Allarma l'inflazione USA, ora occhi rivolti alla Fed
Negli Stati Uniti è ancora allarme inflazione. Pur rallentando rispetto al +8,3% di agosto, la crescita dei prezzi al consumo resta a livelli elevati: in settembre la progressione annua si è attestata all’8,2%, sopra le attese degli analisti, che scommettevano su un +8,1%. Su base mensile l’aumento è stato dello 0,4%, oltre il +0,2% previsto.
Balzo dell’indice core
Anche l’indice core, molto osservato dalla fed, è schizzato in settembre ai massimi degli ultimi 40 anni, salendo su base mensile dello 0,6%, sopra le attese degli analisti. Su base annua l’aumento è stato del 6,6%. Con questo termine si indica l’indice dei prezzi al netto di energia e alimentari, che sono componenti molto volatili dell’inflazione.
Questi dati aprono il quesito sulle mosse della Fed, la banca centrale americana, per cercare di fermare la corsa dei prezzi. Il presidente Jerome Powell ha affermato più volte che è necessario un’azione decisa, perché in caso contrario la situazione sfuggirà di mano e bisognerà alzare di più i tassi in futuro. A questo punto la banca centrale americana con tutta probabilità effettuerà il quarto maxi rialzo dei tassi di interesse (75 punti base). Infatti i future sui Fed Funds (che indicano le possibilità che il mercato attribuisce a una mossa di politica monetaria), indicano un 97,8% di possibilità a un rialzo dei tassi di 75 punti base al 3,75%-4% alla prossima riunione; mercoledì 12 ottobre la percentuale era all’84,5%. Le possibilità di un aumento di un intero punto percentuale sono del 2,2%.
I dati pubblicati oggi hanno già avuto un effetto sul mercato dei capitali statunitensi. I rendimenti dei Treasury - titoli del Tesoro americani - a 30 anni sono schizzati al 4%, ossia ai massimi dal 2011. L’aumento dei tassi è già in corso da qualche settimana e si estende anche ai tassi ipotecari. Negli Stati Uniti i tassi sui mutui a 30 anni sono saliti questa settimana al 6,92%, ai massimi da 20 anni. Il balzo porta i tassi sopra il picco raggiunto durante la crisi finanziaria.
Preoccupazione
Anche la Casa Bianca ha preso posizione sul dato dell’inflazione, che mostra alcuni progressi nella battaglia contro il rincaro, ma bisogna agire ancora. Lo ha detto il presidente americano Joe Biden. «Abbiamo ancora molto lavoro da fare: i prezzi restano alti», ha affermato il 79.enne. Gli americani sono alle prese con il caro-vita da anni e non avevano bisogno «del dato di oggi per saperlo», ha aggiunto.
Tuttavia, c’è anche una buona notizia per i circa 70 milioni di americani in pensione, dato che riceveranno dal prossimo anno un aumento dell’8,7% delle rendite di pensione, per effetto dell’aggiustamento del costo della vita, il più alto in 40 anni. Lo rende noto la Social Security Administration, l’agenzia federale preposta ai benefici previdenziali, dopo gli ultimi dati sull’inflazione USA.
I mercati hanno avuto una reazione di nervosismo ai dati sull’inflazione. L’azionario europeo ha reagito con repentini cambi di direzione, viste le attese per un intervento ancora aggressivo della Fed. Dopo una mattinata in altalena, sono passati tutti in rosso, per poi recuperare terreno con una chiara accelerazione nel finale: Milano ha chiuso in aumento dell’1,56%, Zurigo dello 0,28%, Francoforte dell’1,51%, Londra dello 0,35%, Parigi dell’1,14%. Wall Street a metà seduta era in rialzo del 2,20% circa.
Impiego: cattivi segnali
Negli Stati Uniti oggi è stato anche reso noto che le richieste di sussidi alla disoccupazione la scorsa settimana sono salite di 9.000 unità a quota 228.000, ai massimi delle ultime sei settimane a causa dell’uragano Ian. Il dato pubblicato dal Dipartimento del lavoro è peggiore delle attese degli analisti, che scommettevano su 225.000.