Lugano-Roma, solo andata: ma l'Italia, alla fine, andrà ai Mondiali?

Carlo, partiamo da una domanda secca: ma tu lo avresti dato il Nobel per la Pace a Donald Trump?
«No: è ancora presto per capire l'esito di questo accordo, i suoi effetti pratici, le sue fasi. Magari l'anno prossimo, c'è tempo. Trump ha risolto già sette guerre, ce ne sono diverse decine ancora da risolvere. Questa è una delle più importanti, indubbiamente. Ma ha inciso, fortemente, anche la mobilitazione delle piazze».
Quindi anche le manifestazioni di Lugano e nelle altre città in Ticino?
«In Italia come in Svizzera, sì, in Norvegia, ovunque: parliamo di piazze, corpi, senza teste politiche. Nel nuovo millennio la politica è diventata qualcos'altro. Se ne discute in questi giorni in Italia, molto. Su Repubblica, Michele Serra ha scritto un'articolessa di una pagina. Per dire che questo periodo del ventunesimo secolo è una prosecuzione, diversa, del Novecento: un secolo breve e molto doloroso, ma anche pieno di speranza. Speriamo che questa sia la fase della speranza».
Posso farti una provocazione? Io so che a te piace essere provocato: Salvini, come altri politici in Ticino, ha detto che Trump ha avuto successo laddove, invece, ha fallito la Flotilla. Evidentemente, non è andata proprio così.
«A me fa sorridere molto quando i politici italiani cercano di inserirsi in un contesto globale. È come quando passeggi sul Lungolago e senti del vociare in lontananza, non capisci bene quello che si dicono le persone, ma senti questo sottofondo, come gli uccellini che pigolano. Ecco, quello che dice Salvini rispetto agli equilibri mondiali, rispetto a Trump, ha lo stesso valore di un vociare incomprensibile in sottofondo. Io non darei tanta importanza a questo. E ti dico anche perché, vuoi saperlo?».
Sì, ovvio...
«Mi ha colpito moltissimo, questa settimana, ne ho scritto sull'Espresso, il libro di Stoltenberg, l'ex segretario generale della NATO oggi ministro del Tesoro in Norvegia. Ve lo consiglio. Ci sono le frasi di Zelensky, di Obama, di Macron, di Merkel, ci sono dieci anni di comando dell'Alleanza atlantica dal 2014 al 2024. Ebbene, in queste 400 pagine belle dense, l'Italia praticamente non esiste. Alcuni presidenti del Consiglio italiani neanche sono citati e non è un caso. Non è una questione di indifferenza, ma semmai – purtroppo – l'Italia è molto poco influente a livello globale. Lo è stata, adesso, anche l'Europa. Questa prova di pace, nella Striscia di Gaza, non ha visto per nulla protagonisti né l'Europa e né, di conseguenza, l'Italia. Non esiste un ruolo dell'Italia senza l'Europa. Non andiamo da nessuna parte».
Però da qualche parte l'Italia, e qui parliamo di calcio, deve andare: ai Mondiali. Dopo Estonia-Italia ci sarà Italia-Israele, una partita che molti suggerivano di non giocare considerando i due anni di guerra nella Striscia.
«La polemica è un po' stemperata, proprio in virtù della proposta di Trump. Io tenderei, comunque, a tenere separati i piani: quello sportivo e quello politico o geopolitico. Finché, e questo l'ha detto Gattuso, Israele partecipa alle competizioni UEFA e FIFA, allora bisogna giocare. Il vero problema, semmai, è che non si richiedono soluzioni al calcio, ma prese di posizione. Per l'Italia, in ogni caso, qualificarsi al Mondiale è veramente difficile»
Andrebbe squalificata la Norvegia...
«Potrebbe essere una soluzione, sì, o dovrebbero creare un pass per l'Italia, qualcosa che aiuti gli Azzurri a partecipare al Mondiale, diciamo per meriti storici».
Ma com'è che la Svizzera del calcio, in questi anni, è più forte dell'Italia?
«Per varie ragioni. Una, certamente, è l'impostazione della Serie A. Ma un ma è un parametro che non esaurisce tutti gli altri. Ci sono tante nazionali che hanno campionati mediocri, ma sono presenti. L'Italia, per contro, non riesce più a scovare il talento, a crescere il talento, a incentivare il talento. E adesso, chiaramente, il Mondiale è diventato una sorta di complesso. Probabilmente saranno spareggi, immaginati allora la pressione psicologica che avranno i calciatori della nazionale in un eventuale spareggio. Uno potrebbe chiedersi perché, adesso, in Italia ci sono tanti tennisti così bravi e così competitivi. Certamente l'esempio, il movimento aiuta. Ma, tornando al calcio, quello che manca all'Italia è proprio il fuoriclasse. Non c'è un giocatore copertina, un giocatore icona. Non c'è più nessuno che sia riconosciuto come, in passato, i vari Baggio, Del Piero, Totti, Rivera, Riva, Rossi. Non ci sono più campioni totalizzanti o panottici, oserei dire campioni che trascinano il movimento. Né ci sono dirigenti che sappiano guardare a lunga distanza: guardano non oltre la propria scadenza del mandato».
Ma vale anche per la politica? In Ticino si discute di Preventivo 2026, ma in Italia la discussione sulla Legge di Bilancio non è affatto così distante.
«La legge di bilancio, in Italia, per le dimensioni dell'Italia, mette a disposizione 16 miliardi di euro. Cioè, si possono toccare 16 miliardi di euro. Questi 16 miliardi di euro devi immaginarli come una preda. Circondata da predatori, da iene affamate. Affamate perché devono prendere un pezzo e rivendicarlo sul proscenio della politica... Ecco, non vorrei essere il ministro Giorgetti che, oggi come domani e come ha fatto ieri, sarà in riunione con i capi di partito e con ciascuno che vorrà la sua misura. Chi vuole il taglio delle tasse, chi vuole la detassazione, chi vuole la tredicesima».
Tutti affamati, quindi?
«Dico una cosa impopolare. Queste politiche, in Svizzera come in Italia, colpiscono il lavoro anziché il patrimonio. Io sono impopolare, appunto, e dico che bisogna colpire il patrimonio e non il lavoro, soprattutto in Italia. Non si può tassare il lavoro a un trentenne che non ha la casa e, parallelamente, tassare poco il patrimonio a un pensionato che ha dieci palazzi. Non è possibile. È una predisposizione che va modificata, ma ciò non avverrà con questa Legge di Bilancio, che invece sarà il solito pezzo di carne sul quale si getteranno iene pronte a brandire il primo pezzo e a rivendicarlo alla propria platea politica. Sono stato troppo cattivo?»
No, però un giorno parleremo anche del fatto che in Svizzera si sta parlando di tassare le successioni: i super ricchi, insomma, verrebbero toccati anche su questo punto. Tutto torna, pure da noi?
«Bisogna essere concentrati sul presente, ma pensando al futuro. Bisogna pensare al futuro, che sia il lavoro, che sia il calcio. Bisogna pensare a gestire insomma le questioni correnti, ma soprattutto bisogna immaginarsi la Svizzera di domani, la Lugano di domani, la nazionale italiana di domani, le giovani coppie di domani. Non dobbiamo stare qui avendo paura del futuro, avendo paura del prossimo. Questo nostro atteggiamento si è rivelato, rispetto ad altri Paesi che hanno preso la guida del mondo, un atteggiamento da perdenti. E con questo ti saluto».