La rinascita armena iniziò dalla laguna veneta
Itinerario
(aprile 2011)
Isola di San Lazzaro degli Armeni (Venezia)
Durata del viaggio: 1 giorno (da Venezia)
Operatore turistico: Organizzato in proprio
Una minuscola isola, situata nella laguna di Venezia, da cui si gode una splendida vista sulla Serenissima, ha svolto un ruolo determinante per la salvaguardia dell’identità armena (si veda anche «Un viaggio tra storia, arte e natura») e per la rinascita di questo popolo nel XVIII secolo, proprio mentre il territorio della madre patria era conteso, come ormai avveniva da secoli, tra russi, ottomani e persiani. Quando si temeva che tutto dovesse andare per il peggio, a San Lazzaro una comunità di religiosi condotta dall’Abate Mechitar lavorava in silenzio per salvare la cultura, la lingua e la religione di una civiltà che sembrava destinata a scomparire. Il fondatore della congregazione con sede a Venezia era convinto di poter salvare l’Armenia non con le armi, ma attraverso la valorizzazione della sua cultura.
Era questa una delle tante comunità armene che si erano costituite all’estero. La tragica storia di questo popolo ha infatti portato ad un esodo nel corso dei secoli. L’attuale Armenia, costituitasi come stato indipendente dal 1991, conta circa 4 milioni di abitanti. La maggioranza degli armeni – si calcola oltre 8 milioni – vive però al di fuori dei confini nazionali: in Georgia, negli Stati Uniti, in Russia (soprattutto a Mosca), in Francia e in altri paesi europei, in Libano, in Siria, in Iran, in Turchia, in Australia, in America meridionale. In Italia abitano diverse comunità, che in tutto contano tra le 2 mila e le 3 mila persone, sparse in varie regioni. Ma quella storicamente più importante si trova tuttora sull'Isola di San Lazzaro degli Armeni, nella laguna veneziana. La nostra guida armena Vahé Lazarian, che ci ha fatto conoscere e amare il suo paese (si veda anche «Un viaggio tra storia, arte e natura»), ha studiato armenologia per ben dodici anni a San Lazzaro. Durante un suo soggiorno in Italia ci ha condotti alla scoperta dell’isola e della sua storia.
La rinascita armena del Settecento con Mechitar
Mechitar era nato in Armenia e a ventiquattro anni si era trasferito a Costantinopoli seguito da alcuni discepoli decisi a salvare il proprio paese risvegliando la fede, la cultura e la lingua del loro popolo. Ma ben presto i turchi si accorsero dei suoi intenti e Mechitar nel 1701 fu costretto a fuggire con i suoi seguaci. Riparò in Grecia, a Modone, una cittadina controllata dai veneziani. I turchi arrivarono anche lì e Mechitar nel 1715 si trasferì a Venezia, che in quei tempi era uno dei centri editoriali più importanti al mondo. Non poteva capitare meglio, data la sua intenzione di pubblicare in lingua armena le traduzioni di numerose opere riguardanti i campi più svariati della cultura. Le numerose isolette della laguna ospitavano monasteri ed i veneziani non erano propensi ad accettare una nuova congregazione. Ma gli armeni erano influenti e ben visti in città, perché abili commercianti che garantivano il collegamento con le Indie, con la Persia e con il resto dell’Europa. Tanto che, secondo un detto veneziano, ci vorrebbero ben sette ebrei per fare un armeno. Dopo due anni di permanenza in città la congregazione ottenne il permesso di trasferirsi sull’Isola di San Lazzaro, ormai disabitata da due secoli, dapprima in affitto e in seguito come proprietaria. Riuscirono a resistere perfino all’ordine di Napoleone di sopprimere tutte le congregazioni religiose. San Lazzaro rimane così l’unica isola nella laguna veneta ad aver conservato, unitamente a San Francesco del Deserto, la sua antica funzione conventuale. Sul modo in cui la congregazione armena riuscì ad evitare l’ordine napoleonico esistono diverse spiegazioni, di cui alcune romanzesche. Le abilità diplomatiche dei sacerdoti mechitaristi sembrano comunque essere fuori discussione. La congregazione, anche da un profilo religioso, gode infatti da sempre di uno statuto speciale: è infatti riconosciuta sia dalla chiesa cattolica romana, sia da quella armena e da secoli funge da anello di congiunzione, da ponte tra le due religioni. La prospettiva culturale di Mechitar si rivela così caratterizzata da una rara ampiezza di vedute, soprattutto nel saper integrare il patrimonio spirituale e teologico dell’Oriente con quello dell’Occidente. Come scrive lo studioso italiano Claudio Gugerotti, «Mechitar diede alla cultura armena uno slancio inedito e certamente straordinario proprio perché comprese, con intelligenza rara, che si poteva essere cosmopoliti senza snaturarsi».
