Diritti umani

Amnesty in Ticino da 50 anni: «La spinta dal basso è fondamentale»

Nel quadro di Castellinaria viene presentato oggi il libro che racconta i primi cinque decenni di vita del gruppo ticinese - Ne parliamo con la presidente Gisella Alves Pires
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Paolo Galli
19.11.2025 06:00

C’era una volta il Gruppo Ticino 48. Nato sotto la spinta di tre giuristi - Paolo Bernasconi, Marco Borghi e John Noseda - ha saputo arrivare fino ai giorni nostri. Detta in altre parole, stiamo parlando della sezione ticinese di Amnesty International. Perché 48? Perché si trattava del 48. gruppo nato in Svizzera. Il primo presidente fu l’avvocato Antonio Snider, al quale sono seguiti poi il giudice Mario Luvini e l’avvocata Francesca Snider. Quindi, Michea Simona, Valérie Laheurte, Gabriella Soldini, Linda Chiesa e, dal 2023, Gisella Alves Pires. Sarà lei, Gisella Alves Pires, a portare il gruppo, la sezione, oltre il 50. anniversario. Un traguardo storico, benché intermedio. Lei lo conferma: «Per un gruppo animato da persone impegnate a titolo volontario è un bellissimo risultato. Ma in fondo, il vero obiettivo di Amnesty è non aver più motivo di esistere in un mondo in cui rispetto dei diritti e giustizia sono finalmente una realtà». Abbandonando sogni e utopie, l’obiettivo è «proseguire con il lavoro svolto fino ad ora, mantenere attive le persone coinvolte e continuare a sostenere prigionieri di coscienza ovunque nel mondo, per ottenerne la liberazione attraverso le nostre azioni di sempre: l’invio di lettere e la diffusione di petizioni e appelli. Il Gruppo Ticino è sempre pronto ad accogliere nuove persone per garantire la continuità dell’attivismo di Amnesty in Ticino. La sfida consiste nel trovare la formula giusta per la realtà attuale».

«Una fonte affidabile»

L’anniversario verrà celebrato, comunque, anche con un libro, che racconta questi primi 50 anni di Amnesty in Ticino. E il libro stesso verrà presentato questa sera alle 18, nel quadro di Castellinaria, alla Biblioteca cantonale di Bellinzona. Nel testo, è spiegato molto bene il contesto storico, post-Sessantotto, nel quale nacque la sezione ticinese: «Già a partire dall’inizio degli anni Settanta, alcuni giovani ticinesi si sentono delusi dalla piega che stanno prendendo gli eventi e si allontanano dai movimenti “sessantottini”. Non manca però la voglia di impegnarsi in prima persona per provare ad aiutare le persone in difficoltà, viste le tante ingiustizie presenti nel mondo. È in questo contesto che il giovane avvocato Paolo Bernasconi viene a conoscenza di un’organizzazione chiamata Amnesty International». Quattro gli aspetti decisivi all’origine dell’adesione all’associazione, ben riassunti nel libro: l’indipendenza politica; il fatto di concentrarsi primariamente sulle persone e sui loro diritti in tutte le zone del mondo, non solo in Europa; l’indipendenza finanziaria dell’organizzazione; l’origine del movimento, dai giovani, ma in cui ciascuno può comunque dare il proprio contributo. Ecco, ma come è cambiato lo spirito del gruppo? Sempre che sia cambiato. Risponde ancora la presidente. «Di quel periodo storico sono rimasti il metodo di lavoro, il rigore e la speranza di poter migliorare la vita delle persone i cui diritti sono calpestati. Oggi come allora, Amnesty International è una fonte affidabile di informazioni sullo stato dei diritti umani nel mondo - questo è fondamentale quando noi tutti siamo costantemente bombardati da informazioni non sempre affidabili». Se un tempo il principale cavallo di battaglia di Amnesty International era la difesa dei diritti civili e politici, contro la tortura e la pena di morte, «oggi l’organizzazione opera in difesa di tutti e trenta gli articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. Questo significa occuparsi anche di giustizia climatica, dei diritti delle persone LGBTQIA+, del diritto d’asilo, dei diritti delle persone con disabilità e del diritto di manifestare».

