Hockey

«Ecco come il mio Lugano guarderà tutti negli occhi»

Chris McSorley ha invitato la stampa nello spogliatoio bianconero per illustrare le sue idee di gioco: «Mi piace coinvolgere i giocatori nelle decisioni, ma chi ha qualcosa da dire deve farlo subito»
Fernando Lavezzo
05.08.2022 06:00

Nello spogliatoio del Lugano c’è un grande tappeto grigio con disegnata una pista di hockey. McSorley ci cammina dentro, su e giù, raccontando schemi, posizioni, movimenti. In quella stanza nulla è casuale, neanche l’attribuzione dei posti, con i leader seduti al centro, di fianco a capitan Arcobello. Il nuovo portiere finlandese, Koskinen, ha ricevuto una posizione privilegiata: «Dall’alto dei suoi 201 cm è un punto perfetto per fulminare con lo sguardo i difensori che non lo proteggono», scherza il coach. Chris e i suoi assistenti, Bosch e Di Pietro, hanno accolto una decina di giornalisti per illustrare le loro idee di gioco.

«Ci sono mille sistemi per giocare a hockey», esordisce McSorley. «Ma vi assicuro che un cattivo sistema applicato bene è meglio di un sistema fantastico applicato male. Quindi, indipendentemente dal sistema scelto, ciò che conta è metterlo in pratica al meglio. Noi cerchiamo di coinvolgere i nostri leader nelle decisioni finali. Chi ha qualcosa da dire, deve farlo subito. Io amo il caffè e sono sempre disponibile per prenderne uno con i miei giocatori, ascoltando le loro idee. Ma quando la nave è salpata, non si torna indietro».

Come spiega McSorley, c’è un solo modo per far assimilare alla squadra un sistema: la ripetizione. «Ogni giocatore deve avere fiducia nel modo in cui i suoi compagni si comporteranno sul ghiaccio. Per trovare questi automatismi serve tanto allenamento. Il nostro compito, come staff, è allenare ogni giorno gli stessi principi, ma in modo sempre nuovo. Così non ci si annoia».

Veloci, diretti e determinati

I principi di gioco del Lugano sono presto descritti: «In tutto il mondo l’hockey è diventato lineare, nord-sud. E noi non facciamo eccezione. Vogliamo essere veloci e diretti sulla porta. C’è una statistica dello scorso anno che ci rende fieri: siamo stati i primi per volume di tiri. Per noi, il miglior modo di segnare è mettere il disco sulla porta ed essere determinati. Siamo anche disposti ad assumerci dei rischi, perché le ricompense sono maggiori. Se non vinci, però, le statistiche contano poco. Lo scorso anno ci è mancato qualcosa. Per questo dovremo continuare a lavorare e progredire, trovando soluzioni migliori. Ma con i nuovi innesti, crediamo di poter guardare tutti gli avversari negli occhi».

McSorley insiste sul gioco senza disco: «La parte divertente dell’hockey è l’attacco. Ma se ti piace mangiare, devi anche apparecchiare e poi lavare i piatti. Devi fare il lavoro sporco, sacrificarti in difesa. È uno sforzo che chiediamo a tutti, dal topscorer al tredicesimo attaccante. Prima si riconquista il puck, prima si torna alla parte divertente del gioco. Vogliamo togliere tempo e spazio all’avversario, farlo sentire a disagio in ogni zona».

Il pulsante sulla schiena

Chris spiega anche il ruolo del coach nel giorno della partita. «Prima della gara dobbiamo essere certi che la squadra sia tatticamente pronta e identificare l’avversario: i suoi punti forti, quelli deboli, i giocatori chiave, le assenze, i rincalzi dal farm team, le linee. Il nostro quarto blocco sarà in grado di arginare la loro prima linea? E come possiamo tenere il nostro primo blocco lontano dalla loro checker line? Durante il match, invece, monitoriamo il momentum e interveniamo di conseguenza. Dobbiamo gestire la panchina, i minutaggi, gli infortuni, capire chi sta giocando bene e chi no. Bisogna prendersi cura dell’ego dei giocatori: minimizzare la frustrazione di chi non sta vivendo una bella serata ed esaltare chi sta andando forte. Ogni atleta è diverso, ma tutti hanno due pulsanti sulla schiena: ‘‘go’’ e ‘‘off’’. Il nostro lavoro è trovare quello giusto». E a fine partita? «Prima discuto con il ds Domenichelli, poi vengo aggiornato sugli infortuni e decido il programma del giorno dopo in base alle energie spese. Infine, indosso un bel sorriso e vengo a parlare con voi della stampa, cercando di essere sempre positivo, comunque sia andata. Perché c’è sempre un domani».

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