L’influsso culturale della congregazione venne riconosciuto dagli storici armeni sin dall’Ottocento. Nel secolo successivo lo scrittore Arshag Tchobanian affermò che «nessuna istituzione armena ebbe un influsso così originale, così profondo e permanente sugli armeni nel diffondere lo spirito, il gusto, i costumi occidentali quanto la Casa di Mechitar». Lo storico Arakel Babakhanyan scrisse addirittura che l’opera di Mechitar «segna l’inizio di un’epoca tutta nuova nella storia del nostro progresso spirituale» al punto da proporre di «denominare quell’epoca (cioè fin oltre la metà dell’Ottocento ndr.) come epoca mechitariana».
Un angolo di Armenia nella laguna veneta
San Lazzaro degli Armeni, che si raggiunge in quindici minuti di vaporetto da San Marco, è un pezzo di Oriente trapiantato nella Laguna. Quando i sacerdoti mechitaristi arrivarono sull’isola nel 1717 trovarono solo una piccola chiesa e alcune capanne. Iniziarono quindi l’edificazione dell’attuale monastero e l’ampliamento della superficie dell’isola. L’ultima tappa fu ultimata nel 1850.
Dal pontile, situato a fianco della darsena ottocentesca, si gode una splendida vista sulla Serenissima. Il giardino che circonda il monastero è un’oasi di pace. Ispirò il poeta inglese Lord Byron che trascorse alcuni periodi a San Lazzaro, dove apprese la lingua armena, «un idioma ricco, che ripagherebbe chiunque della fatica di impararlo».
Attraverso il giardino si entra nel convento. L’architettura non è orientale, salvo le decorazioni della chiesa. Visitato il refettorio, un interessante ambiente settecentesco dominato da un’imponente «L'ultima Cena» di Pier Antonio Novelli, si attraversano numerosi corridoi adornati di dipinti donati al monastero e si sale al primo piano decorato da stucchi settecenteschi dove si trova la biblioteca, che costituisce la grande attrattiva della visita. Ospita oltre 200 mila volumi, di cui la grande maggioranza antichi. La scelta delle opere è stata concepita da Mechitar come raccolta degli strumenti necessari alle attività di ricerca, che spaziavano dalla teologia alla filosofia, dalle scienze alla storia, alla letteratura. Nel contempo l’abate ha impegnato la Congregazione nella raccolta di antichi manoscritti, con l’invio di confratelli in Oriente e in America e, quando non era possibile acquisire alcuni esemplari, venivano copiati. Il convento ospitava fino a pochi anni fa anche una tipografia che in 250 anni di attività ha stampato oltre 4 mila volumi frutto di ricerche o traduzioni in lingua armena prodotte dai padri della comunità, che oltre a praticare la preghiera si dedicano tuttora al lavoro intellettuale a favore della cultura armena. Dai tipi della casa editrice di San Lazzaro sono però uscite numerose altre opere stampate in ben 36 lingue. Dal 1967 i preziosissimi manoscritti sono custoditi in un nuovo edificio circolare a prova di fuoco, che li ha risparmiati da un furioso incendio divampato nel 1975.
Per saperne di più
- Armenia, Polaris, Firenze 2010
- Georgia, Armenia, Azerbaigian, Lonely Planet, Milano 2008
- Armenia, Braot, Bucks (England), 2003
- Claude Murafian et Ericc van Lauwe, Atlas Historic de l’Arménie, Paris 2001