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Un solo gruppo, più spinte

Nel libro «Una voce per i diritti umani. Cinquant’anni di Amnesty International in Ticino», curato da Giacomo Müller, è molto interessante anche la nascita dei vari gruppi regionali, che ben documenta lo spirito sociale che arde in ogni angolo del nostro cantone. Fino alla fondazione, nel 2011, del gruppo donne di Amnesty International della Svizzera italiana (DAISI), «nato dall’esigenza di monitorare i diritti umani delle donne in Svizzera e in Ticino». Gisella Alves Pires torna al presente: «Esiste un unico Amnesty Ticino che riunisce diverse realtà. Vi sono i gruppi locali di Bellinzona e Lugano, che svolgono il lavoro più “classico” di Amnesty: adottano prigionieri di coscienza e, attraverso la scrittura di lettere e varie azioni di pressione, cercano di ottenere la loro liberazione o quantomeno un miglioramento delle loro condizioni. I cambiamenti sociali e l’emergere di nuove sensibilità anche sul nostro territorio ha portato per esempio alla nascita del gruppo DAISI, focalizzato sulle tematiche femminili, a dimostrazione del fatto che i diritti umani non sono una realtà statica ma evolvono con la società in cui vivono le persone impegnate nella loro difesa. L’obiettivo è quello di dare spazio a tutte le realtà e di accogliere nuove iniziative, mantenendo sempre al centro la difesa dei diritti umani in ogni loro forma».

Piccole gocce necessarie

C’è un pensiero, tra gli altri, a un certo punto, nel libro, a firma Gabriella: «Ho aderito ad Amnesty International perché non ho mai sopportato le ingiustizie, i soprusi e i maltrattamenti. Partecipare in qualche modo al lavoro in Amnesty mi ha aiutato a credere che le cose, se si agisce, se ci si unisce, possono migliorare». Questo è importante da sottolineare. Perché non è evidente capire - men che meno in tempi caotici come quelli che stiamo vivendo - che, anche dal Ticino, anche da casa nostra quindi, si possa davvero cambiare il mondo. «La spinta dal basso è fondamentale, sempre: proprio ora non dobbiamo demordere, se vogliamo continuare a vivere in un mondo in cui i diritti umani mantengono il loro valore. Capisco che leggere quotidianamente notizie drammatiche possa scoraggiare e far pensare che nulla cambi mai. Ma non è così. Ognuno di noi può essere quella piccola goccia capace di contribuire a un oceano di cambiamenti. Non dobbiamo dimenticare che molti diritti che oggi diamo per scontati sono diventati realtà proprio grazie a mobilitazioni partite dal basso, come ad esempio il sistema di welfare o il suffragio femminile». Lo dimostrano, concretamente, i 50 anni di attività del Gruppo Ticino. «Ogni anno, unendo le nostre forze con migliaia di altre persone attive al fianco di Amnesty in tutto il mondo, otteniamo risultati concreti: persone ingiustamente detenute ritrovano la libertà, condannati a morte scampano al boia, viene fermata la promulgazione di leggi ingiuste o discriminatorie. Non servono grandi gesti per cambiare il mondo: a volte basta firmare una lettera, partecipare a una serata informativa o prendere parte a un’azione in piazza. Non sono necessari studi specifici, competenze particolari o risorse economiche straordinarie: serve solo un po’ di tempo e la volontà di agire». Gisella Alves Pires cita l’esempio della liberazione dell’attivista nativo americano Leonard Peltier, detenuto da quasi 50 anni negli USA per un crimine che ha sempre dichiarato di non aver commesso, e sul cui processo gravavano seri dubbi di equità. «L’ultimo atto della presidenza Biden è stata la commutazione della sua condanna all’ergastolo in arresti domiciliari». Insomma, «la pressione collettiva funziona. Servono tempo e perseveranza, ma i risultati arrivano». E conclude citando il fondatore di Amnesty International, l’avvocato Peter Benenson: «È meglio accendere una candela che maledire l’oscurità».

Questa sera alle 18 a Castellinaria, alla Biblioteca cantonale di Bellinzona, verrà presentato il volume «Una voce per i diritti umani. Cinquant’anni di Amnesty International in Ticino (1974-2024)», curato dallo storico Giacomo Müller. Per l’occasione, interverranno Gabriella Soldini e Piergiorgio Delorenzi del Gruppo Ticino di Amnesty; Gianmarco Talamona, responsabile del settore fondi contemporanei dell’Archivio di Stato; Giacomo Müller, storico; Giancarlo Zappoli, direttore artistico di Castellinaria. Modera la serata Paola Piffaretti. Seguirà, alle 20.30, la proiezione del film "All that’s left of you" al Mercato Coperto di Giubiasco.
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