo ha portato i servizi principali e dove durante il giorno i turisti possono passeggiare in piena sicurezza, a differenza di quanto avviene in quartieri del genere nell’Africa del sud. Oggi questo sobborgo ha cambiato nome: da Katutura, cioè luogo in cui non desideriamo vivere, in Matatura, che nella lingua locale significa un posto dove invece amiamo vivere, anche se ai margini del quartiere stanno nascendo gli «squatter camps», le bidonville di Windhoek.
A Katutura si può visitare la comunità di Penduka, che gestisce un interessante progetto di recupero dell’artigianato locale: ricami, tessuti, batik, eccetera. Gli stessi prodotti si possono acquistare anche al Crafts Centre, il miglior negozio di artigianato namibiano, che si trova nel centro della capitale.
Verso il deserto del Kalahari
La prima tappa del nostro viaggio prevede il trasferimento verso il deserto del Kalahari. Lungo la strada incontriamo numerosi babbuini ed osserviamo enormi nidi sugli alberi, cosiddetti a condominio, perché ospitano colonie di uccellini con il petto giallo. Molto distanziate una dall’altra notiamo anche la presenza di grosse proprietà agricole (farms), che solitamente appartengono a bianchi.
Il Kalahari, con una superficie di circa 1,2 milioni di chilometri quadrati, è uno dei deserti più vasti al mondo. Si addentra per circa 400 chilometri in territorio namibiano, ma si estende anche in Botswana, Angola, Zimbabwe e Zambia. Propone un paesaggio prevalentemente pianeggiante, composto di deserto, steppa e savana ed è caratteristico per le sue dune di sabbia rossa. Un safari nella regione offre un primo approccio alla fauna africana (gazzelle, giraffe, gnu, struzzi, zebre e leoni) e al suo spettacolare territorio.
I San, un’etnia destinata a scomparire
Soprattutto nella regione del Kalahari e in Botswana vivono ancora gli ultimi eredi (circa 55 mila persone) dei San, uno dei popoli più antichi al mondo, autore di straordinari dipinti e incisioni rupestri. La storia di questa stirpe nomade di cacciatori ricorda per certi aspetti quella degli indiani d’America. La popolazione vive in piccoli nuclei familiari, senza capi, né gerarchie. Spinta nel corso dei secoli verso zone sempre più inospitali da tribù di agricoltori dedite all’allevamento del bestiame e, in seguito, dai coloni, ha sviluppato una straordinaria conoscenza del territorio e individuato tecniche che permettono la sopravvivenza in condizioni estreme.
I San vivono nel paese da epoche remote e gli studiosi ritengono che certe tribù ancora presenti in zone discoste nel deserto del Kalahari non abbiano cambiato il loro stile di vita da 20 mila anni a questa parte. Ma oggi il futuro delle loro tradizioni e della cultura San è minacciato dall’impatto con la società moderna. I giovani trovano lavoro come personale ausiliario nelle fattorie e si sposano con rappresentanti di altre etnie. La Namibia è infatti un territorio multietnico ed i territori anticamente occupati dai San ospitano oggi popolazioni giunte da varie parti del continente nero.
Le dune sabbiose più alte al mondo
Dal deserto del Kalahari, che delimita il paese ad est, ci spostiamo verso ovest per visitare il deserto del Namib, che dà il nome al paese e si estende per oltre 2 mila chilometri lungo la costa oceanica. La strada che collega i due deserti attraversa un paesaggio lunare: le montagne hanno riflessi rossi e verdi e la terra del fondo della pista è violacea.
Le dune di Sossusvlei, le più alte al mondo, nel Namib-Naukluft Park sono uno spettacolo indimenticabile. Si ergono attorno ai letti bianchissimi di antichi laghi prosciugati, che mettono in risalto lo straordinario color albicocca della sabbia del deserto. Le tonalità di colore mutano a seconda della posizione del sole, ma al tramonto la tavolozza dei rossi è indescrivibile. Anche le forme delle dune, forgiate dal vento, sono in perenne mutamento. Il luogo più magico del Parco è certamente Deadvlei, un lago prosciugato circondato da una corona di dune. Sulla distesa bianca dell’antico bacino si profilano spettrali gli scheletri di alcune piante morte 500 anni fa. Sculture e colori di cui è artefice la natura, il più grande artista al mondo!
Gli studiosi ritengono che il deserto del Namib risalga a 80 milioni di anni fa e sia uno dei più antichi del pianeta. Pare sia stato forgiato dalle sabbie del Kalahari, dello stesso colore, trasportate dal fiume Orange fino al mare, da lì spinte a nord dalle fredde correnti artiche del Benguela e infine trasportate lungo la costa dalle onde del mare.
Le dune di Sossusvlei – la più alta raggiunge i 350 metri – si possono scalare con grande fatica, perché i piedi sprofondano nella sabbia e si avanza molto lentamente, come camminando nella neve fresca.
