Caos al TPC

«È ancora il caso che in futuro Dadò sieda in Commissione giustizia?»

Il presidente commissionale Alessandro Mazzoleni parla di una «bugia non necessaria che rischia di minare la fiducia e i lavori parlamentari»
©Chiara Zocchetti

Dopo comunicazione dell'apertura del procedimento penale a carico di Fiorenzo Dadò per falsa testimonianza e denuncia mendace, il presidente del Centro ha fatto sapere, tramite il suo legale, di essersi dimesso dalla Commissione giustizia e diritti, rinunciando al contempo all’immunità parlamentare, per la durata dell'inchiesta. 

Dal canto suo, l’Ufficio presidenziale del Centro ha confermato con una nota inviata ai media la propria fiducia e il proprio sostegno nei confronti del presidente Fiorenzo Dadò, «assicurandogli vicinanza e amicizia». Al contempo, il partito sostiene che «la politica cantonale, al di là dell’esito di questo procedimento, dovrà riflettere sugli strumenti che consentono a un deputato di esercitare pienamente il proprio ruolo di vigilanza sull’attività dello Stato, tutelando efficacemente le proprie fonti senza esporsi a conseguenze giuridiche gravose».

«Ha protetto una fonte»

«Oggi il nostro presidente si trova sotto inchiesta per aver voluto salvaguardare l’identità di una fonte», commenta il vicepresidente del Centro, Giorgio Fonio. «Mi chiedo in futuro quale parlamentare si assumerà ancora la responsabilità di raccogliere le segnalazioni dei cittadini, se il rischio è quello di ritrovarsi indagato». Secondo il Centro, occorre quindi estendere la protezione delle fonti anche ai parlamentari.

«Parlare onesto»

Ferma, per contro, la condanna del presidente della Commissione giustizia e diritti, Alessandro Mazzoleni: «Uno degli elementi fondamentali dell’attività parlamentare è che ci si parli in maniera onesta. Se ci mentiamo a vicenda diventa difficile portare avanti il nostro lavoro». Secondo Mazzoleni, questa «bugia mina la credibilità di Dadò e potrebbe pregiudicare anche il buon funzionamento della Commissione».

Quanto alla richiesta del Centro di riflettere su un’estensione della protezione delle fonti anche ai parlamentari, Mazzoleni taglia corto: «Non è necessaria visto che abbiamo già il vincolo del segreto commissionale». Insomma, secondo Mazzoleni «la bugia non era necessaria. Dadò avrebbe potuto semplicemente dire che aveva ricevuto queste informazioni e la Commissione avrebbe comunque svolto i propri accertamenti». Pur apprezzando il passo indietro di Dadò, Mazzoleni – questa volta in qualità di deputato leghista e non come presidente commissionale – si chiede se «non sia il caso che lo stesso Dadò rinunci definitivamente al suo posto in commissione anche una volta archiviata la vertenza giuridica». In tal senso, Mazzoleni anticipa che la commissione chiederà un parere ai servizi giuridici del Gran Consiglio.

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