«Cresciamo in Svizzera da trent’anni facendo il passo secondo la gamba»

Un utile netto da primato, quello di BPS (Suisse): +72% a 28,165 milioni di franchi. Raccolta di capitali più che positiva a 5,63 miliardi (+4%) e anche dal punto di vista del personale c’è un segno positivo: +10 unità a 369 collaboratori equivalenti a tempo pieno. Dei risultati e delle prospettive dell’istituto abbiamo parlato con il presidente della direzione generale Mauro De Stefani.
Direttore De Stefani, quello di quest’anno è un risultato record per BPS (Suisse). Vi connotate sempre di più come banca del territorio?
«I numeri dicono questo. Siamo non solo fisicamente attivi con 22 presenze in 8 Cantoni (oltre che nel Principato di Monaco) ma la nostra operatività si estende in modo mirato anche al resto della Svizzera. Quanto a intensità e visibilità occorre considerare la durata. A Lugano siamo vicini al 30.esimo anniversario, in altri centri ticinesi abbiamo superato i 20 anni, mentre l’ultima apertura, a Manno, è avvenuta nel 2022».

Il ritorno a tassi d’interesse positivi beneficia i risparmiatori che ritrovano finalmente un po’ di redditività. Le banche non sono più costrette a pagare per tenere la liquidità parcheggiata presso la BNS. In che misura ciò si è riflettuto sui vostri conti?
«L’uscita dalla fase dei tassi negativi (una situazione “transitoria” durata oltre 7 anni!) era necessaria perché distorsiva del meccanismo di regolazione macroeconomica del mercato. La velocità dell’aumento ha tuttavia creato qualche scompenso, sia per la clientela che per gli intermediari. In relazione ai nostri conti, l’impatto sarà positivo in ottica progressiva. Occorre infatti considerare la componente nel portafoglio crediti di mutui a tasso fisso stipulati nel passato a condizioni inferiori anche all’attuale interbancario (Saron), mutui il cui riprezzamento potrà avvenire solamente alle relative scadenze contrattuali».
Come banca del territorio, appunto, la vostra attività contempla anche i crediti: commerciali e immobiliari, in particolare. Con il riassetto della piazza finanziaria (integrazione di Credit Suisse in UBS) verrà a mancare un attore importante per le imprese. Di solito i vuoti in natura e in economia si colmano.
«Siamo sempre stati attivi in questo segmento, di principio con l’impostazione di finanziare "casa e bottega", vale a dire le necessità del cliente legate all’acquisto o alla ristrutturazione della sua abitazione primaria o secondaria unitamente, se ne è il titolare, all’impresa da cui trae il reddito. Aumentando di dimensione cambia la focalizzazione nel senso che si parte dall’impresa per allargare l’offerta ai titolari e ai dipendenti. Ci riferiamo pertanto a strutture locali, niente di esotico, per intenderci. Possiamo allora rispondere affermativamente alla domanda, se per impostazione e taglio degli affidamenti siamo allineati e compatibili. Non dimentichiamo che ci riferiamo a un colosso bancario mentre BPS (Suisse) è un istituto di medie dimensioni con "soli" sei miliardi di franchi di totale di bilancio. Anche per una banca occorre fare il passo secondo la gamba».
L’altra faccia della medaglia è che il costo del finanziamento è più caro. Notate più prudenza da parte di imprese e famiglie a chiedere crediti?
«Da parte delle famiglie la prudenza c’è sempre stata (è una qualità proverbiale!), sebbene a volte emerga solamente in sede di colloquio con i nostri specialisti dopo aver misurato la tenuta oneri, ovvero la capacità teorica di far fronte agevolmente con il proprio reddito agli impegni attuali e futuri. Per le imprese, lo scenario è diverso perché il costo del finanziamento è importante ma non sempre decisivo. Spiegandomi meglio, un imprenditore acquista un macchinario per il quale richiede un credito bancario solamente se prevede che la produzione sarà assorbita dal mercato. Se c’è un problema di domanda, nessuno investe, anche a tassi d’interesse convenienti (in gergo, si dice che "il cavallo non beve"). Logicamente, in entrambi i segmenti, se i costi finanziari diventano troppo alti, qualsiasi decisione viene rallentata o posticipata. Contano di più, a mio parere, le aspettative sul futuro: se si è positivi e fiduciosi, si investe e si spende comunque. Vale anche il contrario».
Quali sono i progetti di sviluppo per i prossimi anni in Ticino e Svizzera?
«Da sempre seguiamo la strategia della crescita organica. Nel 1995 eravamo in 7 persone (sono presente da allora!) e procedendo per linee interne siamo arrivati agli attuali circa 400 effettivi resistendo alle numerose “occasioni” di acquisizione aziendale, utili per crescere rapidamente ma con ripercussioni su identità, struttura, politica e rischiosità. Nuove aperture di sportelli leggeri saranno senz’altro considerate se rispondono al requisito di abbinare una piazza attrattiva a personale da impiegare in linea con i nostri valori e all’altezza del mandato. Altrimenti, preferiamo soddisfare la domanda a partire dalla succursale territorialmente più vicina oppure dalla sede centrale».
La vostra casa madre italiana, la Banca Popolare di Sondrio, è al centro di interessi da parte di Unipol e Unicredit. Potrebbe cambiare qualcosa per BPS (Suisse) in caso di cambio di azionista?
«Noi stiamo benissimo nella situazione attuale. Essendo la nostra Casa madre quotata in Borsa con lo statuto, da alcuni anni, di società per azioni, teoricamente tutto può succedere. Venendo a BPS (Suisse) credo che qualsiasi azionista sia interessato a sostenere una struttura radicata e operante con successo in un Paese ad alto valore aggiunto come la Svizzera. Quindi, il nostro futuro dipende (anche) da noi».