Lugano-Roma, solo andata: ma Jannik Sinner, quindi, è italiano o no?

Partiamo da dove ci eravamo lasciati la
scorsa settimana, cioè da Sigfrido Ranucci. Mi sembra di capire che, al di
là delle belle parole e degli attestati di stima e solidarietà, siamo di nuovo
alle solite…
«Sì, il Garante
per la privacy ha multato Report, cioè la Rai, che è l'editore, per 150
mila euro. Il motivo? Report ha diffuso un audio, una telefonata tra l'ex
ministro Sangiuliano e la moglie, che è una giornalista tra l'altro della Rai,
come lo è Sangiuliano. Ecco, per questo motivo Report è stata multata.
Sigfrido Ranucci ha parlato chiaramente di un contesto politico che, in qualche
modo, ha spinto questa decisione. Forza Italia e Fratelli d'Italia, non a caso,
hanno ricominciato a martellare sul programma. C'è stata una settimana di pace.
È già finita. E ricordiamoci che l'inchiesta sulla bomba messa accanto alle
auto della famiglia Ranucci di fronte al cancello di casa, a pochissimi metri
all'ingresso, è ancora ai primi vagiti. Non si sa nulla, quindi. Serve ancora
tanta solidarietà e serve tanta protezione umana e sincera nei confronti di un
grande giornalista. Libero e coraggioso».
A proposito
di giornalisti: cambiamo totalmente campo e parliamo di tennis, perché Bruno
Vespa si è inserito nella polemica del momento a tema, manco a dirlo, Jannik
Sinner, reo di aver rifiutato la convocazione in Davis. Vespa ha detto: «Perché
un italiano dovrebbe tifare un tedesco che dice no alla Nazionale?». Che dice
il Paese reale, invece?
«La polemica
è facile, a Roma come a Milano o a Lugano».
Sì, in
effetti anche Roger Federer, in Svizzera, a suo tempo è stato più volte
criticato per aver rifiutato la Davis…
«Esatto.
Quindi bisogna distinguere, evitare di creare subito clamore, che appunto è
facile. L’unico giornalista noto che si è schierato per Sinner è stato il direttore
del TG di La 7, Enrico Mentana. Comunque, la questione è una soltanto
quest'anno. La Federazione, ma direi tutto il movimento tennistico italiano, aveva
davvero bisogno di Sinner. E ne aveva bisogno perché quest'anno la Davis,
quella che viene chiamata impropriamente Coppa Davis, si giocherà in Italia, a
Bologna. C'era bisogno di una spinta, di un po’ di energia anche: per l'evento,
per i soldi investiti, per le attese degli inserzionisti e per la vendita dei
biglietti. Per tutto. Sinner, a una chiamata del suo Paese, della sua
Federazione, ha risposto non posso. Lo ha fatto il giorno dopo aver partecipato
a un torneo farsa in Arabia Saudita, strapagato oltre 5 milioni di euro, un
torneo che le petro-monarchie organizzano per trascorrere un fine settimana
diverso. Ecco, le due circostanze, i due eventi, uno di fronte all'altro, hanno
fatto fare una pessima figura a Sinner in quanto italiano, perché Sinner è
italiano, e in quanto campione, perché Sinner è un campione. A me dispiace che Sinner
abbia toppato ancora una volta».
Un conto è
toppare, un altro è riaccendere la solita, sterile polemica: Sinner non è un
vero italiano, vive a Montecarlo, parla tedesco…
«Certo, guai
se scadessimo in queste polemiche. Jannik avrebbe fatto lo stesso con l’Austria
se fosse stato austriaco e avrebbe fatto lo stesso con la Spagna se fosse stato
spagnolo. È la sua mentalità. Pensa molto al successo, è ordinato,
disciplinato, fisso sull’obiettivo. E il suo obiettivo è vincere, vincere
tantissimo e, in questo momento, tornare il numero uno del mondo. Non solo, vuole
fare anche tanti, tanti soldi: vogliamo biasimarlo? Detto questo, servirebbe un
po’ di generosità. Ha detto di no al Festival di Sanremo e ha detto di no pure
al presidente della Repubblica Mattarella. E Mattarella, l’anno scorso, agli
Internazionali d’Italia è andato a vedere Paolini e non Sinner. Un segnale
preciso, questo, di cui ha riferito anche Cazzullo sul Corriere della Sera.
Potrebbe ripensarci? Non credo, ma lo spero. C’è sempre tempo. E noi ce lo
auguriamo. Da Roma a Lugano e fino a Zurigo».
Chiudiamo,
come sempre, con il calcio. Per rilassarci un po’. Ma nemmeno troppo, visto
quanto sta accadendo a Castellammare di Stabia. Vuoi parlarcene?
«La Juve
Stabia è sotto amministrazione giudiziaria, perché attorno alla società si è
costituito un gruppo camorristico. E attenzione, non stiamo parlando di una
squadra qualsiasi, ma di una formazione di Serie B molto competitiva, che
l'anno scorso ha partecipato ai playoff per la Serie A. La delinquenza
organizzata, insomma, è arrivata a un livello ancora più alto. In passato,
queste cose accadevano in Serie D, al massimo in C, mentre ora siamo arrivati ai
limiti della Serie A. C'è un'altra cosa da dire, anzi da ricordare, e cioè che
la Juve Stabia, una società all'apparenza sana ed efficiente, diciamo pure
virtuosa, era rinata due o tre anni fa quando le era stato accordato uno
stralcio dei debiti. La società, all’epoca, aveva una quindicina di milioni di
euro di debiti. Una parte di questo debito era stata pagata e il club era
ripartito, teoricamente, in maniera pulita. Lo Stato, di conseguenza, è stato
fregato due volte: la prima anni fa, quando la società, con un costo per le
casse pubbliche, penso ai creditori di quella Juve Stabia, si era ripulita
grazie al sostegno dello Stato; la seconda adesso, con la Juve Stabia diventata
un posto, come dire, non proprio raccomandabile per il calcio, non solo per il
calcio».
Il
riferimento, immediato, è la Colombia dei narcotrafficanti che, quasi per
divertissement, gestiva diversi club della massima divisione del Paese, che
arrivarono anche a ottenere risultati di rilievo a livello internazionale. È
questo lo scenario che dobbiamo immaginarci per Castellammare di Stabia?
«Più che
immaginare qualcosa, dobbiamo sperare che il sistema calcio, sostenuto
chiaramente dal sistema Paese, sia molto più attento ai capitali e ai dirigenti
che arrivano. E non parliamo soltanto di criminalità, parliamo spesso di
evasione, di riciclaggio, di malaffare che trova nel calcio uno sfogo. Fino a
pochi mesi fa parlavamo dei crediti fiscali che trovano nel pallone una facile
porta di accesso».