Un altro luogo magico della regione è il Sesriem Canyon, profondo 30 metri e lungo 1 chilometro, scavato dal fiume Tsauchab. Lo si può percorrere a piedi lungo il letto del fiume ormai prosciugato, perché qui le piogge sono rarissime.
Verso la nebbiosa costa oceanica
Il deserto del Namib si addentra per 70-150 chilometri nell’entroterra ed è delimitato a ovest dall’Oceano e ad est da una catena montuosa, che dà accesso all’altipiano centrale: una sorta di spina dorsale molto abitata, che ospita anche la capitale della Nambia. Una strada sterrata corre ai limiti del deserto e lungo le montagne. Si attraversa dapprima un paesaggio spettrale di dune pietrificate, quindi un profondo canyon. A Solitaire, uno dei rari villaggi che si incontrano lungo il tragitto, uno svizzero gestisce una pasticceria nota per produrre il miglior strudel di mele della Namibia. La tratta più spettacolare la si percorre però, prima di raggiungere la costa, fiancheggiando la Valle della Luna: come lo indica bene il nome, il paesaggio è davvero lunare e ricorda quello della celebre Dead Valley nel sud ovest degli Stati Uniti. Avvicinandosi al mare il clima cambia, diventa inaspettatamente fresco, a causa delle fredde correnti antartiche, e spesso anche nebbioso, soprattutto in mattinata. È un fenomeno che si verifica lungo tutta la costa oceanica della Namibia e non senza conseguenze per il deserto del Namib, definito dagli studiosi «un deserto che vive».
Un deserto che vive
La costante presenza di nebbia, che si inoltra per una trentina di chilometri nell’entroterra desertico lungo la fascia costiera, favorisce la presenza di specie animali e vegetali che hanno saputo adattarsi alle esigenze dell’ambiente, ricavando da questo particolarissimo ecosistema l’acqua necessaria per sopravvivere. L’esempio più eclatante è quello della Welwitschia, una delle piante più antiche al mondo. Nei pressi della Valle della Luna se ne possono ammirare vari esemplari, ma in particolare una pianta, che secondo gli studiosi ha addirittura 1600 anni di vita. Questo vegetale, con oltre 2 metri di diametro, non spicca per bellezza ed è curiosamente imparentato con le conifere. Trae i liquidi, di cui necessita per sopravvivere, soprattutto dalla condensazione della nebbia e solo in quantità limitata dal sottosuolo.
Tra otarie e delfini
La località più nota della costa è Swakopmund, una cittadina che ospita ancora diverse famiglie di origine tedesca, i cui antenati si erano stabiliti in Namibia quando il paese era una colonia dell’Impero germanico. La presenza di numerosi edifici di fine Ottocento e d’inizio Novecento, risalenti all’epoca coloniale, da l’impressione al turista di trovarsi in una cittadina tedesca sulle rive del Mare del Nord o del Mar Baltico.
La costa ed il suo mare ospitano numerosi animali: soprattutto fenicotteri rosa, che si radunano in grandi stormi attorno alle pozze, otarie (una specie di foca), presenti con una colonia di 100 mila esemplari, pellicani e delfini. In partenza da Swakopmund o dalla vicina e più moderna Walvis Bay, che come molte altre cittadine attraversate durante il nostro viaggio ricorda l’edilizia dei villaggi americani, vengono organizzate crociere per fare l’incontro con questi simpatici animali. Le goffe foche, che raggiungono un peso medio di 200 chilogrammi, salgono a bordo dei catamarani come animali addomesticati e si lasciano carezzare mentre il capitano offre loro freschi pesciolini di cui sono golosissime: ne mangiano in media 15 chilogrammi al giorno. I pellicani atterrano con eleganza sugli scafi ed introducono il loro lungo becco arancione all’interno dei finestrini per ricevere pure loro i pesciolini. I delfini giocano con l’imbarcazione a due chiglie collocandosi nel bel mezzo del catamarano ed esibendosi in tuffi vertiginosi.
Un’altra esperienza indimenticabile è la gita di 60 chilometri in fuoristrada 4x4 lungo un paesaggio incontaminato e incantevole, che si snoda sulla sabbia in riva al mare da Walvis Bay a Sandwich Harbour per poi inoltrarsi nelle dune. I piloti delle vetture 4x4 si sbizzarriscono in acrobazie che lasciano i turisti senza fiato. Ma poi, per farsi perdonare, apparecchiano una tavola imbandita in riva al mare con ostriche e champagne.
Incisioni rupestri ed elefanti del deserto
Il nostro itinerario prosegue verso il Damaraland, la terra del popolo damara, una regione arida e ricca di arenaria che colora le montagne di rosso. Ma prima di abbandonare la costa incontriamo uno dei tanti relitti di navi vittime dei fondali marini in perenne mutamento di questa insidiosa costa oceanica. A questo proposito si racconta la storia di una nave inglese, che nel 1942 trasportava militari e passeggeri. Dopo essersi arenata chiamò in soccorso un’altra imbarcazione della flotta britannica, ma pure essa si insabbiò. Venne allora inviato un aeroplano, che sprofondò nella sabbia e non riuscì più a decollare. Infine, per mettere in salvo i naufraghi fu necessario inviare un convoglio di camion via terra.
