Lugano-Roma, solo andata: ma chi è, davvero, Sigfrido Ranucci?

Partiamo dalla coda, ovvero dall’attentato – perché
di questo si è trattato – a Sigfrido Ranucci, volto noto e giornalista
della Rai. Che lettura dai a quanto accaduto?
«C'è una parte da scrivere nei prossimi giorni, con le
indagini. Per adesso sappiamo che si è trattato di una bomba di circa un
chilogrammo di esplosivo, inserita in una confezione tra due auto della
famiglia Ranucci parcheggiate all'esterno dell'abitazione, ma accanto
all'ingresso. Una bomba che è scoppiata con una miccia, quindi non con un
telecomando: è stata posta lì pochi attimi prima del botto e con il rischio,
appunto non controllato, di far male, forse uccidere. Non si sanno le
intenzioni di chi ha lasciato quel pacco e né tantomeno si sa, penso si saprà a
breve, a chi è stato ordinato di lasciare quel pacco. Ma questa notizia, questa
notizia molto triste, inquietante, ha creato angoscia in tutti noi, noi
giornalisti, noi militanti della libertà in assoluto, della libertà di
informazione in particolare. È una notizia che va descritta e raccontata anche
raccontando e descrivendo Sigfrido Ranucci».
Ecco, chi è Sigfrido Ranucci?
«Ranucci è un giornalista che ha fatto della libertà e dell’imprevedibilità
il suo mestiere. Non è quel giornalista che attacca il governo, attacca la
destra come la sinistra. Imprevedibile, appunto, perché la libertà è assoluta e
chiaramente uno come lui dà fastidio, anzi dà molto fastidio al potere. Ranucci
non è una persona che si dà delle arie, che cerca di fare il personaggio. Tanto
è vero che, in questi mesi, ha ricevuto tante altre pressioni, minacce e
intimidazioni. Ma non ne ha mai parlato, proprio per evitare che qualcuno
potesse pensare che lui stesse speculando sulla sua popolarità. Di fronte a
questo fatto ci si ritrova chiaramente sommersi, penso alla redazione di Report
e a tutto il gruppo che vi lavora, da tantissima solidarietà. Ma in questi
mesi, e questo è un dato di fatto, Report ha vissuto molto spesso
nell'isolamento, nel quasi nel boicottaggio sistemico. E per sistema intendo
tutte quelle componenti che fanno di uno Stato una democrazia. La solidarietà
oggi è facile, è gratuita, fa anche bene. Ma Report, una se non la
principale trasmissione di inchiesta e giornalismo in Italia, merita molto di
più. E spero che questa brutta giornata per Sigfrido e la sua famiglia sia,
infine, utile. A Report e all'informazione italiana, per prendere
maggiore consapevolezza. E spero anche che, la prossima volta che un
giornalista di Report chiederà un'intervista a un politico, un potente,
ci sia maggiore disponibilità. Che valga ancora quella solidarietà. E
quell'afflato verso la libera informazione capace di andare oltre comunicati di
poche righe».
Ecco, noi chiaramente ci accodiamo, tutti, a quello che ha
detto ad esempio Giorgia Meloni, ovvero che la libertà di stampa è un pilastro
della democrazia e va assolutamente difeso. Però, ti chiedo, quanta distanza e
quanta discrepanza ci sono tra quello che ha scritto Giorgia Meloni e quella
che poi è la realtà dei fatti? Perché, diciamo, quell'area politica in
particolare ha spesso visto il giornalismo come un nemico pubblico? O no?
«Sono un po' vago nella risposta, potrei dirti non lo so.
Non noto grosse differenze a sinistra. L'informazione di un certo tipo dà
fastidio, comunque dà fastidio. A destra ma in generale a tutti i governi in
carica. Poi c'è modo e modo di gestire questo fastidio, di ostentarlo. Io credo
piuttosto che ci siano stati dei segnali. Sì, ci sono stati dei segnali in
questi mesi che hanno isolato Ranucci. E l'isolamento è pericoloso, perché
giustifica degli atti. Arma le mani. Una trasmissione del servizio pubblico
come Report ha bisogno di protezione. Per fortuna c'è una protezione,
una catena umana che, in sostanza, è quella del pubblico che segue tantissimo sia
la trasmissione sia il suo conduttore. Il quale ha ereditato con grande valore
e grande dignità quello che ha fondato Milena Gabanelli».
