Cassa unica, un test per evitare il solito film

All’ennesimo annuncio di un sensibile aumento dei premi malattia sono seguiti, puntuali, gli ennesimi sondaggi sull’alto gradimento della cassa unica. Secondo un rilevamento pubblicato da Tamedia, il 68% degli svizzeri sarebbe favorevole alla sostituzione delle compagnie private (una quarantina) con un istituto pubblico per l’assicurazione obbligatoria. I premi sono diventati un problema per due svizzeri su tre. Alle medesime conclusioni è giunta un’indagine effettuata dalla società di consulenza Deloitte (cfr. pagina 6), che parla di un tasso d’approvazione della cassa unica del 69%. Vista l’entità dei rincari, queste reazioni non sorprendono e possono essere lette come un segnale di esasperazione per una voce di spesa che di anno in anno erode sempre di più i redditi familiari.
A livello politico, la questione è destinata a ripresentarsi nel medio termine. Il Partito socialista sta lavorando con «un’ampia alleanza» (NZZ del 29 settembre) a un progetto di iniziativa popolare. Il consigliere agli Stati Pierre-Yves Maillard ha detto che le casse uniche dovrebbero essere cantonali e ha indicato approssimativamente come termine di presentazione del progetto l’inizio dell’anno prossimo. I socialisti sono molto prudenti perché nonostante gli ampi consensi nei sondaggi il principio di una cassa pubblica è stato respinto alle urne per ben quattro volte, l’ultima nel 2014 (61,5% di no). La maggioranza dei votanti ha sempre dato ragione ai contrari, secondo cui la cassa unica sarebbe una falsa soluzione, perché il vero problema sono i costi sanitari e non gli istituti chiamati a incassare i premi e a pagare le fatture. Considerato che nelle votazioni precedenti le resistenze sono sempre diminuite, è possibile che l’esito di un eventuale quinto confronto sia meno scontato. Si rischia, tuttavia, di assistere ancora una volta al medesimo film, con da una parte chi ritiene che la cassa unica, agendo sugli intermediari e non sulle cause, non sia quella bacchetta magica che consente di contenere i premi e chi, per contro, considera la concorrenza fra casse un fallimento e gli assicuratori privati come un fattore di aumento dei costi, a causa delle spese amministrative e degli oneri dovuti al passaggio da un istituto all’altro. Resta quindi valido il suggerimento dato più volte dall’esperto del portale «Comparis» Felix Schneuwly, convinto che prima di una nuova votazione si debba avviare un progetto pilota, testando la cassa unica per almeno cinque anni in un cantone e poi confrontando i risultati con quelli ottenuti nel resto del Paese. Per farlo, sia ben chiaro, occorrerebbe una modifica della LAMal (passo di per sé ostico), superare le obiezioni delle casse e poi trovare qualcuno disposto a ospitare l’esperimento.
Avendo votato sì alla cassa unica nel 2014 ed essendo rappresentativo in termini di popolazione (oltre 850 mila abitanti), Vaud era stato indicato come possibile «cavia» per mettere alla prova un regime di monopolio; questo, ben inteso, dopo un accurato lavoro di preparazione e la fissazione di criteri precisi di valutazione, unitamente a tutte le garanzie del caso (come una clausola di reversibilità se le cose prendessero una brutta piega). Potrebbe sembrare fantapolitica, visto che l’idea è destinata a incontrare fortissime resistenze. Ma andrebbe anche ricordato che lo stesso CEO di una grossa cassa malati, forse a mo’ di sfida, l’anno scorso si era detto favorevole a un test sul piano cantonale. Un’esperienza diretta sul campo sarebbe anche un’opportunità per valutare concretamente i pro e i contro di una misura e affrontare una campagna di voto su una base fattuale. In un contesto in cui rischiano di fare presa soluzioni radicali che non vanno al nocciolo del problema, merita attenzione, in un’ottica di pragmatismo, il progetto pilota proposto a Ginevra dal consigliere di Stato Pierre Maudet. L’intenzione è di creare una cassa pubblica (accanto a quelle private) associata a una rete di cure integrate. «Si tratta di applicare il principio di economicità, tenere i pazienti il più possibile a domicilio, sviluppare il settore ambulatoriale e investire nella prevenzione» ha spiegato Maudet alla Tv romanda. L’obiettivo è di ridurre i premi del 15-20%. Il progetto, sottoposto all’Ufficio federale della sanità pubblica (per l’eventuale autorizzazione) e ad attori privati, dovrà passare dal Governo e dal Parlamento cantonali. I costi non sono ancora noti. Secondo il «ministro», per essere sostenibile la cassa dovrebbe poter contare nei primi tre anni su decine di migliaia di assicurati. Bisognerebbe anche riuscire ad associare altri Cantoni. A mancare oggi, ha detto, è un pilotaggio nazionale. Corriere del Ticino