La spettacolare terra del Damaraland è famosa per le incisioni rupestri e per i safari alla ricerca degli elefanti del deserto (una specie di dimensioni ridotte), che è possibile incontrare con un po’ di fortuna effettuando un’escursione in fuoristrada 4x4 attraverso un paesaggio sensazionale.
A Twyfelfontein, invece, si possono ammirare incisioni rupestri realizzate alcuni millenni fa. Si tratta di 2500 immagini rilevate su circa 200 lastre di arenaria rossa, che rappresentano leoni, elefanti, rinoceronti, zebre, antilopi, giraffe e struzzi presentati in forma stilizzata, ma con precisione di dettagli. La datazione di queste opere d’arte, cha appartengono al Patrimonio mondiale dell’Unesco, è alquanto incerta, ma gli studiosi ritengono si possa collocare tra 3 e 5 mila anni fa.
Uno dei parchi africani più famosi
Il nostro viaggio si conclude, prima di tornare nella capitale per il rientro in aereo, con la visita dell’Etosha National Park, uno dei parchi più grandi e più famosi di tutta l’Africa. Aree di savana, immense distese di cespugli spinosi, zone di fitta foresta, pianure sconfinate, un grande lago salato (spesso prosciugato perché la pioggia è rarissima), e numerose pozze, costituiscono l’ambiente ideale per una moltitudine di animali selvatici. Il metodo più sicuro per avvistarli e fotografarli consiste nell’appostarsi nelle vicinanze di una pozza ed osservare il loro avvicendarsi nel rispetto della gerarchia che regola il mondo animale. In ordine di importanza ogni specie aspetta pazientemente il suo turno: dapprima gli elefanti, poi i predatori, quindi gli erbivori e infine i volatili. In una sola giornata abbiamo avuto l’opportunità di vedere diversi gruppi di elefanti giocare con il fango nell’acqua, un leone che dormiva satollo davanti alla carcassa di una giraffa che aveva appena assalito e in parte divorato, una famiglia di leoni che si avventava su una sventurata preda. Più da lontano abbiamo avvistato anche due ippopotami. Ma abbiamo avuto l’opportunità di ammirare anche molti altri animali: giraffe, zebre, gazzelle di ogni specie, gnu, sciacalli, una iena e due aquile. Una giornata davvero proficua se confrontata con quanto avviene in altri parchi, dove è difficile avvistare gli animali.
Informazioni e consigli
- Per raggiungere la Namibia sono necessarie circa 13-14 ore di volo effettivo dall’Europa, ma bisogna calcolarne una ventina, perché non ci sono voli diretti e si devono effettuare uno o due scali.
- Il modo più semplice e comodo per organizzare il viaggio è aggregarsi a un piccolo gruppo o creare un proprio gruppo per visitare il paese accompagnati da una guida. Kel 12, l’agenzia italiana con cui viaggia sovente l’autore di questo diario, è specializzata per itinerari in Africa.
- È anche possibile visitare il paese da soli noleggiando un’automobile, meglio se 4x4. Kel 12 organizza anche viaggi di questo genere prenotando gli alberghi per la sera. Alcune vetture sono dotate di tenda per dormire sopra il tetto in campeggi solitamente bene attrezzati e situati in luoghi splendidi.
- I nomi delle località in Namibia sono scritti in inglese e le case di autonoleggio mettono a disposizione navigatori stradali.
- Le strade sono in ottimo stato. Su quelle asfaltate si tiene facilmente una media di percorrenza di 100 km/h, mentre sulle piste in terra battuta si circola a una media di 70 km/h.
- L’itinerario descritto comporta una tragitto di circa 4'000 km.
- L’infrastruttura alberghiera in Namibia è di ottimo livello.
- Per quanto concerne la sicurezza non ci sono problemi. È comunque sempre preferibile viaggiare di giorno.
- Sulla costa oceanica il mattino c’è quasi sempre la nebbia e la temperatura scende notevolmente.
- Le escursioni termiche, costa a parte, tra il giorno e la notte sono notevoli. Bisogna prevedere che può fare anche molto freddo.
- Attenzione al sole, che scotta anche quando c’è la nebbia.
- La cucina è buona e l’igiene, nelle infrastrutture turistiche, è garantita. La birra è ottima. Il vino importato dal Sud Africa è solitamente di qualità.
- Il periodo migliore per visitare la Namibia è settembre-ottobre, cioè durante la loro primavera.
Per saperne di più
- Namibia, Polaris, Firenze 2011
- Namibia, Dumont, Milano 2013
- Namibia, Lonely Planet, Torino 2010
- Namibia, WS, Vercelli 2008