Amazon contro Google, la guerra divide i big del web

WASHINGTON - C'è un tema che divide profondamente i big del web lungo la West Coast americana: collaborare o no con la Difesa e le Forze Armate per mettere al servizio dei militari le proprie competenze tecnologiche. E se Google si fa portavoce dell'immagine pacifica e antimilitarista della Silicon Valley, rompendo con il Pentagono e facendo carta straccia dei contratti finora firmati, da Seattle Amazon rivendica il diritto-dovere di partecipare a questi programmi: "Il Paese va difeso, non possiamo voltare le spalle".
È Jeff Bezos in persona a prendere posizione contro la scelta fatta alcuni mesi fa da Google, dopo una lettera inviata da 4'000 dipendenti al Ceo Sundar Pichai: "Quei robot possono uccidere", scrivevano, chiedendo di fermare il progetto Maven, un programma che sfrutta la piattaforma di intelligenza artificiale per analizzare le immagini catturate dai droni del Pentagono. Quei droni in grado di riconoscere automaticamente potenziali obiettivi durante missioni militari o di anti-terrorismo. Un contratto da 9 milioni di dollari che il colosso di Mountain View ha deciso di rompere elaborando poi un codice etico in cui si mette nero su bianco quale sia per Big G il paletto invalicabile: "Google non è nata per fare la guerra".
Bezos, intervenuto alla conferenza californiana 'Wired 25', non la pensa così. "Questo è un grande Paese e deve essere difeso. E se le grandi società tecnologiche girano le spalle al Dipartimento della Difesa, allora questo Paese avrà dei problemi", ha affermato l'uomo più ricco d'America, assicurando come Amazon continuerà a lavorare con il governo. E in particolare al progetto Jedi (Joint Enterprise Defense Infrastructure): un accordo decennale da 10 miliardi di dollari per offrire ai militari servizi di cloud computing. Programma ambizioso a cui Amazon ha assicurato il suo sostegno e a cui invece Google non ha mai aderito. Ma dal quale alla fine potrebbe ritirarsi pure Microsoft, anche in questo caso dopo una rivolta interna dei dipendenti: "Non crediamo che quello che realizziamo vada utilizzato a fini bellici", si legge in una lettera inviata ai vertici del gigante del web fondato da Bill Gates.
Il dibattito insomma è più che mai aperto, e nonostante la ferma posizione del patron di Amazon, sembra rafforzarsi il fronte di chi vede in progetti come Maven o Jedi un primo passo verso l'uso della nascente tecnologia sull'intelligenza artificiale nella realizzazione di una nuova generazione di armi. Del resto non è un segreto che il segretario alla difesa USA, l'ex generale James Mattis, sia da tempo in pressing sui big hi-tech proprio per avere il loro aiuto nel perseguire una delle priorità della strategia del Pentagono nell'era Trump: mettere l'intelligenza artificiale al centro dello sviluppo di nuovi armamenti. Tanto che in corso di realizzazione è un vero e proprio Joint Artificial Intelligence Center.