Approfondimento

Barare negli scacchi

Il caso Carlsen-Niemann sta sconvolgendo le certezze di uno sport basato sulla sfida fra cervelli. Che non sempre sono umani…
Stefano Olivari
27.09.2022 09:38

Si può barare anche negli scacchi. Gli appassionati lo sanno benissimo, da prima che iniziasse l’era di internet, ma il grande pubblico l’ha scoperto soltanto grazie a Magnus Carlsen, il più forte giocatore di oggi, campione del mondo dal 2013, che ha preso male una sconfitta contro l’emergente Hans Niemann ed ancora peggio ha preso la rivincita. In sintesi: Carlsen ha accusato, in maniera indiretta, l’avversario di farsi suggerire le mosse. Ma davvero negli scacchi possono accadere cose del genere?

Mourinho

I fatti, comunque li si voglia interpretare, sono tutti recentissimi. Il 4 settembre a St. Louis, alla Sinquefield Cup, il trentaduenne norvegese dopo 53 partite vittoriose perde con lo statunitense e sulle prime non protesta: grande delusione, oltretutto in torneo molto ricco che al vincitore dà 100.000 dollari, ma stretta di mano e via. Come al solito il caso scoppia sui social network: Carlsen sul suo account Twitter condivide un video di Mourinho in cui l’allenatore portoghese dice “Non parlo, perché se parlo finirei nei guai”. Un’accusa generica, con i nomi che vengono fatti sui vari siti specializzati da fan di Carlsen, più o meno imbeccati dal giocatore. In pratica Niemann sarebbe stato ‘consigliato’ da un computer, soprattutto per la sua difesa nimzo-indiana (niente di strano: è una strategia di apertura presente in tanti manuali), con le indicazioni arrivate tramite un congegno nascosto nei vestiti. Polemiche a non finire, con una rivincita fissata per il 19 settembre in forma virtuale, alla Julius Baer Generation Cup, ognuno a casa sua con una telecamera puntata sulla faccia: dopo una mossa Carlsen abbandona e fa i complimenti non a Niemann ma al maestro russo Maxim Dlugy, il suo presunto suggeritore ed in passato coinvolto in casi simili. Da lì in avanti un delirio di allusioni e battute, con la domanda sempre lì ad aleggiare: quanto sono oneste le partite di scacchi?

Suggeritore

Di sicuro non sempre sono state pulite le vittorie di Niemann, in passato reo confesso, con il computer a suggerire, anche se in partite giocate quasi da bambino. Ma nel mondo di oggi non si può giurare su nessuno, da tanto che è facile far arrivare un segnale di qualsiasi tipo, tramite un orologio o, nei casi estremi, un ricevitore nascosto. Chiaramente il segnale deve arrivare da un computer, quando si gioca con gente del livello di Carlsen e dello stesso Niemann, che in ogni caso a 19 anni è fra gli scacchisti più noti (a St. Louis era però sulla carta quello meno forte dei dieci partecipanti) ed è antipatico a molti, al punto che il portale Chess.com, il più famoso di tutti fra quelli che permettono di giocare online, ha cancellato la sua iscrizione. L’impresa nell’impresa è stata quella di battere Carlsen giocando con i neri, cioè muovendo per secondo: una situazione che già da sola dà uno svantaggio statistico e che di solito contro Carlsen, considerato un genio nelle aperture, significa sconfitta.

Campione

Questa narrazione del ragazzino che bara per battere il grande campione è però contestata dagli altri partecipanti alla Sinquefield Cup e dagli stessi arbitri, che dopo la partita discussa hanno per prudenza imposto che la diretta avvenisse con 15 minuti di ritardo, in modo da neutralizzare i suggerimenti dall’esterno. La stessa FIDE, cioè la federazione internazionale, è apparsa dubbiosa: non poteva condannare Niemann senza prove ma del resto non poteva nemmeno dare del bugiardo al suo campione più famoso. Insomma, sarebbe come se la NBA in un litigio fra LeBron James e Capela si schierasse con Capela. Di sicuro la tecnologia rende impossibile avere il 100% della certezza sull’onestà di una partita, nemmeno se (come ha osservato ironicamente Niemann) gli scacchisti si affrontassero nudi. Meglio non entrare nel dettaglio di quanto ipotizzato dai fan di Carlsen, fra vibratori e altro. Certo gli scacchi hanno un problema con la tecnologia e la trasmissione differita (meglio senza nemmeno il pubblico in sala) delle mosse potrebbe essere una buona soluzione.

Dopo deep blue

Passi per il suggerimento di un maestro ancora più maestro di quelli che si stanno sfidando, che studia la partita da casa o fra il pubblico, ma davvero un computer può battere i migliori scacchisti del mondo? La risposta non ha sfumature ed è un sì. Sono passati 25 anni da quanto il supercomputer Deep Blue turbò il mondo battendo un fuoriclasse come Garry Kasparov. Nel 2007 un altro campione russo, Vladimir Kramnyk, fu battuto da un programma di quelli per dilettanti e da quando l’intelligenza artificiale ha preso il comando delle operazioni non c’è letteralmente più stata partita. Il cosiddetto ELO, il rating che stabilisce il valore di uno scacchista, dice che Deep Blue valeva 2.853 punti, che quasi tutti i programmi di oggi sono sopra i 3.000 e che il migliore di tutti, Stockfish, in termini ELO vale 3.500 punti. Carlsen al suo meglio non è mai andato oltre i 2.882, per fare un paragone immediato: in altre parole, è stato calcolato che 100 partite di Carlsen contro Stockfish si concluderebbero con 98 sconfitte e 2 pareggi. Ecco, a Carlsen non è andato bene di perdere contro i 2.688 di Niemann, anche se va ricordato che anche in un gioco razionale come gli scacchi la psicologia conta tantissimo e quindi le sorprese ci possono sempre stare. E adesso? La FIDE, che ha sede a Losanna, aprirà un’inchiesta, che presumibilmente non arriverà a provare nulla. E tanti campioni continueranno ad avere il sospetto di trovarsi di fronte un avversario non umano.