Il caso

Abitare a Milano, caro come in Svizzera

Il post Covid ha scatenato un boom nel settore immobiliare della capitale economica d’Italia, del tutto slegato dalle vite delle persone reali – Che come concorrenti hanno investitori dell’era Airbnb…
Stefano Olivari
20.09.2022 10:30

Esiste una sola città italiana in cui la vita costi come in Svizzera e questa città è Milano. La notizia non è ovviamente questa, ma che nel post Covid la situazione sia andata fuori controllo: rispetto ad un anno fa i prezzi delle abitazioni nuove sono aumentati del 16,9% e vivere a Milano è quindi diventato difficilissimo: non è più una città per la classe media, soprattutto in alcune zone, e questo è un problema che va al di là di una casa più grande o più piccola.

Inflazione

Ogni considerazione deve tenere conto dell’inflazione acquisita, che in Italia è in zona 7%, ma anche così stiamo parlando di aumenti più che doppi rispetto ad una normale crescita ed anche rispetto al boom dei prezzi del ‘nuovo’ in tutta Italia: più 12,1%, più di quanto sarebbe logico ma molto meno di Milano. Minori gli aumenti tenendo conto delle case già esistenti: più 8,3% a Milano, più 5,2% in Italia. Tutto trainato dalle case di lusso o di prestigio, quelle che fanno notizia e soprattutto che sono rivolte ad una clientela che esisterà sempre? Non proprio. A fine agosto un report di Immobiliare.it ha evidenziato che negli ultimi 5 anni sono esplosi i prezzi anche delle periferie o di quartieri comunque mai stati paragonabili a Via della Spiga: più 42,3% la zona piazza Abbiategrasso-Chiesa Rossa (Sud della città), più 47%, con quasi tutto l’aumento concentrato nel 2022, Cimiano-Crescenzago (periferia Est), più 45% Cenisio-Isola (Nord) e così via. Qui non stiamo quindi parlando del grande stilista o della multinazionale che pagano qualsiasi prezzo per un posto in centro.

Il sogno del trilocale

La casa più desiderata a Milano per viverci è il trilocale, per investimento invece il bilocale: questa è l’unica certezza degli agenti immobiliari, che per il resto navigano a vista e si godono un momento storico in cui il lavoro non è mai stato così facile (commissione media del 3% sia dal compratore sia dal venditore). La nuova tendenza è quella di valutare la casa nella sua globalità, senza troppo sottilizzare sui metri quadrati, una tendenza che in un periodo di grande domanda ovviamente favorisce il venditore. Indicativamente si può dire che i quartieri più cari siano il centro, Piazza Duomo e dintorni, con 10.000 euro al metro quadrato, Garibaldi-Moscova e Porta Nuova (messo sulla mappa dal Bosco Verticale, il grattacielo progettato dallo Studio Boeri, e da piazza Gae Aulenti), che hanno sfondato il muro dei 9.000 euro al metro quadrato: ecco, una famiglia con due stipendi normali il trilocale da un milione non lo potrà comprare mai, senza l’eredità della nonna o altre entrate straordinarie. Quasi sulla stesse cifre la zona Arco della Pace (lì finisce Corso Sempione, ben noto a chi arriva a Milano dalla Svizzera)-Pagano, sui 7.000 al metro quadrato Porta Venezia e sui 6.200 la zona Fiera, che comprende quella Citylife che della nuova Milano post Expo è un po’ il simbolo, con calciatori, influencer e la coppia Chiara Ferragni-Fedez. Il quartiere alla vigilia di un boom? Tutti gli operatori dicono la zona di Porta Romana (in sostanza dal centro verso Sud), che beneficerà della riqualificazione per le Olimpiadi del 2026, così come Rogoredo (a Santa Giulia l’hockey su ghiaccio), ma è probabile che i prezzi abbiano già scontato questa prospettiva.

Paradosso

Tutto ciò che abbiamo raccontato finora è quasi paradossale. Perché Milano non è certo una città con una popolazione in crescita, anzi: a fine 2019 nel comune risiedevano 1.406.242 persone, oggi sono 1.385.285. Effetto Covid, si può anche dire: tanta gente ha avuto la possibilità di lavorare da remoto e i soliti discorsi. Però il Covid e internet non spiegano come mai gli abitanti di Milano siano più o meno quelli di trent’anni fa, circa 220.000 di meno rispetto al censimento del 1981 e addirittura 347.000 meno rispetto al censimento del 1971. Non c’è bisogno di grandi inchieste, basta averci vissuto, per sapere che fino a metà degli anni Ottanta era credibile che almeno in periferia potessero comprare case persone della classe operaia. Dove sta quindi il paradosso? Che a Milano si continui a costruire (15.000 nuove abitazioni ogni anno, fra nuove e ristrutturazioni di vecchie), dai grattacieli delle archistar alle palazzine anonime, ma la popolazione non aumenta e soprattutto non aumenta quella della classe media, cioè la classe che ha sempre mosso il mercato. Comprano tutti per investimento o per entrare nel circuito Airbnb?

Affitti

Come i ticinesi che studiano a hanno studiato a Milano ben sanno, il mercato degli affitti ha regole ancora più vaghe di quello della compravendite. Negli ultimi anni la massa di persone che ha comprato per investimento ha fatto sì che per gli affitti ci fosse un eccesso di offerta, con trilocali di discreto livello in centro affittabili a 2.000 euro al mese, già arredati. Ma adesso la msuica è cambiata anche per gli affitti, perché è vero che Milano ha meno residenti veri rispetto ad una volta, ma ha anche molte più persone che vi devono risiedere per periodi brevi. Così è normalissimo che in zona Città Studi uno studente fuori sede si senta chiedere, ma proprio se è fortunato, 600 euro al mese per uno stanzino all’interno di una casa in condivisione con altri due o tre. In realtà se si è abituati agli standard svizzeri nel 2022 non si trova niente di adatto per meno di 1000 euro. Se il boom dei prezzi delle compravendite sta buttando fuori dal comune e ormai anche fuori dalla città metropolitana (la ex provincia) migliaia di famiglie di milanesi da più generazioni, la tendenza al rialzo degli affitti esclude dalla vita di Milano tanti studenti e lavoratori normali, con tutto quel che ne consegue.

San Siro

Chi vende, chi compra, chi affitta, chi paga l’affitto e chi semplicemente è curioso si chiede se quanto sta accadendo a Milano sia un esempio classico di bolla immobiliare, con banche e media conniventi. I pochi che lo sanno davvero hanno comprato e venderanno al momento giusto, ma a chi in questa città vive è del tutto evidente la trasformazione che sta avvenendo: la classe operaia non esiste più, gli artigiani più giovani sono sull’orlo della pensione, la piccola borghesia resiste nei suoi appartamentini comprati negli anni Settanta e quella media sta andando in sofferenza. La Milano del dopo Expo è una sfilata unica di bar, baretti, locali vari con i loro dehors che hanno invaso metà dei marciapiede ed una clientela dal lavoro vago, anche senza arrivare agli influencer, magari con entrate integrate dai bonifici di genitori residenti a Lugano o a Napoli. Una città sempre più costosa e con sempre meno bambini: nel 2022 si toccherà il record negativo dell’ultimo secolo, con meno di 9.000 nuovi nati. Una città che insieme ad Inter e Milan sta cercando ogni scusa per abbattere San Siro (stadio nel 2016 considerato a 5 stelle dalla UEFA, tanto è vero che vi si giocò la finale di Champions League), farne uno nuovo e costruirci intorno altre case. Per chi?