Accuse di antisemitismo, detto fatto: Musk fa causa a Media Matters

«Appena apre la corte lunedì, X presenterà una causa contro Media Matters e tutti coloro che hanno colluso in questo fraudolento attacco alla nostra società», aveva promesso Elon Musk. Detto, fatto. La X Corp. ha citato in giudizio l'organizzazione no profit «per avere allontanato gli inserzionisti» dalla piattaforma social X (ex Twitter) descrivendola come «piena di contenuti antisemiti».
In una causa intentata presso un tribunale federale degli Stati Uniti, in Texas, X accusa l'organizzazione di «ingannare l'algoritmo facendogli credere che Media Matters volesse visualizzare sia contenuti che incitano all'odio sia contenuti di grandi inserzionisti».
Apple, Comcast, NbcUniversal e IBM sono stati tra i marchi di alto profilo che hanno sospeso la pubblicità su X la scorsa settimana, dopo che Media Matters ha riferito di aver trovato annunci visualizzati con contenuti filonazisti.
L'esodo pubblicitario è avvenuto anche sulla scia del (presunto) sostegno di Musk a una teoria del complotto antisemita che cavalcava la «teoria della grande sostituzione», l'idea dell'ultradestra basata sulla convinzione che «le minoranze stanno progressivamente sostituendo i bianchi». Un sostegno ritrattato in parte successivamente – «A rischio di essere ripetitivo, sono profondamente offeso dai messaggi dell'ADL e di altri gruppi che spingono de facto razzismo anti-bianchi o anti-asiatici, o razzismo di ogni forma», aveva scritto – senza però riuscire a placare le polemiche.
Media Matters, nata nel 2004 con la missione di offrire un’informazione più affidabile e meno schierata possibile, si autodefinisce «un centro di ricerca e informazione progressista dedicato a monitorare, analizzare e correggere la disinformazione di stampo conservatore nei media statunitensi».
Nella causa si sostiene che «Media Matters ha prodotto consapevolmente e maliziosamente "immagini affiancate" che raffigurano post di inserzionisti sulla piattaforma X accanto a contenuti marginali neonazisti e di nazionalisti bianchi e poi ha usato queste immagini pre-fabbricate», come fossero contenuti che gli utenti di X sperimentano quotidianamente sulla piattaforma. «Media Matters ha progettato sia queste immagini che la conseguente strategia mediatica per allontanare gli inserzionisti dalla piattaforma e distruggere X Corp».
La reazione del CEO di Media Matters, Angelo Carusone: «Musk si professa sostenitore della libertà di parola, ma è un prepotente che minaccia azioni legali inutili nel tentativo di mettere a tacere notizie che ha pure confermato essere accurate. Se ci farà causa, vinceremo». Nel frattempo, il procuratore generale repubblicano del Texas, Ken Paxton, ha dichiarato di avere aperto un'indagine su Media Matters. Il suo ufficio ha rilasciato una dichiarazione definendo il gruppo una «organizzazione radicale anti-libertà di parola». Paxton ha anche promesso di garantire che «il pubblico non sia stato ingannato dai piani delle organizzazioni radicali di sinistra che non vorrebbero altro che limitare la libertà, riducendo la partecipazione alla pubblica piazza».