Dopo le polemiche in Italia, la grinta dei Placebo a Locarno

«Per favore, non passate il concerto filmando o scattando foto con il telefonino. Ciò rende la performance della band più difficoltosa e ci impedisce di comunicare e trasmettervi le emozioni di ogni singola canzone. È inoltre irrispettoso i confronti di chi vorrebbe godersi il concerto e non il destro dei vostri apparecchi. Hindi godetevi il momento che è unico e irripetibile». È con questo messaggio recitato da una voce anonima e fuori campo che si è aperto, sabato sera, l'atteso concerto dei Placebo a Moon&Stars che pur non avendo richiamato la stessa folla di Ramazzotti, OneRepublic e Ricky Martin, si è svolto in una buona cornice di pubblico, con pochi curiosi e tanti appassionati di quel rock energico, grintoso, nervoso di chiara derivazione punk di cui Brian Molko e compagni danno una delle migliori interpretazioni contemporanee.
Proprio il carismatico leader della band è stato colui che più ha sorpreso il pubblico. Presentatosi con un look inedito (capelli lunghi, baffi e occhiali, quasi un sosia di Johnny Depp piuttosto che l'androgino dark del passato) il cantante e chitarrista, al centro delle polemiche in Italia per le sue forti - e a tratti anche offensive - prese di posizioni politiche espresse davanti alla platea torinese, sul palco Locarno è stato infatti completamente zitto, riservando la sua voce tagliente è inconfondibile unicamente alle canzoni in scaletta e affidando i contatti con il pubblico (anch'essi, va detto, ridotti ai minimi sindacali...) al fedele compagno di mille avventure Stefan Olsdal.
E il concerto? Un'ora e mezza di canzoni veloci, tirate, senza un attimo di respiro o di pausa, partita con brani più recenti (Forever Chemicals, Beautiful James, Scene of the Crime, Happy Birthday in the Sky, Surrounded by Spies..) e che poi ha cominciato a spostarsi nel passato con classici come Too Many Friends (in cui hanno fatto la loro apparizione sullo stage un pianoforte bianco e un violino, quest'ultimo imbracciato dalla polistrumentista Angela Chan), For What It's Worth, Slave to the Wage, The Bitter End.
Alla fine tre «bis», Fix Yourself e due cover: la loro recente versione di Shout dei Tears for Fears (che non si discosta di molto dall'originale - unico brano non cantato da Molko bensì da Olsdal) e la trascinante Running Up That Hill di Kate Bush che nella loro interpretazione perde i suoi toni angoscianti trasformandosi in una travolgente ed energica rock ballad.