Anche donne ticinesi sul sito sessista: «E se ci fossi anche io?»

C’erano anche donne e ragazze ticinesi su Phica.net, piattaforma sulla quale fino a pochi giorni fa gli utenti condividevano foto di donne - volti noti e non -, senza il loro consenso, con l’obiettivo di commentarle, spesso in modo degradante e abietto, insieme ad altri uomini. Da giovedì, a chi prova ad accedere al forum compaiono una scritta con cui viene comunicato che il sito è stato chiuso e un messaggio nel quale si invitano le persone coinvolte a contattare gli amministratori, in modo che possano provvedere a rimuovere il link che le riguarda. Ma il sito, nonostante sia salito alla ribalta dopo la chiusura della pagina Facebook «Mia moglie» - dove venivano pubblicate foto esplicite di mogli e compagne ignare - in realtà esisteva dal 2005 e nel corso degli anni aveva raccolto migliaia di iscrizioni. Online sono quindi finite immagini di fidanzate o mogli, ma anche perfette sconosciute immortalate per strada o in vacanza. Oltre a loro, comparivano anche influencer, giornaliste e politiche, i cui scatti trovati sui social o in rete venivano modificati con l’Intelligenza artificiale per denudarle.
Ebbene, secondo quanto riferito da una collega della RSI, un’intera sezione del sito era dedicata al nostro cantone, con foto, esplicite e non, di molte donne ticinesi. Tra loro, tante persone comuni ma anche ragazze con un certo seguito sui social e presentatrici televisive. Una notizia che ha spinto la deputata del Partito socialista Lisa Boscolo a inoltrare un’interrogazione sul tema. «Tale vicenda - scrive - conferma come anche il Ticino non sia esente da fenomeni di sextortion, sessismo online e violazione della privacy online, con gravi ripercussioni sulle vittime, in particolare tra le giovani». A livello federale, viene ricordato, sono già attivi servizi e campagne di prevenzione, come la piattaforma ClickandStop, servizio contro la violenza sessuale su bambini e adolescenti o le iniziative di Protezione dell’infanzia Svizzera. «In altre regioni del Paese vengono fatte delle campagne di sensibilizzazione e azione dalle autorità mentre nella Svizzera italiana non risulta ancora esserci un’offerta equivalente», spiega Boscolo che chiede al Consiglio di Stato lumi sulle misure di sensibilizzazione già intraprese nel nostro cantone nel mondo della scuola. Nel suo atto parlamentare la deputata domanda inoltre quale sia «la procedura attualmente seguita dalla Polizia cantonale in caso di denuncia e quali sono i canali di collaborazione con le piattaforme digitali per la rimozione rapida dei contenuti».
«E se ci fossi anche io?»
«Quando sono venuta a conoscenza del forum e della presenza di una sezione dedicata al Ticino, mi sono chiesta se ci fosse anche il mio nome o quello di altre colleghe di Gran Consiglio», racconta la deputata da noi contattata. «Quanto emerso è aberrante e inquietante: si tratta a tutti gli effetti di uno stupro online». Secondo Boscolo è fondamentale capire che tipo di normative esistono già e come sia possibile arginare il fenomeno: «Si parla ultimamente di vietare il cellulare a scuola, ma forse servirebbe piuttosto un’educazione al consenso e sull’uso dei dispositivi». Dello stesso avviso anche Amalia Mirante (Avanti con T&L), che definisce quanto emerso «disgustoso»: «Siamo di fronte all’ennesimo atto di violenza e occorre essere molto più duri, anche adeguando le sanzioni. Purtroppo, ancora oggi la donna fatica a essere pienamente rispettata: lo vediamo persino nello sport, dove il dibattito sull’identità di genere arriva a mettere in discussione la sua stessa esistenza come categoria distinta». Per Mirante «la politica cantonale può fare poco, servono normative nazionali. Ma a medio e lungo termine la risposta è l’educazione: la tecnologia è uno strumento eccezionale, ma può diventare un’arma. Va insegnato ai giovani a usarla nel rispetto di uomini e donne».
«Bisogna intervenire»
Simona Genini (PLR) si dice invece «scioccata, ma non sorpresa» di fronte a quanto emerso: «Negli ultimi tempi sono purtroppo numerosi i casi simili. Di persone che non hanno rispetto per la privacy, ma neppure per l’altro, inteso come essere umano». La politica, spiega, deve fare qualcosa: «Ne parlerò nei prossimi giorni con i colleghi per capire come possiamo muoverci, perché quanto sta avvenendo è gravissimo e tocca tutta la società. Sono temi centrali e devono essere monitorati da tutti i punti di vista».
Netto è anche il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, secondo il quale «la Polizia e il Ministero pubblico dovrebbero fare luce su questo caso, aprendo un’inchiesta». «Visto che sembra chiaro che il Ticino sia coinvolto, occorre fare luce. Le autorità non devono aspettare che siano le vittime a farsi avanti, anche perché molte saranno ancora all’oscuro di essere finite su quel sito, dato che nessuno può più andare a controllare. La Polizia dovrebbe fare una verifica e avvisare tutte le persone coinvolte così che possano sporgere denuncia. Potrebbero essere molte», evidenzia Dadò. Il punto, aggiunge, è che le leggi rischiano comunque di essere sempre in ritardo: «L’evoluzione tecnologica è così rapida che la legislazione si trova sempre a dover rincorrere. Ma quando si viene a conoscenza di fatti simili, bisogna intervenire celermente. Ed è quello che andrebbe fatto ora».