Lugano-Roma, solo andata: quelle proteste che bloccano il traffico

Se leggete Cdt.ch lo conoscete già. Con la sua rubrica Niente Pettegolezzi ha raccontato di politica e potere senza tanti fronzoli. Da oggi, però, ci spostiamo di formato: non più solo righe scritte, ma una vera chiacchierata. Marcello Pelizzari e Carlo Tecce vi danno il benvenuto a Lugano-Roma, solo andata.
Partiamo subito da una domanda, Carlo: per caso sei incolonnato a causa dei manifestanti? Qui a Lugano c'è stata una manifestazione di solidarietà verso la Global Sumud Frottilla e il traffico è rimasto paralizzato...
«Il traffico a Roma è una costante, è un monumento della città come il Colosseo, Piazza Navona, Fontana di Trevi, quindi il traffico c'è sempre, le differenze sono poche. Quello che cambia è la reazione dei cittadini. Vedo i cittadini con più pazienza, con più partecipazione, capiscono tutti, anche quelli che non manifestano, le motivazioni di queste proteste e anche l'utilità politica. Quello che sfugge spesso, sfugge e preoccupa, potrei dire, anche chi ci governa».
Allora, ti faccio anche una domanda specifica, qual è l'atteggiamento del governo italiano nei confronti sia dei manifestanti, sia della vicenda generale Frottilla-Gaza? In Svizzera, l'accusa che viene mossa al nostro di governo è quella di non fare nulla, di non agire. E quindi si mobilitano i cittadini, siano gli attivisti sulle barche o i cittadini scesi per strada...
«No, infatti la prima reazione del governo è dire quello che abbiamo fatto: abbiamo mandato aiuti, abbiamo portato malati qui, abbiamo cercato di partecipare alle operazioni diplomatiche. Chiaramente non è sufficiente e il governo, ma direi più la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sente il peso di queste lacune. Alla fine la spedizione della Flottilla è servita proprio a questo, a mobilitare l'Occidente, le piazze dell'Occidente. E le risposte del governo non sono soddisfacenti. Poi si tende a ridicolizzare le manifestazioni di piazza: qui a Roma sono state indette per esempio dalla CGL, quindi un sindacato non certo di destra, ma di sinistra. Allora si dice che i manifestanti volevano fare il weekend lungo, partendo da venerdì. Più che un'offesa, mi sembra un'affermazione ridicola, anche perché chi sciopera rinuncia alla paga, chi sciopera si impegna in prima persona, ma se vogliamo fare la gara e chi è più populista... La vogliamo fare?».
Ma facciamola questa gara, anche perché poi a me sembra che, qualsiasi sia il tema, tutto si trasformi in una rissa da stadio.
«Va bene, facciamo i populisti. Tu sai benissimo che il venerdì in Italia quasi mai, oserei dire mai, c'è aula in Parlamento, quindi i parlamentari di tutti i partiti fanno sempre il weekend lungo e non hanno nessuna decurtazione della paga. Quest'autunno hanno lavorato pochissimo, anzi lavoreranno pochissimo perché ci sono, come sapete, le elezioni regionali scaglionate, prima Marche, poi Calabria, infine Puglia, Campania e Veneto. Ebbene, le settimane precedenti al voto la Camera o lavora due-tre giorni oppure non lavora per nulla. E non mi dite che i parlamentari lombardi, piemontesi vanno a fare campagna elettorale a Crotone o a Catanzaro».
Quindi, in Italia, in Parlamento la settimana corta è oramai lo standard?
«Chi è senza colpe scagli il primo sciopero. Ma lo sciopero è un diritto costituzionale, scioperare serve. Queste manifestazioni hanno un'utilità politica, non aiutano purtroppo nell'immediato la popolazione della Striscia di Gaza, non risolvono certamente il conflitto, non hanno un'incidenza eccessiva su Israele, ma certamente danno dimostrazione di una presa di coscienza dell'Europa, dell'Europa tutta da Est fino al Portogallo, completando anche la Svizzera».
Allora, io prima ti parlavo di rissa da stadio e tifoserie anche perché noi, qui in Ticino, non so se lo sai ma abbiamo tutti una squadra del cuore italiana, non solo svizzera ma anche italiana. Se ne parla da anni, fondamentalmente, ma ora è arrivato l'ok da parte del Consiglio Comunale di Milano per l'abbattimento di San Siro. Quindi, noi nostalgici diciamo: che brutta Milano senza il Meazza.
«Sì, parlavamo di monumenti per Roma e San Siro è un monumento di Milano. Il nuovo stadio sarà simile a quello del Tottenham oppure a quello dell'Arsenal oppure a uno stadio che è in Brasile o in Sudafrica o negli Stati Uniti, quindi non sarà più uno stadio iconico, simbolico. Le motivazioni quali sono? Sicuramente, San Siro è uno stadio che andrebbe ristrutturato, ma non c'è la possibilità di farlo perché il Comune non ha i soldi per farlo. Però il Comune vende, o svende, dipende dai punti di vista, un'area importantissima a due fondi stranieri che gestiscono Milan e Inter e, soprattutto, che hanno un solo obiettivo, un solo scopo, quello di guadagnarci una volta costruito lo stadio per poi rivendere la società o comunque ampliare la parte dei ricavi. L'obiettivo non giustifica i mezzi e anche sui mezzi ho qualche dubbio».
Ti faccio un esempio nostro, locale: Lugano riceverà, chiavi in mano, un nuovo stadio, poi entrerà a giocarci. Mi stai dicendo, però, che questi nuovi stadi fondamentalmente servono per poi rivendere il club a un prezzo superiore?
«Questa è l'ipotesi di Milano, ma non è stata l'ipotesi della Juve. La società bianconera anni fa ha potuto abbattere il Delle Alpi, che comunque era uno stadio riuscito quantomeno male e non era certo San Siro, ha costruito il nuovo stadio, uno stadio di proprietà della Exor, che comunque non è italiana, o meglio è italiana e tanto altro, ma parliamo di un'idea diversa. Lo stadio alla Juve è servito, o doveva servire, a far diventare i bianconeri una squadra di primissimo ordine europeo, come il Liverpool, il Real Madrid e il Barcellona. Tutti fanno lo stadio, l'ha rifatto il Real Madrid mantenendo il Bernabeu, l'ha rifatto il Barcellona mantenendo il Camp Nou, non si capisce perché il Milan, con il Comune che aveva una proprietà storica, debba cederlo a prezzi molto bassi per rinunciare alla potestà su un'area, non solo al simbolo, ma proprio all'area: è come appaltare un pezzo di Milano a due fondi, due fondi americani che hanno un solo scopo, legittimo per carità, e cioè remunerare i loro soci, i loro fondisti, i loro azionisti. Io trovo che sia un'operazione sbagliata, ma perfettamente coerente alle politiche che in questi ultimi vent'anni hanno cambiato il volto di Milano. In bene o in male, non lo so. Per me in male. Annhi che poi hanno portato all'inchiesta giudiziaria di cui tutti voi sapete».
Se togli il finale con l'inchiesta giudiziaria, praticamente è un discorso sovrapponibile a quello dello stadio di Lugano, questo ti dà un po' l'idea di quanto siamo vicini.
«La differenza è che a Lugano non c'è San Siro, non c'è il Meazza. C'era Cornaredo, uno stadio inaugurato negli anni Cinquanta. Non è la stessa cosa. Non c'è la stessa atmosfera».