«Crossborder», l’accordo c’è ma la strada è ancora in salita

Con questo accordo «si crea certezza del diritto per gli istituti finanziari, segnatamente per il loro accesso al mercato italiano». Così scriveva, lo scorso 16 agosto, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) in una nota stampa con cui comunicava di aver sottoscritto un’intesa con la corrispondente autorità italiana, Consob (e con Banca d’Italia) «per la collaborazione e lo scambio di informazioni fra le tre autorità in relazione alla sorveglianza degli istituti finanziari». Come abbiamo già riferito a fine agosto, l’accordo è in realtà «solo» un cosiddetto «Memorandum of Understanding» (MoU), ossia un «accordo preventivo», quindi giuridicamente non vincolante. Ma, nel dettaglio, in che cosa consiste? A oggi non è dato a sapere perché il testo non è stato (ancora) reso pubblico.
I punti interrogativi sulla portata e sulle conseguenze di questo accordo sulle attività delle banche svizzere in Italia restano dunque numerosi, per questo il Centro studi Villa Negroni (Csvn) ha organizzato un convegno, martedì, che ha visto la partecipazione di dieci relatori ed esperti, sia dall’Italia, sia dalla piazza ticinese, che hanno messo in evidenza i molteplici aspetti operativi, legali e fiscali dell’attività «crossborder». Un incontro per specialisti, insomma, ma qualche elemento concreto è comunque emerso, pur rimanendo nel campo delle ipotesi, per via della «segretezza» sui contenuti del MoU.
Più scambio di informazioni
Fra le ragionevoli supposizioni illustrate dagli esperti, è stato detto che a partire dal 2024 fra Consob e Finma potrebbero esserci maggiori scambi di informazioni, nel rispetto tuttavia delle rispettive autonomie normative. Per esempio, la Consob potrebbe richiedere (e ottenere) informazioni che le consentono di verificare la presenza di intermediari che di fatto operano in Italia senza la necessaria autorizzazione. Inoltre, è possibile che venga verificato il rispetto degli impegni presi in sede di patteggiamento da quegli intermediari che sono stati oggetto di un procedimento penale. E ancora, la Consob potrebbe fare richieste di ottenere dati («ma non una pesca a strascico», è stato puntualizzato) per esempio sull’evoluzione dei patrimoni in gestione (Assets Under Management, AUM), sull’incremento (o diminuzione) del numero di clienti di un determinato istituto, del numero di consulenti che si occupano del «mercato Italia» e del relativo numero di giorni passati nel Paese.
Di quest’ultimo aspetto si è parlato molto, data la sua complessità e delicatezza, nonché le implicazioni. A titolo d’esempio (ma la casistica è ampia e tutt’altro che chiara), per la Cassazione italiana 70 giorni di presenza su suolo italiano da parte di un operatore finanziario (consulente, gestore ecc.) sono sufficienti per qualificare l’attività, sul piano fiscale, come una «Stabile Organizzazione».
Succursale vs. SIM
Una questione arcinota agli istituti e operatori finanziari svizzeri riguarda la fornitura di servizi ai clienti privati - per quella ai clienti «qualificati», invece, ci si può avvalere della libera prestazione di servizi, LPS - in Italia vige l’obbligo di stabilire una succursale, previa autorizzazione della Consob (e sentita la Banca d’Italia). Tale autorizzazione, tuttavia, era condizionata da «accordi di collaborazione» fra le rispettive autorità di vigilanza. Con il MoU siglato ad agosto questo «accordo» c’è e in futuro si presume sarà più facile aprire una succursale in Italia, pur con un iter autorizzativo lungo (si stimano 12-18 mesi), ma dall’esito meno incerto rispetto al passato.
Aprire una succursale, con l’ottenimento di una «full licence» bancaria, comporta però anche dei costi e tutta una serie di obblighi di legge, elementi che un istituto intenzionato a proseguire per quella via dovrà valutare in rapporto ai benefici. Per esempio, si stima che a un operatore con meno di 700-800 milioni di euro in gestione potrebbe non convenire imbarcarsi in una simile operazione. In alternativa alla «branch» o alla LPS, hanno spiegato gli esperti, si può scegliere di operare, come finora, tramite una SIM (società di intermediazione mobiliare), che si «limita» però alla sola distribuzione di servizi.
La MoU tra Finma e Consob lascia quindi presagire delle aperture interessanti per gli operatori finanziari svizzeri, ma qualche nuvola all’orizzonte già si intravede nel contesto del quadro normativo europeo, in particolare con la sesta «Capital Requirements Directive» (CRD VI). La direttiva, se approvata l’anno prossimo, potrebbe infatti portare, a partire dal 2025, a un ulteriore «stretta normativa» da parte dei Paesi membri dell’Unione e, in pratica, vanificare i progressi ottenuti con la MoU
E così, la strada (anzi, la «roadmap»), verso una completa apertura dell’attività crossborder tra Italia e Svizzera, appare ancora in salita.