Chi si ricorda della Befana Rossa?

Ci sono tradizioni che resistono ai secoli e altre che durano lo spazio di qualche decennio per cadere, poi, nel dimenticatoio collettivo. Una di queste è senz'altro rappresentata dalla cosiddetta «Befana Rossa», un'istituzione dalle chiare connotazioni politiche che apparve per circa tre decenni anche nel nostro Cantone. Ne parliamo con lo storico Marco Marcacci, che ha partecipato alla stesura a più mani del volume «La Befana Rossa, memoria, sociabilità e tempo libero nel movimento operaio ticinese», pubblicata nel 2005 dalla Fondazione Pellegrini-Canevascini.
Marco Marcacci, che cos'è la Befana Rossa, il contraltare alla Befana fascista voluta da Mussolini?
«Sì. La Befana, come noto, è di tradizione italiana. In Ticino era stata verosimilmente diffusa dalle organizzazioni fascite presenti in quanto, dal 1928, il regime fascista aveva istituito la festa della Befana. L'idea era di creare una festa intorno alle celebrazioni natalizie che fosse tipicamente italiana per combattere figure come Babbo Natale o l'albero di Natale che erano d'importazione. In reazione alla Befana fascista si registrano all'inzio degli anni Trenta le organizzazioni di alcune Befane proletarie in Ticino da parte delle colonie libere italiane e delle organizzazioni antifasciste del territorio. Da lì si è passati alle Befane Rosse, o dei socialisti, o dei sindacati, organizzate anche per i bambini di quanti gravitavano intorno ai sindacati alla fine degli anni Trenta e durante la Seconda Guerra mondiale».
Insomma, per un certo periodo, in Ticino coesistevano sia le Befane fascite che quelle Rosse. Ma che cosa succedeva in queste celebrazioni?
«Per quanto se ne sa, l'elemento caratteristico era la distribuzione di piccoli pacchi regalo ai bambini dei militanti di sindacato o di partito, bambini delle classi popolari. La festa era condecorata da eventi vari, come piccole recite, musica, una tombola... cose del genere. Il collega Danilo Baratti ricorda che da piccolo aveva assistito a Lugano alla manifestazione e aveva ricevuto un pacco da una ditta che produce marron glacés. Il proprietario di allora, infatti, era un noto militante antifascista e sosteneva le colonie socialiste. Siccome la festa era destinata ai bambini si svolgeva, di solito, il pomeriggio. Era presente, ma non si sa bene se avveniva sempre, una figura che impersonava la Befana, una vecchia brutta e malvestita che portava i doni».
Un equivalente italico di Santa Klaus...
«Sì, e per quanto riguarda il movimento socialista che aveva una lunga tradizione laica e anticlericale, era anche un modo per contrapporsi alle celebrazioni tipicamente religiose,l egate ai doni che arrivavano a Natale».
Già. Come mai ad un certo punto la Befana Rossa è sparita?
«Da quel poco che si sa, alla fine degli anni Sessanta in ambito socialista queste iniziative erano viste come forme caritative tradizionali da abbandonare. Le nuove leve socialiste erano critiche rispetto a questo genere di approccio. Nel '68 avevo 18 anni e mi ricordo che queste manifestazioni erano viste come il segno che il movimento e il partito socialista non sapeva fare altro che ripendere cose vecchie e/o folkloristiche. Ma c'è anche un altro probabile motivo per la fine dela Befana Rossa».
Quale?
«Il fatto che questo genere di attività fosse affidato alle sezioni femminili del partito. Nel momento in cui le donne conquistano i diritti politici anche in Svizzera, molto probabilmente non si accontentavano più di svolgere un ruolo che un po' le sminuiva. Non volvano più essere confinate in queste attività tra il caritativo e il ludico. Tutto questo spiega molto probabilmente come mai tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta la Befana Rossa sia scomparsa del tutto».
L'intervista completa sulle pagine del Corriere del Ticino in edicola martedì. Nel Primo Piano, inoltre, l'esperto Luigi Fiorito spiega il ruolo dei Re Magi nella liturgia cristiana.