Cambio tema e ti riporto a Lugano, anzi in Ticino, anche se poi
a ben vedere rimaniamo a Roma. I frontalieri, qui, si
chiedono quando entrerà in vigore la famigerata tassa sulla salute, rimasta
prigioniera mi verrebbe da dire della burocrazia italiana…
«I frontalieri, chiaramente, vivono sempre una condizione
sospesa, sia dal punto di vista professionale sia della mobilità. Purtroppo per
loro, in Italia, in questo periodo ormai si va avanti a tempo di finanza creativa.
Cioè si cercano fondi, risorse, in qualsiasi modo. In questo caso, la tassa
sulla salute per i frontalieri dovrebbe servire in gran parte a finanziare la
sanità della Lombardia. Quindi, a compensare un buco, una mancanza di risorse. Un
esempio simile, di questi giorni, andrà a colpire tutti coloro che passeranno
delle notti in albergo, in strutture ricettive, nelle aree delle Olimpiadi di Milano-Cortina.
È stata infatti aumentata la tassa di soggiorno, da due a cinque euro, così si
raccolgono soldi, da un lato, per trovare risorse aggiuntive per le Olimpiadi e,
dall’altro, per finanziare il Fondo per le disabilità. Semplicemente, lo Stato,
l'Italia, in questo momento – ma anche in altri momenti – ha bisogno di più
soldi. E questi soldi si cercano in tanti modi, anche attraverso i frontalieri».
Ma è l’arte di arrangiarsi, quindi?
«Eh sì, è anche l'arte di arrangiarsi. In un modo, però, fastidioso,
perché mentre si recuperano soldi facendo passare queste trovate come un grande
successo, dall’altra c’è il taglio delle tasse Irpef sulla persona fisica per
portare beneficio ai redditi medio-bassi. Parliamo di poche decine di euro
all'anno. Quindi, da una parte si dà ma dall’altra si toglie. Intendiamoci, non
è facile. E nessuno vorrebbe essere al posto di Giorgetti, che ha una sua idea,
un suo equilibrio, e che ha dato una grossa mano all’Italia anche a migliorare
le sue prestazioni finanziarie. È una stagione, ne abbiamo già parlato tante
volte, che richiede grossi investimenti sulle armi. Un settore in cui quasi non
si bada a spese. Giorgetti però ci bada alle spese. E così, purtroppo, alla
fine c'è questa guerra non tra poveri ma tra deboli. Dieci euro di più, dieci
euro di meno, dieci euro di qua, dieci euro di là. Misure, queste, che danno
fastidio, creano incertezza, malumore. E noi possiamo solo raccontarlo, questo
malumore, dal momento che vedo un'opposizione distratta. Le battaglie, ora come
ora, sono su grandi temi geopolitici. Va bene, ma qui gli elettori hanno
bisogno di avere una proposta alternativa. Finché non c'è la proposta politica
alternativa, beh, possiamo lamentarci di questo governo ma non possiamo neanche
intravederne uno diverso».
Tu hai parlato di malcontento, io adesso ti provoco perché
il malcontento lo proviamo anche noi che, come ti dicevo nella prima puntata,
siamo anche se non soprattutto tifosi di squadre italiane. Torna il campionato
di Serie A ma senza molti suoi giocatori, visto che la sosta per le nazionali
ha spezzato il ritmo della stagione e ha spezzato pure campioni come Pulisic e
Rabiot fra gli altri… Così com’è strutturato, il calendario è folle.
«Sì, è folle. È folle che ci siano tre soste per le
qualificazioni mondiali. Settembre, ottobre, poi ancora novembre. Con alcuni
calciatori costretti a giri intorno al mondo, pensiamo a quelli che giocano in
Sudamerica. Chiaramente, questo comporta un danno per le squadre di club. Pensa
a Lautaro, che va in Argentina ogni quattro settimane. Non aiuta né lo
spettacolo dei campionati, né lo spettacolo delle nazionali. Anzi, finisce che
le nazionali sono appunto un fastidio. Pensate l’Italia, che a novembre avrà
due partite fondamentalmente inutili… Sarebbe stato più semplice e razionale
organizzare, in testa e in coda a una stagione, una parentesi per le nazionali.
Il tutto sarebbe stato più omogeneo. Ma l'obiettivo di chi organizza il calcio
non è questo. I calciatori, che sono strapagati, spesso mal consigliati, non hanno
un sindacato che vada a trattare l'orario lavorativo. Vanno in giro, giocano e se
non giocano, pazienza: guadagnano lo stesso. Alla fine, tuttavia, ne perde la
natura stessa del gioco. Ormai ci sono partite tutti i giorni, si è perso anche
il gusto di guardarle, anche perché la qualità spesso è misera. Pensiamo
all'ultimo Juve-Milan. È stato uno spettacolo indecoroso. Mi diverto molto di
più con l'Avellino in Serie B».

