Politica

«Coesione sociale a rischio»

Raffaele De Rosa traccia un bilancio della sua annata da presidente del Consiglio di Stato ticinese - Non nega la preoccupazione di fronte alle fratture crescenti nella nostra società, oltre che tra Governo e Parlamento - E sulle minacce contro Dadò: «Atto malavitoso, e come tale va condannato»
© CDT/Chiara Zocchetti
Paolo Galli
19.04.2024 18:15

Il consigliere di Stato è seduto tra i giornalisti. Tutti allo stesso tavolo. Ha scelto la via più informale, per parlare ai media. Vuole chiudere così, la sua annata da presidente di Governo: aprendosi. Lo fa in perfetto «stile Raffaele De Rosa». Con le mani conserte, soppesando le parole, spettinato solo nel ciuffo. Ordina un caffè e un bicchiere d’acqua, sorride, incassa le critiche, le domande anche più scomode, quelle che chiamano in causa silenzi e pallottole, un’annata che non si rifiuta di definire «complessa». Non nega di essere preoccupato, per il futuro, per i futuri preventivi, per la coesione sociale. Ma anche per i rapporti con il Parlamento, da ridefinire.

I rapporti delicati

La cornice è quella dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, a Mendrisio. Un luogo che lo stesso De Rosa definisce simbolico. Lo è. Un po’ perché qui si registrano le difficoltà di tutto un settore - confrontato anche con i risparmi cantonali -, un po’ perché di fatto è anche una sorta di laboratorio. «Il concetto di laboratorio è interessante, ricorda le sfide che viviamo, ogni giorno, in Governo». È qui che, subito, De Rosa parla di coesione sociale, fa capire quanto sia traballante, in questo periodo. Un po’ sorprende, come uscita, nella sua generosità, in entrata di chiacchierata. Ma il direttore del DSS ci tornerà ancora in seguito. D’altronde, il suo anno da presidente «è stato impegnativo, in un contesto internazionale difficile». E la politica, anche quella cantonale, è stata uno specchio di queste complessità. Vale anche per i rapporti con il Parlamento, «rapporti che vanno rafforzati». Il presidente uscente - il passaggio di consegne con Christian Vitta è in programma mercoledì prossimo - prova a strutturare l’incontro con i media, anticipando alcuni punti. Ma la curiosità dei giornalisti va oltre la struttura. E allora De Rosa parte sì dai dossier strategici, dal programma di legislatura, ma non può esimersi dall’accennare al contesto viziato dall’obbligo di risanamento finanziario - «continuerà a esserlo anche nei prossimi anni» -, dai tempi ristretti in cui il Governo si è trovato a lavorare. «In futuro, in vista del 2025 - anche se oggi è prematuro parlarne -, mi conforta che avremo più tempo a disposizione, ma non solo: in generale, ci sarà anche maggiore consapevolezza della necessità di risparmiare». Il campo si allarga, oltre la politica, chiamando in causa tutti. Ripeterà il concetto in seguito: «Consapevolezza». Ma basterà una maggiore consapevolezza collettiva per proteggere la coesione sociale? «La coesione, già, sono molto preoccupato», ammette nuovamente. E afferma: «La crescente crepa va arginata. Dobbiamo mantenere compatta la popolazione, anche le varie fasce d’età». O perlomeno, «non dobbiamo acuire queste fratture», per permettere alla democrazia di fare il suo lavoro.

Comunicare meglio?

In fase di bilancio, in un bilancio aperto - come lo ha impostato De Rosa -, era preventivabile che venisse fatto presente, al presidente del Consiglio di Stato, una certa assenza dell’Esecutivo in alcuni momenti particolarmente delicati della storia recente del nostro Cantone. Dalle misure di risparmio alle manifestazioni, sino ad arrivare al cosiddetto «caso Gobbi». Non si poteva fare meglio, in termini di comunicazione? L’aspetto della comunicazione era già tra i punti del programma di De Rosa per la mattinata di confronto con i media, d’altronde. Sulle misure, poco da rimproverarsi. «Erano le misure meno dolorose possibili, le più sopportabili. Meglio queste misure, pur con alcune criticità, che non misure strutturali. Poi per qualcuno abbiamo fatto troppo, per qualcuno troppo poco». Sul silenzio relativo alle manifestazioni, «il Governo capisce il disagio di parte della popolazione, espresso in quel modo, lo rispetta. Poi la comprensione e il dialogo però non equivalgono all’abbandono delle misure stesse. Come Governo, abbiamo una chiara responsabilità anche verso le generazioni future. Poi sono stato anch’io deputato, capisco il loro punto di vista. Ma dobbiamo lavorare a una convergenza, a un maggior dialogo: è determinante». De Rosa la definisce una «priorità» di oggi e di domani. E chiede di «uscire dalla logica dei veti incrociati, che ostacolano troppo spesso l’adozione di riforme importanti». Rimproveri ce ne sono? «No, una quotidiana autocritica, semmai, e critiche che siano costruttive. Anche perché solo così possiamo pensare di progredire».

«Decisione condivisa»

E veniamo al già citato «caso Gobbi». Com’è o come non è, è un fattore che aleggia attorno a ogni occasione politica o di incontro politico. Ebbene, il Consiglio di Stato, lo scorso 27 marzo, si era limitato a una stringata nota, in cui sottolineava di aver «accolto la richiesta del direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi di cedere temporaneamente la responsabilità politica della Polizia cantonale». E poi venne il silenzio. Finalmente ecco qualche parola in più. «Il Governo, quel giorno, aveva raccolto la decisione di autosospensione del collega e, all’unanimità, deciso di trasferire la responsabilità politica della Polizia cantonale a Claudio Zali, sostituto al DI». Ma al di là di questo, «non sono mai decisioni semplici. Si è trattato, però, di un atto di profonda responsabilità e di rispetto verso le istituzioni, condiviso da tutto il Governo in modo da garantire serenità al lavoro quotidiano, sia all’interno del Consiglio di Stato, sia nella Polizia cantonale. Certe situazioni, lo sappiamo, possono creare disorientamento e preoccupazione, tra le collaboratrici e i collaboratori stessi e anche nella cittadinanza. Per questo parlo di un atto di responsabilità». A proposito di silenzi, il Governo non si è espresso formalmente sulle minacce - con tanto di proiettile - rivolte da ignoti a Fiorenzo Dadò, presidente del Centro. De Rosa spiega: «Il Governo, di volta in volta, deve capire come intervenire, cercando di evitare dichiarazioni che possano prestarsi a successive strumentalizzazioni. Il che non equivale a una volontà di non esprimersi, di voler sottacere qualcosa». De Rosa poi pensa a Dadò, alla tensione, al clima sociale, e da parte sua torna a esprimere «grande preoccupazione», definendo quelle minacce come «atti intimidatori, malavitosi, inaccettabili, e come tali vanno denunciati e condannati». E ribadisce: «C’è grande preoccupazione». Le parole sembrano pesare il doppio, in questo caso. In un certo modo il presidente uscente fatica anche a dar loro forma. No, non è stato un anno semplice. E non è detto che i prossimi siano in discesa, anzi.

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